Dossier/ Cop 29: cosa è stato deciso e chi è scontento

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Foto: Unsplash.com

Si è conclusa il 24 novembre 2024 a Baku, in Azerbaijan, la conferenza annuale delle Nazioni Unite per il contrasto al cambiamento climatico. La Cop29 è stata è arrivata con fatica a firmare un accordo sui nuovi impegni condivisi a livello internazionale per contrastare il cambiamento climatico. In questo dossier alcuni elementi emersi, le reazioni e le criticità.

Accordo al ribasso

L’accordo economico sottoscritto nella Cop29 prevede che i Paesi industrializzati destinino almeno 300 miliardi di dollari all’anno entro il 2035 a quelli in Via di Sviluppo per aiutarli nelle misure che dovrebbero contrastare il cambiamento climatico. Una cifra nettamente inferiore ai 1.300 miliardi annui che secondo gli esperti sarebbero necessari per far fronte alle più urgenti necessità imposte dalla crisi climatica.

I 300 miliardi l’anno del New Collective Quantified Goal, (il Nuovo Obiettivo Quantitativo Globale 2025-2035) cresceranno nei prossimi 11 anni in forma di sovvenzioni a fondo perduto o in prestiti a basso tasso di interesse, in finanza pubblica e privata mobilitata, con i Paesi sviluppati nel ruolo di leader. I Paesi non inseriti ufficialmente tra quelli sviluppati nella Convenzione ONU sul clima, ma che hanno un peso rilevante nelle emissioni (Cina, Corea del Sud, Paesi OPEC del Golfo), sono incoraggiati a contribuire, ma non ne hanno l’obbligo. A questo proposito i Paesi occidentali hanno chiesto di allungare l’elenco degli Stati responsabili dei finanziamenti per il clima, ritenendo che la Cina, Singapore e i Paesi del Golfo dovessero contribuire. Ma la Cina, il primo paese per emissioni di gas serra nell’atmosfera in termini assoluti, ha rifiutato la nuova lista.

Nell’accordo si prevede poi di mobilitare entro il 2035 almeno 1.300 miliardi di dollari all’anno. Una cifra molto più vicina alla richiesta dei Paesi in via di sviluppo, ma sulla quale non c’è alcun vincolo giuridico...

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