Dopo oltre 50 anni, finisce il regno del clan Assad?

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Foto: Unsplash.com

di Alessandro De Pascale

Scrivendo nel bene o nel male una pagina di storia, come ormai prevedibile da giorni, alle prime luci dell’alba di oggi anche la capitale siriana Damasco è caduta nelle mani dei rivoltosi guidati dagli integralisti islamici di Hayat Tahrir al-Sham (HTS, ex braccio locale di al-Qaeda). Quest’ultimo è attualmente il più potente gruppo ribelle del Paese, alleato dell’Esercito Nazionale Siriano, una sigla di cui fanno attualmente parte diverse milizie siriane appoggiate dalla Turchia. Il suo leader, Abu Mohammed al-Golani, in un’intervista esclusiva rilasciata giovedì alla prima emittente all-news nata al mondo, la statunitense CNN, aveva chiarito senza mezzi termini l’obiettivo di questa campagna militare rapida e inarrestabile iniziata appena 13 giorni fa: rovesciare il governo di Assad.

Tale scopo è stato a seguire ammesso pubblicamente il giorno successivo anche dal vero architetto di questa offensiva armata contro il potere costituito a Damasco, ovvero il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, il quale parlando ad Istanbul davanti ai giornalisti ha precisato al mondo intero: «Dopo Idlib, Hama e Homs l’obiettivo sarà Damasco. La marcia delle forze di opposizione va avanti. Speriamo che continui senza problemi».

Complicazioni, almeno sul terreno siriano, non ce ne sono state, visto il ritiro dell’esercito lealista dalle proprie posizioni. Lasciate senza quasi colpo sparar, ai ribelli. Compresa la strategica area nella Siria orientale dei pozzi petroliferi e dei giacimenti di gas di Deir Ezzor, ultima roccaforte del militarmente sconfitto Stato Islamico di Iraq e Siria (ISIS), dove alle truppe lealiste si sono rapidamente sostituiti i curdi delle Forze Democratiche Siriane (SFD), le quali hanno spiegato di essere intervenute per garantire protezione alla popolazione dell’area di fronte al riemergere in quella zona di quest’altra sigla combattente...

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