Diamo fiducia a Francesco

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Come Unimondo non possiamo non dirci felicemente sorpresi dalla nomina del nuovo Vescovo di Roma. Avevamo auspicato un rinnovamento nel linguaggio. Così è stato. A cominciare dal nome. Francesco. Da solo è un programma: significa povertà, ricostruzione, rapporto con l’ambiente, dialogo tra le religioni, pace. Tutto quello che è necessario per questo mondo globalizzato. Il Papa viene poi dal Sud America. È la prima volta che accade da più di mille anni che diventi successore di Pietro un non europeo: potrebbe essere una svolta decisiva come fu l’elezione di Karol Wojtyla. Staremo a vedere. Le parole di Bergoglio danno però subito il segno del cambiamento in atto. Forse di una rivoluzione, sicuramente dell’approfondimento della scelta, anch’essa radicale, di Benedetto XVI di dimettersi. Il nuovo Papa ha parlato di amore, fratellanza, fiducia, misericordia. Insomma di una fede cristiana in ascolto del mondo. Parole lontane dalla denuncia senza speranza di una cultura contemporanea che sembra fatta soltanto di –ismi (laicismo, individualismo, relativismo).

Come in ogni persona ci sono luci e ombre. Ora prevalgono di gran lunga le luci. Sorprendente e foriero di belle sorprese il motto dello stemma episcopale di Bergoglio. “Miserando atque eligendo”: gerundi latini difficilmente traducibili che rimandano all’episodio del Vangelo di Matteo in cui Gesù “ha compassione” e “sceglie” come apostolo un pubblicano – cioè un esattore delle tasse completamente inviso al popolo – che la tradizione indica essere l’evangelista stesso. È la scelta dei peccatori, di quelli che ci precedono nel Regno dei cieli. Ma il Papa stesso si è presentato con estrema semplicità, chiedendo la preghiera e mostrandosi bisognoso come tutti della misericordia di Dio. Lui stesso è stato scelto per guidare la Chiesa forse proprio per queste caratteristiche. È una Chiesa che sceglie i poveri. L’unico modo per rendere credibile testimonianza.

Occorre dare fiducia a Papa Francesco soprattutto perché il suo cammino sarà molto difficile. Certamente non è ascrivibile a posizioni “progressiste” in materia di etica cattolica: ma è davvero questo il versante più scottante? Non sono forse la ricchezza di certi porporati, lo sfarzo e lo spreco, le ambiguità e le connivenze dello Ior a dare scandalo? Non sarebbe più rivoluzionario un Papa che impara dal popolo, un Vescovo di Roma che sa convertirsi ogni giorno grazie al popolo? Così aveva fatto Oscar Romero. Così sembra voler fare Bergoglio. Non potrà infatti sicuramente dimenticare da dove proviene, cioè dal Sud del mondo. E qui ci starebbe un’altra rivoluzione. La misericordia passa per la liberazione concreta dei popoli dal giogo di un sistema economico che crea miseria e disuguaglianza. E quindi schiavitù. Ritorniamo allora alla povertà che non vuol dire miseria. La povertà significa uno sguardo diverso verso l’altro. Significa umiltà. Significa inculturazione. Predicare il Vangelo, essere cristiani oggi significa questo.

Piergiorgio Cattani

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