Costa d'Avorio: gli impegni per la pace di Gbagbo

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Venerdì scorso è stato sottoscritto ad Accra in Ghana un nuovo accordo di pace per la Costa d'Avorio, che visto presenziare oltre ai firmatari - il presidente Laurent Gbagbo, gli ex-ribelli e l'opposizione - ben 12 capi di stato africani, il Segretario Generale dell'ONU Kofi Annan e il presidente del Ghana John Kufuor, a capo dell'Economic Community of West African States (Ecowas). L'accordo ha fissato tre punti-chiave per la ripresa del dialogo e del processo di transizione: la modifica dell'articolo 35 della Costituzione, che fissa i criteri di "pura ivorianità" su cui si basano i diritti di cittadinanza; l'effettivo trasferimento di numerosi poteri dal presidente Gbagbo al Primo Ministro Seydou Diarra; il disarmo di tutti i gruppi ribelli e paramilitari, che dovrà cominciare entro il prossimo 15 ottobre. Quest'accordo non dice nulla di nuovo rispetto agli accordi di pace firmati nel gennaio 2003 a Marcoussis, in Francia, non rispettati dal presidente Laurent Gbagbo. Secondo Matteo Fagotto di Warnews tra i motivi che potrebbero portare a far rispettare questi accordi c'è l'impegno di Gbagbo preso di persona davanti alla presenza di una forte rappresentanza della comunità internazionale che nel caso non fosse rispettato l'accordo potrebbe adottare delle sanzioni Onu verso il paese.

L'accordo di pace giunge all'indomani del ritrovamento di tre fosse comuni nei pressi di Korhogo che conterrebbero i resti di 99 persone nel nord della Costa d'Avorio, scoperte dalla locale missione dell'Onu nell'Africa orientale (Onuci). "La notizia circolava da tempo; nessuno ha mai creduto alle venti vittime dei ribelli" dice una fonte dell'agenzia missionaria della Misna che parla di rastrellamenti compiuti casa per casa e di intere famiglie portate via da uomini armati perché all'interno della loro casa erano nascosti alcuni 'ricercati'.

Le vittime sarebbero da attibuire ai violenti scontri del 20 e 21 giugno scoppiati tra i ribelli sostenitori di Guillaume Soro, oggi segretario generale delle "Forze Nuove" che compongono il governo di unità nazionale. Secondo alcuni osservatori, si era trattato di uno scontro di potere, un 'regolamento di conti' tutto interno ai rivoltosi che ancora controllano il centro-nord della Costa d'Avorio, due anni dopo il tentativo di colpo di stato portato avanti da alcuni componenti delle Forze armate nazionali come rivalsa contro il governo presieduto da Laurent Gbagbo che aveva esiliato i protagonisti del precedente tentativo di golpe. Dopo quattro mesi di stallo istituzionale, il governo riprenderà i lavori dopo l'abbandono di 26 ministri dell'opposizione in protesta contro la feroce repressione di una manifestazione ad Abidjan dello scorso 25 marzo conclusa con la morte di più di 120 persone.

Secondo il rapporto della commissione d'inchiesta dell'Onu la repressione della marcia è stata "un'operazione accuratamente pianificata dalle forze di sicurezza sotto la direzione delle più alte autorità dello stato ivoriano". Le reazioni della comunità internazionale e delle organizzazioni non governative non si sono fatte attendere e un coro di condanne si è abbattuto su Gbagbo. A peggiorare le cose è arrivato un nuovo scandalo: la scomparsa, il 16 aprile, del giornalista francocanadese Guy-André Kieffer. Nei mesi passati era stato più volte criticato dalla stampa governativa per i suoi articoli scomodi sulla gestione statale del settore del cacao, principale voce dell'economia ivoriana. Le indagini sulla sua scomparsa puntano decisamente in direzione del clan presidenziale, in particolare verso Simone Gbagbo, la potentissima moglie del capo di stato. Lo scorso 4 aprile con l'arrivo nel paese di 3.000 soldati della missione di peace keeping delle Nazioni unite, è bastato che l'Unoci attivasse una radio per spiegare i propri compiti, perché il presidente minacciasse di chiuderla in quanto possibile canale di informazioni per "il nemico". [AT]

Altre fonti: Warnews

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