Cosa fa una miniera in Alaska? Mina… l’ecosistema

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Bristol Bay, Alaska. Uno dei più ricchi e produttivi ecosistemi marini nel mondo, che ospita molteplici specie selvatiche, tra cui 190 specie di uccelli. Un paradiso che nelle nostre fantasie richiama alla mente certe perle di animazione cinematografica d’altri tempi. Eppure.

Eppure questo angolo di Pianeta è minacciato dalla costruzione di una miniera a cielo aperto per l’estrazione di oro e rame, che dovrebbe essere scavata proprio nella zona delle sorgenti della baia. A fine 2017 la Pebble Limited Partnership ha presentato un progetto che andrebbe realizzato esattamente nella dove, solo lo scorso anno, oltre 56 mila salmoni sono tornati risalendo le correnti. E che ce ne importa dei salmoni? Diciamo che in quest’area i salmoni non sono solo alla base della catena alimentare che include orsi, aquile e beluga, ma sono anche fondamentali per l’uomo se se ne considera l’importanza nella filiera della pesca locale.

Il progetto, che prospetta l’estrazione di 1,5 miliardi di tonnellate di materiale, la costruzione di grandi strutture per lo smaltimento dei rifiuti tossici e un impianto elettrico di 250 megawatt, è stato messo dal Governo Trump su una corsia preferenziale per accelerare l’ottenimento dei permessi, ignorando completamente le preoccupazioni messe in luce più volte dagli ambientalisti, ma anche dalle persone che qui abitano. Preoccupazioni rilevanti, che riguardano gli impatti che l’apertura di un’attività estrattiva avrebbe sulla regione, sui suoi abitanti e sugli animali che dal fragile equilibrio di questo ecosistema dipendono.

Certo, la sensibilità verso gli altri esseri viventi che condividono la terra con noi umani non è scontata né innata e questo lo sappiamo ormai troppo bene, anche senza dover ancora una volta riferirci alle abitudini alimentari o commerciali, alle tradizioni religiose, alle culture o ai capricci che potrebbero essere addotti tra le ragioni che fanno credere all’uomo di essere unico, indispensabile e padrone di tutte le creature che pensa di dominare. Siccome però siamo convinti che forse, a forza di provarci, qualche seme cada su terra fertile, ci ritentiamo a solleticare la sensibilità verso gli altri inquilini di questa casa chiamata Terra, e lo facciamo presentandovi tre specie di uccelli che, a Bristol Bay, spiegano i loro voli pindarici.

Il primo è lui, il Lagopus lagopus, una specie di pernice, della famiglia dei fagiani, che è diventato l’uccello simbolo dell’Alaska: abita le pianure della baia e ogni inverno muta il suo piumaggio verso il bianco dal marrone tipico della stagione estiva. Il secondo è il merlo acquaiolo americano (Cinclus mexicanus), il cui solo nome ce lo rende simpatico: piccolo e dalla forma tondeggiante, si distingue perché in America è l’unico uccello d’acqua canterino. Delle dimensioni di un pettirosso, si tuffa nei fiumi e nei torrenti per procacciarsi il cibo e può farlo perché il suo piumaggio è spesso e ricoperto di un olio idrorepellente che gli permette di sopravvivere nonostante le immersioni nelle gelide acque alaskane. La terza star che tra le tante abbiamo scelto è l’aquila di mare testabianca (Haliaeetus leucocephalus), che in quest’area trova il suo habitat naturale grazie alla consistente presenza di salmoni di cui si nutre al punto tale che, anche quando la popolazione è calata nel resto degli States, qui ha sempre resistito grazie all’ambiente pulito e incontaminato della baia.

Ma non di soli uccelli è popolata l’area di Bristol Bay: come si diceva qui vivono anche beluga, megattere, caribou, e alci, per non parlare di alberi e piante di ogni sorta. La miniera esporrebbe tutta l’area a un futuro tossico e incerto. Anche gli orsi bruni hanno trovato qui un habitat di riferimento: ogni estate centinaia tra i più grandi plantigradi del mondo si riuniscono per nutrirsi della ricchezza di prati e acque, approfittando appunto del ritorno dei salmoni che risalgono le correnti. Pur non essendo gli orsi bruni sulla lista delle specie minacciate, essi sono “grandi creature che hanno bisogno di grandi spazi per sopravvivere” ha dichiarato Drew Hamilton, leader di una spedizione che fa base in Alaska di Natural Habitat Adventures, che ha trascorso oltre dieci anni osservandoli e fotografandoli in questo ambiente selvaggio e ancora incontaminato. “Il progetto per questa miniera alzerebbe barriere che impedirebbero agli orsi di muoversi liberamente e andrebbe contemporaneamente a minare la loro principale fonte di nutrimento, ovvero i salmoni.”

Insomma, la miniera sbagliata nel posto sbagliato, come ha sottolineato anche il WWF con un recente appello che invita il Governo a rifiutare il progetto, progetto che, se attuato come proposto, porterebbe alla distruzione di paludi e torrenti. Questo avverrebbe anche e soprattutto a seguito della costruzione di pozzi e di strutture necessarie per l’estrazione, ma inutili e anzi dannose per l’ambiente in cui andrebbero a situarsi, minandone gli equilibri anche attraverso la realizzazione di dighe e terrapieni e compromettendone la principale caratteristica, ovvero un ecosistema intatto dalle cui acque pulite e incontaminate dipendono tutti – tutti – i suoi abitanti e che consiste di oltre 14 mila posti di lavoro in attività legate alla pesca, opportunità turistiche rilevanti e culture locali di interesse antropologico.

Ogni attacco alla vita dei salmoni è un attacco agli orsi, ma anche agli abitanti dell’Alaska, quindi. Quello che davvero Bristol Bay significa è una casa per una ricchezza di biodiversità che, in un mondo di cambiamenti climatici e di pressione per uno sviluppo continuo e frenetico è fondamentale per la nostra sopravvivenza. Vogliamo davvero rinunciarci?

Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.

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