Colombia: un passo fermo verso il cambiamento

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Foto: Saul Mercado da Unsplash.com

Con questa riforma i cittadini più ricchi pagheranno di più per finanziare la spesa sociale”. Queste le parole di Gustavo Petro all’approvazione della nuova legge fiscale promossa dal suo governo. Puntualissimo, già ad agosto, all’indomani dello storico insediamento del primo presidente di sinistra eletto alla guida della Colombia, Gustavo Petro aveva presentato la proposta di una delle riforme fiscali più ambiziose del paese. A tre mesi di distanza, a novembre 2022, l’iter della riforma ha finalmente raggiunto lo step finale ed è stata approvata da entrambe le camere del Congresso, sebbene con sostanziali modifiche volute dall’opposizione e dai rappresentanti della società civile e imprenditoriale rispetto al disegno originale. Ma di fatto una misura storica, il cui obiettivo rimane quello di ricavare le risorse necessarie a implementare le altre riforme che il governo ha in mente, a iniziare dal ridisegno del sistema di salute pubblica.

In campagna elettorale, Petro sostenne che la riforma mirava a raccogliere un gettito aggiuntivo di circa 50 miliardi di pesos (10 miliardi di dollari) per lo Stato. Ciò nonostante, la riforma finale ha dovuto abbassare il tiro e si prevedono, dal 2023 in poi, circa 20 miliardi di pesos (4 miliardi di dollari) di introiti aggiuntivi per lo Stato, circa l’1,1% del PILche dovrebbe aiutare a risolvere l’enorme deficit di bilancio, pari al 6%, che genera non poche preoccupazioni nei mercati internazionali, e che è alla base, tra l'altro, della marcata svalutazione del peso colombiano negli ultimi mesi (di circa il 26%). Tuttavia un aumento significativo per le casse dello Stato e un netto cambio di marcia, se si considera che la Colombia è uno dei paesi che meno tasse riscuote in America Latina: circa il 14% del PIL rispetto a una media del 16% (dati della Banca Mondiale del 2020). In Italia siamo al 43,5% tanto per contestualizzare.

Come anticipato, la nuova riforma colpirà maggiormente le classi più benestanti, (stipendi superiori ai 1.800 euro), non esattamente “ricchi”, che pagheranno più imposte sul proprio reddito. Inoltre, saranno soggetti a maggiore tassazione quelli che sono i nemici ideologici di Petro, vale a dire i settori finanziario, petrolifero, minerario ed in generale degli idrocarburi. Il che fa rilevare anche un piccolo paradosso, visto che saranno settori fortemente disincentivati dalle politiche ambientali dello stesso governo, quindi destinate a destinare meno introiti fiscali negli anni. Inoltre sarà applicata una imposta più alte su una serie di alimenti considerati meno sani, come le bevande zuccherate e il cibo industriale, molti dei quali frequenti sulle tavole dei Colombiani, lasciando fuori solo pochi prodotti non processati, come il pane, il latte, il miele, gli insaccati, etc. Una misura discutibile che in passato non aveva trovato sostegno politico. Infine, ci sarà una nuova tassa anche sui prodotti di plastica monouso.

Nonostante l’ampio consenso ottenuto, anche da parte dell’opposizione, non mancano i critici, i quali affermano che la riforma frenerà la crescita economica, i consumi e sfavorirà gli investimenti esteri. Le proiezioni negative sul livello di resilienza del paese non sono poi così infondate, vista la già complicata congiuntura economica che il paese sta attraversando: una politica monetaria fortemente restrittiva (i tassi della banca centrale Colombiana hanno ormai raggiunto l’11%), aspettative di crescita del PIL estremamente modeste per il 2023, una bilancia commerciale deteriorataun tasso di disoccupazione all’11% e un’inflazione a più del 12%. Applicare una riforma tributaria più austera all’interno di un contesto cosi fragile, è una mossa a ben vedere “eufemisticamente coraggiosa”.

Va comunque detto che la riforma si innesta all’interno di un’agenda politica che finora non ha sortito sorprese. Petro ed i suoi non sono però riusciti ad abbattere quell’atmosfera di paura, che tipicamente contraddistingue i governo di sinistra Sudamericani. Ansie per molti versi inevitabili in un paese che non era mai stato guidato da un esecutivo di sinistra, e che adesso è oggetto di continue analogie con il Venezuela, visti anche i rapporti accomodanti di Petro con il regime di Maduro. In sostanza nei primi 100 giorni di governo, Petro e i suoi ministri hanno fatto o iniziato a fare le cose promesse in campagna elettorale. Tuttavia, vari esponenti del governo non si sono comunque risparmiati dichiarazioni e invettive - per lo più inutili -, che hanno causato gravi effetti al tessuto di relazioni internazionali del paese ed hanno contribuito a far sprofondare il tasso di cambio della moneta locale, che ricordiamo, è indicatore di fiducia nei confronti della valuta nazionale, ed essenzialmente della sostenibilità macroeconomica di un paese. 

Guardando oltre, non c’è solo l’aumento impositivo: gli osservatori internazionali seguono con apprensione gli sviluppi di un altro cardine del programma di Petro, ossia la transizione energetica. Il governo sta valutando la possibilità di non continuare con nuovi contratti di esplorazione di petrolio, il segmento economico che genera più entrate all’economia colombiana. Una questione senz’altro delicata, ma che aggiunge incertezza all’incertezza già provocata dalla crisi energetica in atto, con aumenti al prezzo del gas e della benzina. Sicuramente è presto per dare un giudizio sull’operato del nuovo governo, ma ciò che emerge è un forte contrasto tra la volontà del governo di procedere a grandi balzi, e la sottile superficie, di vetro, sulla quale si sono incamminati.

Marco Grisenti

Laureato in Economia e Analisi Finanziaria, dal 2014 lavoro nel settore della finanza sostenibile con un occhio di riguardo per l'America Latina, che mi ha accolto per tanti anni. Ho collaborato con ONG attive nella microfinanza e nell’imprenditorialità sociale, ho spaziato in vari ruoli all'interno di società di consulenza e banche etiche, fino ad approdare a fondi d'investimento specializzati nell’impact investing. In una costante ricerca di risposte e soluzioni ai tanti problemi che affliggono il Sud del mondo, e non solo. Il viaggio - il partire senza sapere quando si torna, e verso quale nuova "casa" - è stato il fedele complice di anni tanto spensierati quanto impegnati, che mi hanno permesso di abbattere barriere fuori e dentro di me, assaporare panorami, odori e melodie di luoghi altrimenti ancora lontani, appagare una curiositá senza fine. Credo in un mondo più sano, equilibrato ed inclusivo, dove si possa valorizzare il diverso. Per Unimondo cerco di trasmettere, senza filtri, la veritá e la sensibilità che incontro e assimilo sul mio sentiero.

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