Chiude 'Giustizia e Solidarietà'. Apriamo il dialogo?

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Chiude la Fondazione della Conferenza Episcopale Italiana 'Giustizia e Solidarietà' per la cancellazione del debito estero. Un grande convegno ne ha riconosciuto i meriti con 719 progetti realizzati in Guinea (sette milioni e mezzo di euro) e 394 progetti in Zambia (dieci milioni di euro). Bene. C'è però da chiedersi: ha avuto senso l'apertura della Fondazione? Non era forse meglio "fare sistema" con il più grande network transnazionale Jubilee 2000 alias Sdebitarsi per puntare tutti assieme alla "cancellazione del debito estero"? Non era forse questa la volontà di Giovanni Paolo II, già firmatario di Jubilee 2000? Ma per "far sistema" erano necessarie tre cose: avere chiaro l'obiettivo, la cancellazione soprattutto dell'odioso debito estero; avere chiare le proprie possibilità di raggiungere o meno l'obiettivo; ed infine la volontà politica di "lavorare assieme".

Sgombro il campo da fraintendimenti. Lo dico con le parole del card. Bagnasco. La Fondazione "ha sortito l'effetto di sensibilizzare l'opinione pubblica su una questione che rappresenta uno degli aspetti più inquietanti del più vasto scenario mondiale". Aggiungo il commento di Luca De Fraia per Unimondo: "La Fondazione ha colmato un vuoto e si è fatta carico di un pesante fardello post-anno 2000". Senza la sua mobilitazione che ha raggiunto capillarmente diocesi e parrocchie e, nel contempo, senza la visibilità mediatica creata da Sdebitarsi/Jubilee 2000, non sarebbe stata possibile l'approvazione della legge 209/2000.

Per l'appunto. Merito di entrambi, della "seppur flebile" volontà di lavorare assieme tra percorsi paralleli. Ha funzionato per far approvare la legge (governo Amato) ma non il regolamento applicativo (successivo governo Berlusconi). Ed è qui che vennero a mancare le energie alla "società civile" per vegliare ed agire.

Un esempio tra tutti. Lo Stato italiano ha cancellato 6,37 miliardi di euro in 39 Paesi diversi. Tra le cancellazioni più recenti, la Repubblica Centro-Africana, la Sierra Leone e la Guinea Conakry. La cancellazione più alta, oltre 2 miliardi di euro, è andata nel 2005 all'Iraq; la più bassa, circa 40mila euro, al Rwanda. Pur non essendo più stati convocati a Palazzo Chigi per discutere le modalità per la "cancellazione del debito estero" (regolamento applicativo) abbiamo comunque rilevato che della cancellazione del debito dell'Iraq hanno beneficiato banche ed aziende che hanno armato lo stesso Saddam. Che vi sia un legame inscindibile tra banche e stato non è quindi notizia di questi giorni. Forse sono gli unici ad aver capito il senso del "partenariato" a dispetto nostro (Chiesa e società civile) che ci troviamo "quasi" sempre su binari paralleli, a differenza dai tanti sud del mondo come il Brasile cove la Conferenza episcopale è tra i co-promotori del World Social Forum.

Nello stesso anno della legge 209 furono approvati, in sede Onu, gli "Obiettivi del Millennio" e quindi la volontà di "sviluppare un partenariato globale per lo sviluppo" anche per la "cancellazione del debito". Gli obiettivi, come ha ricordato recentemente Sabina Siniscalchi, sono il risultato dei "gloriosi anni" delle Nazioni Unite a guida africana (Ghali e Annan) con le Conferenze Internazionali sulle donne a Pechino, Ambiente a Rio, Popolazione al Cairo e Sviluppo sociale a Copenaghen. Sono un compromesso siglato al più alto livello possibile. Ma il partenariato descritto nell'ottavo obiettivo è includente e non escludente. Quindi organizzazioni governative, profit e non profit. Se viene a mancare il terzo attore (non lucrativo) non si ha alcun controllore su chi può lucrare.

Cosa abbiamo imparato?
1) Assieme si raggiunge l'obiettivo.
2) Non basta raggiungerlo. Rivendichiamo il ruolo politico affinché a beneficiare dell'obiettivo non siano i Nord.
3) Non vincolarci prima di essere vincolati. La strategia dell'acquisto di quote di "debito pubblico" per lo sviluppo di progetti in Zambia e Guinea, paesi notoriamente cristiano cattolici, è stata un'inspiegabile autoriduzione preventiva
4) diamoci obiettivi alti come dimezzare la povertà entro il 2015. Se non altro, i più alti possibili. E poi crediamoci.

Oggi lo Stato italiano ha sottoscritto ovunque impegni internazionali per una "migliore e maggiore" cooperazione internazionale allo sviluppo umano. La realtà è tutt'altra. Ha ridotto del 54% i fondi per la cooperazione internazionale come ha raccontato al Convegno di Mani Tese lo stesso Ministro Plenipotenziario della Direzione Generale Cooperazione allo Sviluppo del Ministero Affari Esteri, Marco Baccin. Trattasi di un'onta nazionale vedersi all'ultimo posto della civile Europa mentre stiamo preparando il G8 e l'Expò di Milano che vogliono entrambi e retoricamente ridurre la povertà.

Non è forse il caso di agire "assieme" anche in vista dei prossimi appuntamenti? Mi sembra che la riconversione della 'Fondazione Giustizia e solidarietà' che presumo avere ancora risorse finanziarie in un tavolo di lavoro ecclesiale su "Giustizia e solidarietà" con caratteristiche "educative, culturali e pastorali", per mantenere l'attenzione delle comunità cristiana su questi temi" non vada esattamente verso il partenariato ipotizzato dall'ottavo Obiettivo del Millennio. Lo stesso dicasi per la 'Coalizione Italiana di lotta contro la povertà' ed il suo appello 'laico' al presidente del Consiglio. Non è il caso di uscire dai nostri fortini? O aspettiamo l'effetto domino di un Governo che sta retrocedendo su tutti gli impegni internazionali? Da Kyoto sino a New York.

Fabio Pipinato

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