Cashback: un regalino ai benestanti che incrementa le disuguaglianze

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Foto: Pixabay.com

Il cashback, ovvero, una delle piú discusse misure promosse dall’attuale governo per stimolare i consumi e combattere l’annosa piaga dell’evasione fiscale é ormai entrato a pieno regime. Come funziona? Per ogni acquisto effettuato con una carta elettronica si potrá avere un rimborso del 10% sul conto corrente (non si ancora da quando) con un tetto massimo di 1500 euro di spesa a semestre (e quindi 150 euro di ristoro), a patto che si rispetti un criterio di numero di transazioni minime: 10 fino alla fine del 2020 e, successivamente dal 2021, 50 ogni semestre.

Insomma un nuovo regalo, in pieno spirito natalizio, almeno per chi il consumo se lo puó permettere. Naturalmente l’idea di fondo é quella di incentivare le spese, in un tentativo in extremis di recuperare la voragine creatasi durante il 2020, oltre a voler abbattere il nero. Ora, sorvolando sui problemi di digitalizzazione che hanno colpito il lancio della piattaforma e la macchinositá inutile del rimborso posticipato – tutti avremmo preferito uno sconto contestuale al pagamento, lasciando ai gestori delle carte l’onere di regolare i conti coi propri clienti, come succede in altri paesi Europei -, il provvedimento nasce con nobili intenzioni: incentivi monetari alla popolazione per diminuire l’uso del contante e aumentare le transazioni elettroniche e piú in generale il processo di digitalizzazione del paese. Peccato peró che si stia sottovaluntando una serie di conseguenze, che tanto positive invece non sono, arrivando potenzialmente ad annullare i benefici annunciati, con tanta celeritá, in origine.

Innanzitutto il cashback potrebbe innescare un incremento delle disuguaglianze: non esattamente la misura progressiva di “sostegno alle famiglie” che il Premier Conte aveva pubblicizzato. L’analisi realizzata dal sito Lavoce.info dimostra come il cashback vada a premiare soprattutto i nuclei familiari a reddito medio-alto, residenti al Nord, nelle grandi città e con piú alti livelli d’istruzione. Cioè quelli che già utilizzano carte e bancomat. Come illustra un’indagine della Banca d’Italia, le differenze più significative nel possesso di carte si registrano a livello reddituale e geografico. L’indagine sugli aggregati di contabilità nazionale indica che il reddito pro-capite delle famiglie prive di carte ammontava nel 2016 a circa 14 mila euro l’anno, al netto delle tasse, contro i 20 mila (il 43 per cento in più) delle famiglie con almeno un bancomat. Inoltre, le carte sono molto piú diffise al Nord rispetto al Centro-Sud: solo il 53% delle famiglie campane ne possiede una. Analogamente, le disparitèa regionali sono significative anche a livello di spesa media mensile per famiglia: nella provincia autonoma di Bolzano quest’ultima si attesta sui 3.517 euro, mentre in Puglia si ferma a soli 1.996 euro.

Ebbene, è presumibile che saranno proprio i “super consumatori” a trarre i maggiori benefici dal cashback e dai bonus e superbonus collegati. Un pensiero al consumismo sfrenato natalizio, insomma. Senza contare che essi avranno anche il diritto e maggiori probabilità di portarsi a casa il montepremi della famosa lotteria degli scontrini. É stato calcolato che se tutte le famiglie ottenessero il massimo bonus compatibile con le loro abitudini e capacità di spesa, l’indice di disuguaglianza di Gini calcolato sul campione della Banca d’Italia salirebbe dal 35,21% al 35,43%. Da far notare che il coefficiente é piuttosto rigido e 2 decimi percentuali fanno la differenza: per fare un confronto il reddito di cittadinanza l’ha abbassato di 7 decimi. La misura favorisce quindi la sperequazione tra i redditi, a supporto delle famiglie piú benestanti, che, tra il resto, hanno una propensione al consumo piú bassa sul totale del reddito, determinando quindi un effetto moltiplicativo sul PIL relativamente modesto. Una misura che ha attirato anche le attenzioni della BCE, dove uno dei membri del Board l’ha definito uno strumento “distorsivo”.

Destano perplessitá anche le modalitá operative del cashback. Considerando che quasi il 73% delle famiglie già spende tramite le carte più del plafond previsto dal provvedimento (3 mila euro all’anno), essi potrebbero ricevere il massimo vantaggio anche senza intensificare l’uso delle carte quindi senza una significativa spinta nei consumi (ma di certo un’enorme uscita dalle casse della Stato). D’altro canto, sembra improbabile che chi è privo di carte o attualmente le usa per un ammontare inferiore al plafond possa effettivamente raggiungerlo, perché la maggior parte di loro non può spendere quelle cifre, specialmente in un periodo nel quale per queste famiglie risulta pressoché impossibile aumentare il proprio livello di spesa.

Inoltre, varie polemiche sono emerse per il fatto che il rimborso si puó ottenere solo tramite pagamenti elettronici fatti di persona (“elettronici – analogici” ), mentre non godono dello sconto le transazioni online. In molti hanno evidenziato la strategia comunicativa contraddittoria del governo, che da un lato esorta i cittadini a non creare assembramenti a causa della pandemia e dall’altro incentiva la gente a fare acquisti nei negozi. In piú, nel tentativo di voler fare lo sgambetto ad Amazon, ci si é dimenticati che tanti altri esercizi commerciali si appoggiano ai canale online. 

Sotto un profilo di casse dello Stato, infine, per la cashback il governo ha stimato una spesa di quasi 5 miliardi in un anno e mezzo, che é una cifra notevole se si pensa che “solo” 3 miliardi sono stati destinati al taglio del cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti nell’ultima finanziaria. “Consumare (con la carta) é piú importante che lavorare” é il messaggio che sembra trasparire. Purtroppo peró, le stime, prudenziali, di recupero di gettito fiscale incrementale (per la relativa lotta alla micro-evasione) elaborate dal Ministero dell’Economia non sono incoraggianti, visto che a detta della ragioneria dello Stato il cashback non produrrá effetti finanziari. Il che significa che non ci saranno benefici netti. L’impatto sull’evasione, quella vera, sará infatti molto limitata, dato che i settori piú tradizionalmente critici, come i professionisti o i piccoli esercenti non saranno praticamente toccati. In poche parole: uno può moltiplicare i pagamenti cashless e continuare a pagare in nero l'idraulico, il carrozziere, l'artigiano, ecc. Il tutto facendosi regalare un bel pèo di soldi pubblici. In questi casi la transazione in nero rimarrá sempre piú conveniente del cashback.

Una norma nata con buoni intenti, ma onestamente ambiziosa rispetto alla superficialità con cui si è realizzata l’analisi costi-benefici, che rischia di essere un’arma a doppio taglio, e non sostiene chi di sostegno avrebbe bisogno in questo periodo, nonostante le ingenti risorse pubbliche messe sul tavolo. 

Marco Grisenti

Laureato in Economia e Analisi Finanziaria, dal 2014 lavoro nel settore della finanza sostenibile con un occhio di riguardo per l'America Latina, che mi ha accolto per tanti anni. Ho collaborato con ONG attive nella microfinanza e nell’imprenditorialità sociale, ho spaziato in vari ruoli all'interno di società di consulenza e banche etiche, fino ad approdare a fondi d'investimento specializzati nell’impact investing. In una costante ricerca di risposte e soluzioni ai tanti problemi che affliggono il Sud del mondo, e non solo. Il viaggio - il partire senza sapere quando si torna, e verso quale nuova "casa" - è stato il fedele complice di anni tanto spensierati quanto impegnati, che mi hanno permesso di abbattere barriere fuori e dentro di me, assaporare panorami, odori e melodie di luoghi altrimenti ancora lontani, appagare una curiositá senza fine. Credo in un mondo più sano, equilibrato ed inclusivo, dove si possa valorizzare il diverso. Per Unimondo cerco di trasmettere, senza filtri, la veritá e la sensibilità che incontro e assimilo sul mio sentiero.

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