Caritas: no allarmismi per ingresso nell'Ue della Romania

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"No agli allarmismi: l'ingresso nell'Unione Europea di Romania e Bulgaria, avvenuto il 1° gennaio, non provocherà un esodo in massa verso le nostre città" -afferma una nota della Caritas ambrosiana. "L'Italia non deve temere. Tutt'altro: l'apertura delle frontiere porterà alla luce i cittadini invisibili che oggi sono già presenti nel nostro paese e incoraggerà a prosciugare le sacche di lavoro nero alimentate proprio dalla clandestinità". Caritas Italiana stima che nel 2007 arriveranno dalla Romania almeno 60mila persone. Più o meno le stesse che sono entrate l'anno scorso, al culmine di un flusso che si è andato consolidando negli ultimi anni. Un numero, in ogni caso, compatibile con il fabbisogno di manodopera espresso dall'Italia.

"Rispetto al passato i cittadini rumeni ora potranno avere libero accesso al mercato del lavoro almeno per alcuni mestieri, quelli che già abitualmente svolgono: assistenti domiciliari, edilizia, lavori stagionali - afferma la Caritas. Lo ha deciso il consiglio dei ministri a fine anno, proprio nell'intenzione di far emergere il molto lavoro sommerso svolto dagli immigrati irregolari". Attorno alla metà di dicembre sulla stampa si è cominciato a parlare di una probabile invasione proveniente da Romania e Bulgaria, in seguito all'ingresso dei due paesi nell'Unione Europea, previsto - da anni - per il 1 gennaio 2007. In realtà ancora oggi le stime relative a questa presunta invasione sono suscettibili di letture diversificate, sia circa l'effettivo ammontare del fenomeno, sia circa la pericolosità dello stesso.

"Non tutti, in effetti, concordano con una lettura in negativo. Una voce emblematica, tra le tante raccolte in questi giorni: la Coldiretti si spinge a sostenere che l'ingresso di Romania e Bulgaria nella Ue, e la conseguente libertà di movimento di lavoratori di quei paesi, vada visto come 'momento storico che offre grandi opportunità all'agricoltura italiana'. Gli allarmismi, dunque, paiono fuori luogo" - afferma un editoriale il direttore della Caritas ambrosiana, Don Roberto Davanzo. L'immigrazione dalla Romania (e, in termini più ridotti, dalla Bulgaria) è un fenomeno ben più vasto e complesso, per le sue caratteristiche demografiche e i suoi effetti sociali, della questione rom e del tema della criminalità. "Non si possono giudicare fenomeni e flussi di portata storica, considerando solo alcune delle loro componenti e nemmeno le più rilevanti" - sostiene don Davanzo.

Intanto la Romania ha salutato l'apertura delle frontiere europee con entusiasmo. La popolazione si attende che l'ingresso nella Ue porti salari più simili a quelli del resto d'Europa. Un'intervista al Presidente romeno Traian Basescu riporta che la Romania ha una forza lavoro altamente qualificata nel turismo, nell'edilizia, nella tecnologia dell'informazione. Circa i casi di cittadini romeni che infrangono la legge nei Paesi dove sono immigrati, il Presidente romeno desiderebbe che "non si arrivi a esagerazioni, a una presentazione sproporzionata dell'operato dei romeni nei Paesi in cui si trovano, con un accento evidente sugli aspetti negativi". "Troppo poco vediamo dell'effetto positivo che la forza lavoro romena svolge sul mercato del lavoro di alcuni Stati membri della Ue. Non credo che possiamo catalogare la delinquenza europea in base alla nazionalità, all'etnia" - aggiunge il Presidente romeno.

Considerazione a parte merita la questione dei rom, "minoranza consistente nel paese neocomunitario, che soffre di condizioni di discriminazione e di disagio sociale" - sostiene la Caritas Ambrosiana. "La presenza e l'arrivo dei rom in Italia presenta problemi, come ha dimostrato anche la cronaca di fine anno, che non vanno però affrontati sulla base di pregiudizi e stereotipi". La posizione di Caritas Ambrosiana a questo proposito va nella direzione di immaginare "un governo sovracittadino e sovraprovinciale del fenomeno rom".

"Occorre individuare le risorse per la costruzione di campi di piccole dimensioni (100-150 persone), ovviamente non contigui (come sembra prevedere invece l'ipotesi di soluzione per via Triboniano), in cui sia chiaro chi è l'interlocutore delle amministrazioni comunali, perché con lui si possano definire le regole di gestione del campo e di lavoro sociale, a cominciare dalla scolarizzazione dei bambini. Devono essere campi in grado di tutelare la sicurezza dei cittadini italiani che abiteranno nelle vicinanze, sia attraverso una presenza delle forze dell'ordine, ma prima ancora attraverso figure che garantiscano una mediazione culturale e un accompagnamento sociale" - nota il direttore della Caritas Ambrosiana. [GB]

Altre fonti: Migra, Osservatorio sulla discriminazione degli immigrati nel lavoro.

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