Carcere: cronicario dell'esclusione sociale

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La preoccupante situazione delle carceri italiane interpella anche le Caritas diocesane del Nord-Est e le spinge ad una riflessione che non può non diventare anche condivisione pubblica ed appello. Al centro vi è il primato e la inalienabile dignità di ogni persona.

In che condizioni sono oggi le carceri, quale è la finalità della pena e in che condizioni sono le persone detenute?

Sono a tutti note: l’assurdo sovraffollamento degli Istituti di pena, la promiscuità dei detenuti con tendenze criminologiche ed esperienze diverse e l’inadeguatezza delle politiche di lotta all’esclusione sociale.

Ad aggravare la situazione si aggiunge poi la persistente carenza di personale sia per quanto riguarda la Polizia Penitenziaria, che invano da tempo cerca risposte in ambito istituzionale, che le altre figure professionali inerenti l’équipe trattamentale.

E ciò, nonostante un Ordinamento Penitenziario altamente civile, che ancor di più fa risaltare la non corrispondenza di metodiche e strutture per l’attuazione di un “trattamento rieducativo che tenda, anche attraverso i contatti con l’ambiente esterno, al reinserimento sociale” delle persone detenute[1]. Ne viene che la funzione rieducativa, primaria finalità che la nostra Costituzione affida agli Istituti di Pena, è per lo più svuotata.

Tale inefficacia è dimostrata anche dall’altissima quota della recidiva (70%) per chi sconta la pena in carcere, che si dimezza per quanti usufruiscono di misure alternative[2]. L’applicazione di tali misure, tuttavia, è inferiore a quanto sarebbe possibile ed auspicabile, a fronte peraltro di un costo economico delle stesse decisamente ridotto rispetto alla sola reclusione. Basti pensare che una persona detenuta costa circa 300,00€[3] al giorno mentre un progetto di reinserimento sociale realizzato con persone in misura alternativa può costare meno di 50,00€ al giorno[4]. A riprova, il bilancio del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria che stanzia il 95% dei fondi alla reclusione ed il 5% alle misure alternative[5].

I più recenti dati disponibili aiutano ad intravvedere la concreta fisionomia delle persone detenute, oltre i pregiudizi e le paure che spesso sono ad arte fomentati.

Nel 2008, ben l’89% delle persone rilevate ha un’istruzione pari o inferiore alla licenza media. Oltre il 30% del totale delle persone detenute ha problemi di tossicodipendenza. I reclusi per reati contro il patrimonio (per es. piccoli furti) e per reati contro la legge sulla droga sono il 44,3%.

Oltre a questi dati, a rafforzare la convinzione che il carcere oggi sia di fatto cronicario di persone con meno opportunità, vale il dato dei detenuti di origine meridionale[6], il 40,6% dell'intera popolazione detenuta, che sommati agli stranieri reclusi, compongono il 77,7% del totale dei detenuti presenti nelle carceri italiane[7].

La situazione non cambia molto se si fa riferimento agli Istituti di detenzione per minori. La presenza media giornaliera nel 2008 negli Istituti Penitenziari minorili è stata di circa 468 ragazzi, al 90% maschi. Gli italiani sono stati 257 a fronte di un totale di 386 presenze europee, provenienti da Croazia, Romania, Serbia e Montenegro. Settanta gli africani con una buona parte di minorenni provenienti dal Marocco. La presenza media dei minori detenuti di nazionalità straniera è quindi rilevante, nello scorso anno ha costituito il 45% [8]. Per quel che riguarda, invece, i minori sottoposti a procedimento penale collocati in comunità a gestione sia pubblica sia privata, sono gli italiani a beneficiarne maggiormente; i minori stranieri (30%), sono penalizzati dalla loro situazione di irregolarità.

Sono inoltre circa 1.200 le persone detenute nei sei Ospedali Psichiatrici Giudiziari italiani (Castiglione delle Stiviere, Reggio Emilia, Montelupo Fiorentino, Napoli, Aversa, Barcellona Pozzo di Gotto). Hanno in media 41 anni, sono quasi tutti uomini (1.195 uomini e 87 donne) per lo più celibi (900 celibi e 125 coniugati), hanno un basso livello di istruzione. Oltre l’80% di loro sono affetti da psicosi gravi, come la schizofrenia[9].

Da ultimo, le mamme detenute: secondo i dati del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria nel 2008 le detenute madri erano 53, con 55 figli minori di tre anni reclusi con loro. Ben 18 invece le donne detenute in stato di gravidanza. La maggior parte delle donne recluse con i loro figli, sono persone tossicodipendenti o di origine nomade[10].

Vien da dire: lontani dagli occhi, lontani dal cuore!

Infatti è del tutto chiaro, se si dà un volto concreto alle persone detenute oggi in Italia, attraverso le loro caratteristiche socio-anagrafiche, che il carcere risulta il luogo che permette una specie di grande rimozione collettiva. È inconfutabile, infatti, che la stragrande maggioranza dei detenuti in Italia oggi, in realtà sono persone in stato di esclusione sociale. L’amore di Cristo ci spinge ad essi, a quelli che normalmente chiamiamo “emarginati”.

Come Caritas Diocesane del Nord Est, pertanto, di fronte alla diffusa tendenza a considerare il carcere come luogo della sicurezza, a perseguire politiche che mirano all’aumento delle pene e alla criminalizzazione di fatti sub criminali (è previsto il carcere ad es. per i graffitari) ribadiamo l'urgenza di percorrere la strada proposta dal papa Giovanni Paolo II in occasione del Giubileo del 2000: “La pena infatti non può ridursi ad una semplice dinamica retributiva, tanto meno può configurarsi come una ritorsione sociale o una sorta di vendetta istituzionale. La pena, la prigione hanno senso se, mentre affermano le esigenze della giustizia e scoraggiano il crimine, (…) offronoa chi ha sbagliato una possibilità (…)per reinserirsi a pieno titolo nella società.”[11]

Inoltre, anche per gli effetti desocializzanti tipici della detenzione, è importante non considerare la pena detentiva come unica risposta dell’ordinamento ad ogni forma di emarginazione deviante e di reati. Perciò ci uniamo all’invito di Giovanni Paolo II ad una profonda riflessione da cui provengano fattivi e concreti percorsi giudiziari, alternativi alla mera restrizione carceraria: Soltanto una serena valutazione del funzionamento delle istituzioni penali, una sincera ricognizione dei fini che la società ha di mira per fronteggiare la criminalità, una ponderazione seria dei mezzi usati per questi scopi, hanno condotto, e potranno ancora condurre, a individuare le correzioni che si rendono necessarie.”[12]

Siamo coscienti che la situazione può essere risolta solo con un cambiamento radicale di prospettiva. In tal senso, pensiamo sia urgente sostituire la pena detentiva, per coloro che hanno ricevuto condanne inferiori ai tre anni, con altri percorsi obbligati ma di carattere fortemente riabilitativo ed inclusivo; anzitutto attraverso una convinta applicazione delle previste misure alternative e lì dove necessario, con la creazione di apposite comunità penali-educative.

Ciò, ne siamo ben consapevoli, nonostante l’opinione pubblica chieda il contrario. Non solo la nostra fede ci spinge a ciò, ma siamo altrettanto convinti che la stessa pubblica opinione, se adeguatamente informata piuttosto che fomentata per interessi di parte, ben comprenderebbe gli indubbi vantaggi etici, sociali, rieducativi, giudiziari, trattamentali ed economici.

Mons. L. Bressan
(Vescovo delegato CET e le Caritas Diocesane del Triveneto)

Note:

[1] vd art. 1 Ordinamento Penitenziario L. 354/75

[2] vd. http://web.vita.it/news/view/95357 su dati diffusi da Antonietta Pedrinazzi Dirigente Sindacato Direttori Penitenziari (Sidipe)

[3] vd. www.ristretti.it/commenti/opinione/striscia.htm Il costo si riferisce non solo alla struttura carceraria ma è comprensivo anche di tutto il personale coinvolto (agenti di polizia penitenziaria, direzione, segreteria, infermeria, equipe trattamentale, personale addetto alle attività rieducative, scolastiche, lavorative)

[4] vd progetto Il Lembo del Mantello attualmente attivo nella Diocesi di Vicenza

[5] vd Relazione Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia del 11/09/09

[6] Si fa riferimento a persone provenienti da:Puglia, Campania, Sicilia e Calabria secondo i dati del DAP

[7] Fonte: Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria - Ufficio per lo sviluppo e la gestione del sistema informativo automatizzato - Settore statistico

[8] Fonte: “Flussi di utenza dei Servizi della Giustizia Minorile”, Dipartimento Giustizia Minorile- Servizio Statistica

[9] Fonte: Ricerca di "Anatomia degli ospedali psichiatrici giudiziari italiani" prodotta nel 2002 dall’ufficio studi e ricerche del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap), e curata dallo psichiatra Vittorino Andreoli

[10]Fonte: Rapporto Antigone 2001, su dati DAP

[11] Vd. Omelia di Giovanni Paolo II in occasione del Giubileo nelle carceri pronunciata domenica 9 luglio 2000 presso il carcere di Regina Coeli.

[12] Vd. Messaggio pronunciato in Vaticano da Giovanni Paolo II il 9 luglio 2000 in occasione del Giubileo nelle carceri.

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