CRMB: bene il ritiro del Governo dal fondo privatizzazione dell'acqua

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La Campagna per la Riforma della Banca Mondiale valuta positivamente la decisione del Governo italiano di ritirarsi dal Public-Private Infrastructure Advisory Facility (PPIAF), il fondo gestito dalla Banca Mondiale che ha come fine ultimo la privatizzazione delle risorse idriche. L'annuncio è stato dato in maniera ufficiale dalla viceministra alla Cooperazione allo sviluppo, Patrizia Sentinelli, in occasione dell'incontro annuale dei membri donatori del PPIAF. Nel suo messaggio la Sentinelli ha sottolineato che ritiene "necessario sostenere una riflessione internazionale sulle conseguenze negative dei processi spinti di privatizzazione in settori così delicati e che riguardano beni comuni". ''Sono convinta che i fondi destinati all'aiuto pubblico allo sviluppo -si legge nel messaggio della Viceministra Sentinelli - debbano garantire la diminuzione della povertà intesa come miglioramento reale delle condizioni, di vita e sociali, delle persone e delle comunità. L'accesso all'acqua, la sua tutela, il suo uso, la sua gestione, sono parte integrante di questo obiettivo. L'acqua non è una merce e dobbiamo lavorare per sottrarla alle logiche della privatizzazione".

"Accogliamo positivamente questa mossa coraggiosa del governo italiano" - ha detto Elena Gerebizza della Campagna per la riforma della Banca mondiale (CRBM). "Invece di destinare fondi per favorire le privatizzazioni nel Sud del mondo, è giunto il momento di veicolare le scarse risorse destinate alla cooperazione internazionale alla promozione dei beni pubblici globali, tra cui l'acqua" ha aggiunto la Gerebizza. "Noi di CRBM continueremo a chiedere al nostro esecutivo di ritirarsi da fondi simili al PPIAF, che ben poco fanno per risolvere i problemi dei poveri del pianeta" - ha concluso la Gerebizza.

Il PPIAF è da anni nell'occhio del ciclone delle proteste delle Ong internazionali e delle popolazioni locali dei Paesi del Sud del mondo, che subiscono gravi conseguenze dai processi di privatizzazione dell'acqua. In base ad uno studio delle Ong, dal 1999 il PPIAF ha utilizzato una parte dei fondi a sua disposizione in 37 dei Paesi interessati per "costruire consenso" o promuovere le privatizzazioni, senza che ne derivassero risultati apprezzabili. Per questa ragione lo scorso febbraio la Norvegia ha deciso di abbandonare il PPIAF, imitata nei giorni scorsi dall'Italia.

Intanto, un gruppo di Ong internazionali, tra cui Friends of the Earth International e gli americani di Pacific Environment, hanno scritto ieri una lettera aperta al Financial Times e all'International Finance Corporation (IFC), chiedendo di ritirare la nomination della ABN Amro per il premio di 'Banca Sostenibile' dell'anno. Il premio, infatti, e il relativo evento sono indetti dall'autorevole quotidiano economico britannico e dalla stessa IFC. Tra le nomination di quest'anno figura anche la ABN AMRO, alla quale le ONG contestano, tra le altre cose, il fatto di aver finanziato con un prestito di circa un miliardo di dollari la Gazprom, la compagnia petrolifera di stato russa.

Con quei fondi la Gazprom si è aggiudicata la maggioranza delle quote del progetto di Sakhalin II, un gasdotto nato per sfruttare le risorse nell'omonima isola all'estremo orientale della Russia. Da anni quest'opera è tra le più contestate al mondo per la gravità dei suoi impatti socio-ambientali, a partire dalla distruzione dell'habitat di specie di balene già a rischio di estinzione. Il premio sarà consegnato il mese prossimo durante una cerimonia pubblica che si terrà a Londra. Finanziando, seppur indirettamente, un opera come il gasdotto di Sakhalin II, la ABN AMRO secondo le Ong violerebbe gli Equator Principles, ovvero le linee guida socio-ambientali che alcune tra le principali banche al mondo, tra cui la stessa banca olandese, si sono date nel 2004.

E sull'operato della Gazprom e dell'Eni è intervenuta la trasmissione di ieri di Report di RaiTre, documentando che sono 10 anni che l'Eni estrae gas dal Kazakhistan, ma quel gas viene svenduto alla Gazprom e alla Kazmunaygas "ad un 20esimo del prezzo che noi paghiamo quando arriva in Italia". La posizione dell'Eni è: "ci stiamo lavorando". [GB]

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