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Bosnia: tra negoziati segreti e strage di Srebrenica
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Il presidente Radovan Karadzic e il suo capo militare Ratko Mladic, ex leader dei serbi di Bosnia durante la guerra (1992-1995), accusati di genocidio dal Tribunale dell'Aja (Tpi), avrebbero negoziato la resa nei giorni prima del vertice della Nato tenuto la settimana scorsa a Istanbul. Lo comunica Ansa-Balcani riportando stralci di un articolo del quotidiano di Sarajevo 'Dnevni Avaz' che cita una ''fonte ufficiale vicina ai servizi segreti internazionali che ha chiesto l'anonimato''. I negoziati sarebbero falliti, scrive il giornale, perchè per la comunità internazionale era assolutamente inaccettabile che ai due ricercati venisse concessa la libertà provvisoria in attesa di processo, condizione che Karadzic e Mladic avrebbero posto per la loro resa al Tpi.
Tra pochi giorni ricorre il nono anniversario della "estate di morte" di Srebrenica, quando l'esercito serbo del generale Mladic, entrato nella enclave dichiarata zona protetta dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, avviò la strage della popolazione maschile che invano aveva cercato rifugio presso la base del contingente dei caschi blu olandesi. Per l'Osservatorio sui Balcani, Andrea Rossini ricostruisce le inchieste che dal 1995 ad oggi hanno cercato di appurare perché le forze internazionali (Nazioni Unite e Nato) non sono intervenute a difesa della popolazione, e al tempo stesso di stabilire le responsabilità all'interno dell'esercito e della leadership serba.
"Centinaia sono state le pagine scritte, ma ogni inchiesta ha affrontato la vicenda secondo un proprio punto di osservazione e soprattutto, fino ad oggi, era mancata una presa di posizione ufficiale da parte delle istituzioni della Republika Srpska (RS, una delle due Entità nelle quali la Bosnia è divisa) - scrive Rossini. "Per il governo olandese, in particolare, i fatti di Srebrenica hanno rappresentato quello che i media locali hanno definito "un decennio di maledizione": dopo una prima inchiesta governativa (1996), l'Istituto olandese per la documentazione di guerra (NIOD) ha pubblicato nel 2002 una voluminosa inchiesta che ha portato alle dimissioni dell'allora premier Wim Kok, aprendo poi la strada ad una nuova inchiesta condotta a livello parlamentare. Anche il Parlamento francese (francesi erano sia il generale Unprofor Morillon - la cui iniziativa nella primavera del '93 aveva portato alla creazione della area protetta - che il capo delle forze Onu in ex Jugoslavia, Janvier) ha indagato le vicende del luglio 1995, arrivando a pubblicare nel novembre 2001 un lungo rapporto".
Il Tribunale internazionale dell'Aja ha processato e condannato per genocidio (sentenza confermata in appello) il generale serbo Radislav Krstic. Mentre restano latitanti rispettivamente il capo politico e quello militare dei Serbi di Bosnia nel 1995, Radoslav Karadzic e Ratko Mladic - ricercati anche per Srebrenica - nel dicembre scorso sono stati condannati Momir Nikolic (a 27 anni) e Dragan Obrenovic (a 17 anni), mentre sono ancora in corso i processi nei confronti di Vidoje Blagojevic e Dragan Jokic, tutti ufficiali dell'esercito serbo coinvolti a vario titolo nelle operazioni in Bosnia dell'est nell'estate del '95. La collaborazione dei primi due (Nikolic e Obrenovic) con il Tribunale Internazionale ha permesso di acquisire elementi fondamentali su come l'intera operazione era stata condotta e pianificata.
Anche Slobodan Milosevic, che ieri si è presentato davanti ai giudici del Tribunale penale internazionale sull'ex Jugoslavia (Tpi), dovrà rispondere per i fatti di Srebrenica, qualora venga provata dalla Procura il collegamento tra la leadership serbo bosniaca e quella della Serbia propria e la partecipazione di forze dell'esercito e/o della polizia di Belgrado nelle operazioni. In una delle giornate più convulse del processo-fiume dell'Aja iniziato nel febbraio del 2002, l'udienza di ieri si è chiusa con una dichiarazione in cui la Corte ha annunciato che oggi comunicherà come intende procedere per evitare ulteriori ritardi nel processo che vede Milosevic accusato di genocidio, crimini di guerra e contro l'umanità per le sue responsabilità nelle guerre balcaniche dei primi anni '90. [GB]