Bombe, arresti e citazioni in giudizio

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Il clima torna rovente a Caracas, capitale del Venezuela. Due ordigni dinamitardi sono esplosi questa mattina presso le sedi diplomatiche di Spagna e Colombia. 4 feriti tra i passanti, ma il bilancio poteva essere ben più grave. In coro giornali venezuelani e americani mettono sotto accusa la violenza verbale di Chavez che si è espressa contro i governi di Bogotà e Madrid, presunti "impiccioni" negli affari interni di Bogotà. Poche le ipotesi sul volto degli attentatori, anche se alcuni puntano il dito contro il gruppo bolivariano (Coordinadora Simon Bolivar), che subito ha smentito le accuse. A 3 settimane dal termine degli scioperi anti-chavez, che hanno paralizzato il paese fino al %01 2 febbraio, la tensione sale alle stelle e si rischia una recrudescenza del muso duro tra governo e opposizione. Dopo l'arresto del presidente della confindustria (Fedecamaras), Carlos Fernandez, e il mandato di cattura per Carlos Ortega, leader della Confederazione dei lavoratori (Ctv), accusati di aver istigato e organizzato i due mesi di violenze e scioperi, sono partite 7 citazioni a giudizio per ex-dirigenti della Petroleos de Venezuela, compagnia petrolifera statale sulle barricate dell'opposizione dal 2 dicembre. Tra di loro anche Hugo Fernandez, probabile capo dell'opposizione per le prossime elezioni, ha ricevuto la citazione a giudizio.

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