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Bolivia: referendum sul gas e voci contro l'immunità
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La Bolivia sta aspettando il referendum che a luglio darà ai cittadini il diritto di scegliere se lasciare il gas alle multinazionali del petrolio lasciando al paese andino quote del diritto all'estrazione e le quote dell'esportazione oppure se nazionalizzare il gas naturale e venderlo alle multinazionali esattamente come fa il Texas o l'Arabia Saudita. Lo scorso maggio il Presidente Carlos Mesa ha sostituito il ministro dimissionario Xavier Nogales con Guillermo Torres, il quarto ministro dell'attività mineraria e degli idrocarburi negli ultimi sei mesi. Le forti pressioni delle multinazionali, che controllano con 78 contratti la seconda riserva di gas naturale dell'America Latina, hanno portato l'ex ministro a dichiarare che le domande del referendum sono impostate al fine di ottenere la re-nazionalizzazione dell'industria del gas e del petrolio. Le domande a cui dovranno rispondere i boliviani saranno cinque. Da considerare che la maggior parte dei boliviani a stento sa leggere e scrivere in spagnolo, preferendo la lingua originaria. La prima domanda verte sull'abrogazione della legge sugli idrocarburi 1689 promulgata da Gonzalo Sánchez de Lozada, ex presidente caduto dopo le proteste popolari dello scorso ottobre. Secondo la redazione di Selvas la domanda è malposta in quanto una presunta vittoria dei non impedirebbe a Mesa di far approvare la sua legge sugli idrocarburi che lascia troppi punti oscuri sul potere che le multinazionali avrebbero proprio sull'utilizzo del petrolio e del gas boliviano.
Anche le seguenti domande secondo Selvas sono manovrate a portare a un fallimento della YPFB (Yacimientos Petrol㭀feros Fiscales Bolivianos) per poi lasciare alle multinazionali la possibilità di fare il buono e il cattivo tempo. Meglio sarebbe accettare la seconda domanda e rifiutare la terza proposta, costringendo lo stato prima a nazionalizzare il gas, poi a consolidare la YPFB, con il tempo, magari, di pensare a una nuova impresa statale, senza i debiti della YPFB, o a un'impresa mista, con capitali locali ed esteri, in grado di fare fronte a tutte le spese a sostegno delle strutture necessarie. Anche negli altri due quesiti Selvas individua dei punti di preoccupazione anche se non riesce a carpirne il vero obiettivo politico. Un referendum giudicato troppo semplice per essere credibile che non è stato criticato neanche dal Mas, il primo partito di opposizione che, fino a questo momento, ha svelato subito e con puntualità, tutti i trucchi messi in piazza dal governo tra cui la ratificazione del trattato sull'immunità dei militari statunitensi già firmato dal Senato.
L'approvazione di questa convenzione violerebbe la Costituzione boliviana che stabilisce che, come i cittadini Boliviani, anche gli stranieri devono sottostare alle leggi boliviane e per tanto devono essere giudicati secondo la giustizia ordinaria del Paese. Un duro commento è giunto anche da monsignor Jesùs Juárez, segretario generale della Conferenza episcopale boliviana (Ceb). Le organizzazioni per i diritti umani in Bolivia, così come sindacati e altre organizzazioni dei lavoratori, si stanno mobilitando per evitare che questo accordo passi anche alla Camera dei Deputati. La prima tappa sarà la protesta per una maggiore presa di coscienza del problema nel caso in cui anche la Camera approvi - speriamo non accada- il patto, che sicuramente sarà oggetto di una domanda di incostituzionalità davanti al Tribunale Costituzionale che ultimamente si è spesso espresso in favore della società civile, visto che ha stabilito chiaramente che i delitti commessi dai militari boliviani devono essere giudicati dalla Giustizia Ordinaria e non da quella militare che generalmente ha garantito l'impunibilità ai suoi membri. Continua quindi lo scontro tra forze armate e opinione pubblica facendo vacillare il governo Mesa che all'indomani della rivolta popolare di El Alto dello scorso ottobre con 80 morti aveva promesso al popolo giustizia e assicurato che governanti e militari responsabili della carneficina non sarebbero rimasti impuniti. [AT]