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Birmania: da Amnesty all'Onu, pressanti appelli per la liberazione di San Suu Kyi
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Il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, è "gravemente preoccupato" per la nuova incarcerazione di Aung San Suu Kyi e ha chiesto alla giunta birmana l'immediato rilascio della leader dell'opposizione insieme a tutti coloro che possono contribuire nel processo per la riconciliazione nazionale del Paese. Ban ha chiesto al governo della Birmania di "non minare questo importante processo". Analogo appello è giunto anche dall'inviato Onu per i diritti umani nella Birmania (Myanmar), Tomas Ojea Quintana, secondo il quale l'arresto della leader dell'opposizione birmana è illegale sia dal punto di vista del diritto internazionale che delle leggi del Myanmar. L'ambasciatore birmano a Roma è stato convocato dal Ministero degli Esteri per una "protesta ufficiale" per il caso di Aung San Suu Kyi.
La leader dell’opposizione birmana è stata rinchiusa nel famigerato carcere di Insein, a Rangoon con l'accusa di aver violato le condizioni degli arresti domiciliari, dopo la misteriosa intrusione nella sua casa-prigione di un cittadino americano, e rischia fino a 5 anni di detenzione, mentre i termini degli arresti domiciliari, a cui è sottoposta dal 2003, sarebbero scaduti il prossimo 27 maggio. Pochi giorni fa i collaboratori della leader dell'opposizione avevano lanciato l'allarme per le sue deteriorate condizioni di salute, appellandosi alla comunità internazionale perché facesse pressione sul regime birmano affinché permettesse al medico della Suu Kyi, anch'egli incarcerato, di visitarla. La donna, dicono fonti a lei vicine, è gravemente disidratata e indebolita e la carcerazione rischia ora di aggravare le sue condizioni.
"Le nuove incriminazioni - commenta l'Unità - sono evidentemente il pretesto cercato dai generali per prolungare ulteriormente gli arresti di Suu Kyi, la cui popolarità non è mai stata intaccata dalla detenzione: il prossimo anno sono previste elezioni generali, promesse dalla giunta ormai da qualche tempo nell’ambito della "road map verso la democrazia". Promesse a questo punto del tutto svuotate di contenuto, alla luce delle nuove incriminazioni contro Aung San Suu Kyi. La leader dell’opposizione birmana, perseguitata dal suo ritorno in patria nell’88, stravinse le elezioni del 1990, poi annullate dalla giunta. Il clamoroso successo elettorale ha segnato la fine della libertà per Aung San Suu Kyi che è stata ripetutamente arrestata, incarcerata e nel 2003 posta agli arresti domiciliari per le cattive condizioni di salute. Per il suo partito, la Lega nazionale per la democrazia, tutta la vicenda è un complotto. Cinque anni di carcere ad Insein, sostengono gli attivisti, equivalgono ad una condanna a morte".
Amnesty International ha chiesto al Consiglio di sicurezza dell'Onu, in particolare a Cina e Giappone, e ai paesi dell'Asean di attivarsi con urgenza per garantire il rilascio di Aung San Suu Kyi dalla prigione di Insein. "Il governo di Myanmar deve liberare Aung San Suu Kyi una volta per tutte, senza condizioni e senza ripristino degli arresti domiciliari" - ha dichiarato Benjamin Zaracki, esperto di Amnesty International sul paese. Aung San Suu Kyi e due sue collaboratrici arrestate con lei, Khin Khin Win e la figlia di quest'ultima, dovrebbero essere processate lunedì 18 maggio in relazione all'episodio del cittadino statunitense che, attraversando a nuoto il lago di fronte all'abitazione della Nobel per la pace, vi si è trattenendo per due giorni.
Anche Human Rights Watch ha chiesto all'Asean e in particolare a Cina e India - i due principali partner commerciali della Birmania - di far pressione sulle autorità per il rilascio incondizionato di Aung San Suu Kyi e degli altri 2100 prigionieri politici birmani. L'associazione italiana 'Birmania Democratica', che da tempo fa pressione sui partner commerciali della Birmania, rilancia l'appello online per la liberazione di tutti i prigionieri politici birmani. La petizione "Liberiamo tutti i prigionieri politici!" ha l’obiettivo di raccogliere 888.888 firme prima del 24 maggio 2009, data legale nella quale dovrebbe essere liberata Daw Aung San Suu Kyi dagli arresti domiciliari.
Nei giorni scorsi l’Assistance Association for Political Prisoners della Birmania ha documentato, in un nuovo rapporto, le precarie condizioni di salute dei prigionieri politici in Birmania. Il rapporto sottolinea l’impatto in termini di salute della tortura sistematica, della prigionia, dei trasferimenti nelle regioni più remote del Paese e della negazione di ogni più basilare assistenza medica per gli attivisti del movimento democratico. Secondo il rapporto, più di 350 attivisti sono stati sentenziati da ottobre, e la maggior parte è stata trasferita in campi di detenzione lontano dalle proprie famiglie. A causa della mancanza di adeguata assistenza medica, i prigionieri politici fanno affidamento alle proprie famiglie per medicine e cibo.
La Birmania (Myanmar) è retta da una dittatura militare al potere dal 1962. Nel 1990 si sono svolte libere elezioni vinte a larga maggioranza – più del 75% dei consensi – dal partito di opposizione e mai riconosciute dalla giunta. Ad oggi vi sono più di 2100 prigionieri politici rinchiusi nelle carceri della ex-Birmania, fra i quali Aung San Suu Kyi, figlia di Aung San, l’eroe nazionale che ha guidato all’indipendenza il Paese. [GB]