Belgrado e Pristina siglano a Bruxelles un accordo storico

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Tanto tuonò che piovve. L’alto rappresentante della politica estera e per la sicurezza comune della Unione Europea, Catherine Ashton, che ha facilitato, fungendo il ruolo di mediatore riconosciuto, i dieci round, con decine di incontri bilaterali e trilaterali e dozzine di ore di negoziazione, per i colloqui tra Belgrado e Pristina, è stata la prima a rilasciare, poco dopo le 16.30 di venerdì 19 aprile, una dichiarazione ufficiale circa il fatto che la maratona negoziale si era conclusa, e si era conclusa con successo, con il conseguimento di un accordo di massima tra le due delegazioni. Congratulandosi con il primo ministro della Serbia Ivica Dacic e con il premier dell’auto-governo del Kosovo Hashim Thaci non solo per la perseveranza esercitata, ma anche per il coraggio mostrato, ha aggiunto che la decisione di siglare l’accordo di massima è un passo importante verso l’Europa.

Lo stallo dei colloqui, che avevano visto il precedente, nono, round particolarmente problematico e, per la prima volta dall’inizio della maratona negoziale, la delegazione kosovara particolarmente nervosa, costretta persino ad abbandonare il tavolo per consultazioni interne, è stato superato solo dopo una consultazione delle parti (la mediatrice e le delegazioni) con ufficiali della NATO, presso i quali il governo serbo ha ottenuto le necessarie precisazioni e assicurazioni intorno al fatto che le forze di sicurezza dell’auto-governo kosovaro rimangano all’esterno delle aree a maggioranza serba della regione, e che l’ingresso delle forze di polizia kosovara possa avvenire solo con autorizzazione delle forze KFOR e dietro accordo con le autorità municipali serbo-kosovare. Il tutto nel quadro del regime di autonomia speciale, con poteri esecutivi, che gli altri punti dell’accordo garantiscono alla cosiddetta “Unione dei Comuni Serbi del Kosovo”. È stato questo, infatti, il punto più delicato e anche più controverso dell’intera trattativa, costantemente in bilico tra la richiesta serba di garantire sicurezza alle minoranze nazionali e la richiesta kosovara di una piena sovranità sull’intera regione.

È sembrata molto significativa anche la dichiarazione, rilasciata alla fine della estenuante maratona negoziale, del primo ministro serbo, secondo il quale quella formalizzata nel corso del nono round e ulteriormente precisata nel corso del decimo, decisivo, round, ha rappresentato la migliore offerta mai ricevuta, nel corso delle trattative, da parte di Belgrado, dal momento che i due punti più controversi dell’accordo hanno recepito la posizione ufficiale del governo serbo, in particolare al punto9, relativo alla polizia autonoma del Kosovo settentrionale, alla nomina di un comandante regionale serbo-kosovaro e alla composizione di tale corpo regionale corrispondente alla composizione etnica della regione stessa, e al punto 14, relativo al percorso di adesione dell’auto-governo kosovaro presso gli organismi internazionali e multilaterali, che è stato modificato in modo da non imporre alla Serbia di non impedire l’adesione del Kosovo nelle organizzazioni internazionali e da prevedere piuttosto che la Serbia non ostacoli la via del processo di integrazione europea del Kosovo stesso. Tutto ciò, da una parte, riconosce l’auto-determinazione della comunità serbo-kosovara all’interno dei confini regionali e, dall’altra, apre la strada all’adesione europea del Kosovo, senza tuttavia imporre un riconoscimento internazionale dello “Stato” del Kosovo, peraltro ancora immaturo, essendo, a oggi, ancora poco meno di un centinaio i riconoscimenti internazionali sin qui conseguiti.

Dal punto di vista “formale”, il premier serbo ha precisato che non è stato ufficialmente firmato l’accordo, ma semplicemente siglato, da ambo le parti, e che le istituzioni della Serbia decideranno, nei prossimi giorni e comunque entro lunedì 22 Aprile, se accettare o rifiutare in via definitiva il documento di accordo intanto sottoscritto (effettivamente il documento è stato approvato proprio ieri, ndr). La data del 22 Aprile sembra, peraltro, inderogabile, dal momento che è la data entro la quale si riunirà il Consiglio dei Ministri degli Esteri UE al quale Catherine Ashton presenterà la relazione sullo svolgimento e gli esiti del negoziato e dal quale uscirà la posizione europea intorno al riconoscimento al governo serbo di una data per l’apertura ufficiale del percorso di integrazione europea. Si tratta di “una proposta che entrambe le parti dovranno decidere se accettare o rifiutare nei prossimi giorni”. Ed anche di un’occasione che, purché in linea con i principi della giustizia e del diritto, a partire dalla Risoluzione 1244 (1999) del Consiglio di Sicurezza, potrebbe aprire un futuro, nuovo e diverso, di pace e stabilità nella regione.

Gianmarco Pisa

Fonte: pressenza.com

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