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Bankitalia: gli immigrati non tolgono lavoro, ma occorre migliorare l'integrazione
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La crescita della presenza straniera in Italia negli ultimi anni non si è riflessa in minori opportunità occupazionali per gli italiani", ma ha al contrario evidenziato una "complementarietà tra gli stranieri e gli italiani più istruiti e le donne, favorendo maggiore spazi di occupazione". Lo afferma uno studio della Banca d'Italia contenuto nel rapporto sulle economie regionali secondo cui l'afflusso di lavoratori stranieri impiegati con mansioni tecniche e operaie ha accresciuto le opportunità "per gli italiani più istruiti" impiegati in "funzioni gestionali e amministrative", mentre le donne avrebbero beneficiato della presenza straniera, nel settore dei servizi sociali e alle famiglie, come per esempio colf e baby sitter, attenuando "i vincoli legati alla presenza di figli e l'assistenza dei familiari più anziani e permettendo di aumentare l'offerta di lavoro femminile".
Le nuove generazioni di stranieri, avvertono però gli economisti di Bankitalia, "che rappresenteranno una componente rilevante della futura forza lavoro nel Paese, registrano significativi tassi di abbandono scolastico e un livello di competenze inferiore a quello, già modesto nel contesto internazionale, degli italiani". In particolare, "le difficoltà scolastiche degli stranieri sono più accentuate nel Mezzogiorno». Tuttavia, "il processo di integrazione economico e sociale degli immigrati migliora con il perdurare della loro permanenza in Italia".
"Lo studio di Bankitalia sul lavoro degli immigrati in Italia conferma che la presenza degli stranieri nel nostro territorio deve essere considerata una ricchezza per lo sviluppo socio-economico del nostro Paese" - commenta il presidente di Sei-Ugl, Luciano Lagamba. "Difficile resta l'integrazione, soprattutto dei giovani immigrati, perchè la manodopera straniera – nota Lagamba - sconta una bassa qualificazione a causa delle difficoltà burocratiche legate al permesso di soggiorno ed al riconoscimento dei titoli di studio acquisiti all'estero. L'immigrazione è una risorsa che non va respinta ma sulla quale si dovrebbe investire facendo in modo che l'incontro tra le differenze possa tradursi in un arricchimento reciproco".
"''Se vogliamo mantenere un certo livello di produzione in questo paese - aggiunge Kurosh Danesh, coordinatore del Comitato Nazionale Immigrati/Cgil - ci sono delle mansioni che ormai devono essere coperte dalla manodopera straniera. Questa complementarietà quindi diventa necessaria sia per il sistema produttivo sia per la sfera sociale. D'altronde siamo di fronte a un quadro politico e a un Governo che, invece di basarsi su queste verità del mondo economico e sociale, ragiona sul fenomeno dell'immigrazione solo in termini ideologici. In questo modo si danneggia il futuro di tutti noi, immigrati e italiani".
"L’Italia è un territorio che senza gli immigrati non sarebbe abitato. Molte comunità montane devono la propria vitalità ai nuovi cittadini che frequentano asili, scuole, oratori, piazze. Senza di essi non avremo maestre, professori, educatori ma anche piccoli esercenti" - commenta Pierluigi La Spada direttore di Cinformi della Provincia Autonoma di Trento. "Inoltre gli immigrati non sono solo colf e badanti ma anche i piccoli artigiani che lavorano porta a porta per la micro manutenzione di cui ogni casa necessita. Trattasi di veri e propri servizi alle famiglie italiane. Pur nel non facile accesso al credito sta crescendo il numero d’imprese edili, autotrasporti, turismo, agricoltura dirette da immigrati. In taluni casi i nuovi imprenditori assumono personale italiano confermando, quindi, i dati di Bankitalia".
A partire dagli anni novanta, l'Italia è divenuta meta di considerevoli flussi migratori dall'estero. La quota di popolazione immigrata, sottolinea lo studio, è passata dallo 0,6 per cento nel 1991 a quasi il 6 nel 2008. Nell'ultimo quinquennio il numero di stranieri residenti è più che raddoppiato, portandosi a 3,4 milioni di persone. Sull'aumento hanno influito la regolarizzazione avviata nel 2002 che ha portato all'emersione di circa 650 mila persone che già lavoravano in Italia e gli ingressi di cittadini europei divenuti comunitari recentemente. Le nuove generazioni di stranieri registrano significativi tassi di abbandono scolastico e un livello di competenze inferiore a quello, già modesto nel contesto internazionale, degli italiani, prosegue Bankitalia che sottolinea come le difficoltà scolastiche degli stranieri sono più accentuate nel Mezzogiorno.
L'afflusso degli immigrati non ha interessato in maniera uniforme tutte le aree del Paese: l'incidenza della popolazione straniera è oggi molto più elevata nel Centro Nord (quasi l'8 per cento) rispetto al Mezzogiorno (2,1 per cento). In Lombardia, Veneto, Lazio, Emilia-Romagna e Piemonte, dove si concentra il 45 per cento della popolazione italiana e si produce poco meno del 60 per cento del valore aggiunto nazionale, risiedono quasi il 70 per cento degli stranieri. Nel 2008, ricorda Bankitalia citando i dati della Rilevazione sulle forze di lavoro dell'Istat, i lavoratori stranieri residenti in Italia rappresentavano il 7,5 per cento dell'occupazione complessiva; al Centro Nord l'incidenza era superiore al 9 per cento, a fronte del 3 nel Mezzogiorno.
Il tasso di occupazione degli stranieri in età lavorativa era pari al 67 per cento, 9 punti percentuali in più rispetto agli italiani. Il divario è in parte riconducibile a caratteristiche individuali, quali la minore età media degli stranieri e la necessità di avere un lavoro per ottenere il permesso di soggiorno, in parte alla loro concentrazione nelle aree più sviluppate del Paese, dove è più forte la domanda di lavoro. Il tasso di occupazione degli stranieri residenti nel Mezzogiorno era pari al 59 per cento, circa 9 punti percentuali in meno rispetto a quello del Centro Nord. è ragionevole ipotizzare che i più bassi tassi di occupazione nel meridione risentano della maggiore diffusione del lavoro sommerso e dei fenomeni di irregolarità, si legge nello studio.
Sempre secondo elaborazioni della Banca d'Italia, i redditi da lavoro dipendente nel settore privato degli stranieri sono inferiori di circa l'11 per cento a quelli degli italiani. Il differenziale salariale, oltre al minore livello di istruzione degli stranieri, è attribuibile anche a una maggiore concentrazione in settori di attività e mansioni meno qualificate e in imprese meno produttive. Le retribuzioni degli stranieri nel Mezzogiorno sono più basse di quelle al Centro Nord. Il livello di istruzione dei lavoratori stranieri è in media inferiore a quello degli italiani. Nel 2008, gli occupati con cittadinanza estera di età compresa tra i 25 e i 65 anni in possesso al più di un titolo di studio corrispondente alla scuola media inferiore erano il 44 per cento, quasi 7 punti percentuali in più rispetto al corrispondente valore per gli italiani; quelli in possesso di una laurea erano circa il 13 per cento a fronte del 18 per gli italiani. Il grado di istruzione degli stranieri è inferiore nelle regioni meridionali, dove la quota di lavoratori immigrati in possesso di una laurea è dell'8 per cento (5 punti in meno del Centro Nord) e la quota di stranieri con al massimo l'obbligo scolastico è pari a circa il 65 per cento (13 punti in più che nel Centro Nord). [GB]