Balcani: il ponte di Mostar dieci anni dopo

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Dieci anni sono trascorsi da quando il ponte di Mostar, simbolo di convivenza tra la comunità croata e quella musulmana della città, è crollato nell'acqua del fiume Neretva, sotto i colpi dell'artiglieria croata. Un simbolo di convivenza prima, un simbolo della tragedia bosniaca poi. Ora il ponte è stato ricostruito in seguito ad una gara di solidarietà che molti hanno interpretato come 'vetrina' di una Comunità Internazionale capace di ricostruire infrastrutture ma non le basi della convivenza interetnica.

L'associazione culturale siracusana ":duepunti" ha dedicato al decimo anniversario una mostra on-line. "Dove i simboli sono divenuti strumenti o forme della barbarie, nell'orrore della pulizia etnica, nell'artificio delle frontiere, e persino nella retorica desolata della promessa di salvezza queste opere cercano nell'ordine simbolico una visione diversa delle cose" hanno spiegato i curatori dell'esposizione "alle cicatrici affiancano le tracce durevoli dei mutamenti in corso, l'intreccio dei rapporti amichevoli tra le persone, la sorpresa degli incontri, il calore dell'ospitalità, la bellezza 'nonostante tutto' dei luoghi".

Intanto Osservatorio sui Balcani, ripropone un'intervista dell'aprile scorso all'architetto francese Gilles Pequex, incaricato della definizione, coordinamento e supervisione degli studi per la ricostruzione del ponte di Mostar, poi dimessosi in polemica con i committenti, dove l'architetto mette in rilievo le contraddizioni della ricostruzione. Invece di fare in modo che la ricostruzione del ponte fosse un momento altamente simbolico anche di riavvicinamento tra le diverse comunità che attualmente abitano Mostar si è preferito optare per una vetrina dei donatori internazionali, interessati solo all'inaugurazione. Ed il ponte, come nota Paolo Rumiz in un recente articolo per La Repubblica, rischia di essere un'opera calata su un lutto non ancora rimarginato, a rischio di rigetto. [DS]

Altre fonti: ":duepunti"

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