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Balcani: a sei anni dalla guerra alla Jugoslavia
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'Un Ponte per' ricorda che il 24 marzo ricorrono ormai sei anni dalla prima 'Guerra Umanitaria' inaugurata dalla Nato contro i paesi dell'ormai, ex-Jugoslavia. "Non un dubbio sulla giustezza di quell'intervento è ancora arrivato a scuotere le coscienze macchiate di sangue di chi, anche nel nostro paese, ha appoggiato l'inutile guerra" - sottolinea l'associazione. "Decine di migliaia di rifugiati di tutte le etnie continuano a vivere ogni giorno sulla loro pelle le conseguenze della guerra, ma le uniche parole che arrivano in questi giorni dalle forze politiche sono tese alla riaffermazione della giustezza degli interventi armati. Quasi a voler di nuovo mostrare all'eterno alleato statunitense, il loro volto più affidabile".
L'associazione ricorda il proprio impegno "resta sempre quello di testimoniare una situazione drammatica mai risolta". "Invitiamo le forze politiche a partecipare alle nostre missioni, ad incontrare le famiglie costrette a far affidamento soltanto sulla nostra capacità di sensibilizzazione, a parlare con le donne che cercano di sopravvivere provando a vendere, grazie al nostro aiuto, i loro ricami, o a visitare negli ospedali i bambini vittime delle leucemie causate dall'uranio impoverito; bambini che non riusciranno mai ad essere salvati da medici che non hanno a disposizione nessuno strumento adatto".
E l'Osservatorio sui Balcani pubblica un'intervista a Veton Surroi, negoziatore a Rambouillet, in cui l'attuale presidente del partito d'opposizione ORA parla della situazione in Kosovo. E punta su alcuni temi chiave: decentralizzazione, dialogo con Belgrado, questione dello status.
"Dal punto di vista delle negoziazioni siamo allo stesso punto nel quale si era a metà 1998. Certamente la situazione è migliore: non c'è più la guerra, né rifugiati, e nemmeno distruzioni. Attendiamo una verifica sugli standard nei mesi prossimi. Se questa sarà positiva allora comincerà il processo. Verranno probabilmente stabiliti dei principi sui quali si baseranno le negoziazioni sullo status" - sottolinea Veton Surroi. "Come sapete uno di questi principi sarà che il Kosovo non può ritornare alla situazione che vi era prima del 1999. Il secondo principio, già formulato, è che il Kosovo non può essere diviso. Oltre a questi due principi ve ne saranno senz'altro un'altra decina, che formeranno il quadro delle negoziazioni. A quel punto tutti i diversi interessi saranno esplicitati. Le richieste formulate ai tempi della conferenza di Rambouillet saranno senza dubbio incluse in questi principi. Alla fine dell'anno avremo di fronte una situazione più chiara" - nota Surroi.
Intantgo nei giorni sorsi è stato proiettato a Gorizia RealitieS Kosova/o, documentario che parla delle minoranze spesso dimenticate realizzatio dalla giornalista e regista di Trieste Eva Ciuk. "Il Kosovo ha fatto parte in passato e formalmente fa tutt'ora parte dell'Unione Serbia e Montenegro ed ha una popolazione maggioritaria albanese. Il contrasto tra serbi ed albanesi ha caratterizzato la storia di quest'area geografica. E le altre minoranze sono sempre state vittime di questa polarizzazione. O eri dalla parte dei serbi, ed allora in un certo periodo subivi dagli albanesi, o eri dalla parte degli albanesi e subivi dai serbi. Molto spesso le persone che ho intervistato si definivano vittime di questa contrapposizione. Pur non desiderandolo erano obbligati a schierarsi, o da una parte o dall'altra" - nota la regista. "Anche negli ultimi 5 anni di amministrazione internazionale ci si sta focalizzando quasi esclusivamente sullo status giuridico futuro del Kosovo, questione molto cara sia a serbi che albanesi, ma si dimenticano le altre minoranze, i cui problemi non sono certo una priorità né per i serbi, né per gli albanesi e neppure per gli internazionali che ascoltano un po' i primi ed un po' i secondi. [GB]