Armi: cresce l'export italiano alla faccia della crisi

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Nel generale declino del "made in Italy" si distingue l'industria armiera che quest'anno colleziona autorizzazioni all'esportazione per quasi 1,5 miliardi di euro con un incremento del 16,18% ripetto all'anno scorso. In tre anni l'export di materiale bellico italiano è cresciuto di oltre il 60%. Sono i dati che emergono dalla Relazione della Presidenza del Consiglio relativa all'anno 2004 che Unimondo ha ricevuto in anteprima. Sette autorizzazioni del valore complessivo di oltre 700 milioni di euro, coprono quasi il 50% del totale. Due sono le principali: quella degli elicotteri NH-90 dell'Agusta verso la Norvegia per oltre 168 milioni di euro e quello della Mbda verso il Regno Unito per 170 milioni di euro (accordo siglato nel 2003 per la produzione in serie di sistemi terrestri e missilistici da parte di MBDA, un'azienda produttrice di missili in compartecipazione con Bae Systems, Eads, Finmeccanica). Da sole, queste due operazioni rappresentano il 22,73% del totale delle esportazioni definitive autorizzate.

 

La Relazione 2005 sull'export di armi (dal sito della Camera)

Tra i principali destinatari delle autorizzazioni all'esportazione, il Regno Unito si attesta al primo posto, con il 15,52% di autorizzazioni, seguito da Norvegia (13,36%), Polonia (8,89%), Portogallo (8,55%), Stati Uniti (6,50%), Grecia (5,74%), Malaysia (5,02%), Repubblica Ceca (3,73%), Svezia (3,31%) e Turchia (3,24%). La Relazione sottolinea che "fra le autorizzazioni rilasciate, oltre a non esserci alcun paese rientrante nelle categorie indicate nell'articolo 1 della legge (cioè Paesi in guerra, sotto embargo internazionale, responsabili di gravi violazioni dei diritti umani o altamente indebitati), il Governo ha mantenuto una posizione di cautela verso Paesi in stato di tensione". Ma nell'elenco compaiono paesi dove vi sono violazioni dei diritti umani tra cui Malaysia (5,02%) e Turchia (3,24%), stati in conflitto tra cui India (2,79%) e Pakistan e la Cina, nonostante il reiterato embargo da parte dell'Ue.

Il valore delle consegne effettuate nell'anno 2004 è di circa 480,27 milioni di euro (nel 2003 erano 629,6 milioni) un calo dovuto ai "tempi di consegna" in quanto i sistemi d'arma complessi richiedono tempo per essere prodotti e assemblati.

Dalla Relazione del ministero dell'Economia-Finanze si apprende poi l'incremento notevole delle transazioni bancarie che quest'anno raggiungono i 1317 milioni di euro, quasi raddoppiate rispetto allo scorso anno quando ammontavano a "soli" 722 milioni di euro. E nonostante la Relazione segnali come "problematica di alta rilevanza" l'atteggiamento assunto da buona parte degli istituti bancari nell'ambito della loro politica di responsabilità sociale d'impresa in risposta alle pressioni della società civile confluite nella campagna "banche armate", due banche italiane da sole ricoprono oltre il 60% delle autorizzazioni: si tratta di Banca di Roma e Gruppo bancario San Paolo Imi. Torneremo prossimamente sull'argomento riportando i commenti degli esponenti della società civile da anni impegnati per il controllo dell'export italiano di armi. [GB]

Approfondimento: Campagna Banche Armate

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