Amnesty: respinge le critiche del Vaticano sull'aborto

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Dure accuse del Card. Martino e pronta replica di Amnesty International. Il cardinale presidente del Pontificio consiglio 'Giustizia e pace' ha pronunciato dalla Radio vaticana la sua "ferma riprovazione" per quella che ha definito la "svolta abortista" compiuta da Amnesty International ed ha annunciato come "conseguenza inevitabile" la "sospensione di ogni finanziamento a Amnesty da parte delle organizzazioni ed anche dei singoli cattolici". "Le lobbies abortiste - sostiene il porporato - stanno continuando la loro propaganda, che si inquadra in quella che il Servo di Dio Giovanni Paolo II chiamava la 'cultura di morte', ed è estremamente grave che una benemerita organizzazione come Amnesty International si pieghi ora alle pressioni di tali lobbies". Il cardinale farebbe riferimento all'adozione, ad aprile, da parte di Amnesty International di "una propria policy su alcuni specifici aspetti riguardanti l'aborto", preceduta da una lunga consultazione internazionale tra le sezioni nazionali, i gruppi e i soci di Amnesty.

Pronta replica di Amnesty International che, dopo aver precisato "di non aver mai ricevuto finanziamenti dal Vaticano o da organizzazioni che dipendono dalla Chiesa Cattolica" informa il porporato che la recente policy adottata nel contesto della campagna "Mai più violenza sulle donne" intende "garantire l'accesso a servizi legali e sicuri di aborto a ogni donna la cui gravidanza sia dovuta a una violenza sessuale o a incesto o la cui gravidanza presenti un rischio per la sua vita o la sua salute". Nell'ambito di tale scelta, Amnesty chiederà agli Stati, fra l'altro, di "modificare o abrogare le leggi per effetto delle quali le donne possono essere sottoposte a imprigionamento o ad altre sanzioni penali per aver abortito o cercato di abortire".

La campagna "Mai più violenza sulle donne" - afferma Amnesty - "ha messo in luce la drammatica realtà di donne e bambine vittime di violenza sessuale e che subiscono ancora oggi le conseguenze della violazione dei loro diritti sessuali e riproduttivi". La policy adottata ad aprile "consentirà all'associazione di occuparsi di questioni specifiche riguardanti l'aborto, nella misura in cui queste sono direttamente legate alle attività di Amnesty International sul diritto alla salute e sulla violenza contro le donne".

In questo contesto Amnesty International chiederà agli Stati di "garantire che tutte le donne con complicazioni sanitarie derivanti da un aborto abbiano accesso a trattamenti medici adeguati, indipendentemente dal fatto che abbiano abortito legalmente o meno" e di "garantire l'accesso a servizi legali e sicuri di aborto a ogni donna la cui gravidanza sia dovuta a una violenza sessuale o a incesto o la cui gravidanza presenti un rischio per la sua vita o la sua salute".

Sulla base della policy adottata, Amnesty International specifica che "non intende giudicare se l'aborto sia giusto o sbagliato e che quindi non svolgerà campagne generali in favore dell'aborto o di una sua generale legalizzazione" e nemmeno "consiglierà a singole persone di proseguire o interrompere una gravidanza".

Amnesty nota inoltre che anche a riguardo di donne che hanno subito abusi sessuali "non prenderà posizione sul fatto che una donna debba o meno abortire, ma chiederà agli Stati di assicurarle la possibilità di ricorrere all'aborto in maniera sicura e accessibile e di prevenire gravi violazioni dei diritti umani correlate alla negazione di questa possibilità". "Naturalmente Amnesty proseguirà a opporsi a misure di controllo demografico coercitive come la sterilizzazione e l'aborto forzati" - conclude la nota dell'associazione. [GB]

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