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Amnesty: rapporto sulla pena di morte e sulla tortura
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Nel corso del 2004 sono state eseguite almeno 3797 condanne a morte in 25 paesi e ne sono state inflitte almeno 7395 in 64 paesi - riporta Amnesty International che ha reso noto ieri il Rapporto annuale sulla pena di morte nel mondo e ha chiesto alla Commissione dell'Onu sui diritti umani, riunita a Ginevra, di condannare la pena capitale come violazione dei diritti umani fondamentali. "Questi dati sono purtroppo solo la punta dell'iceberg. Il quadro effettivo è di difficile descrizione, in quanto molti paesi continuano a eseguire condanne a morte in segreto, contravvenendo agli standard delle Nazioni Unite che chiedono di rendere pubbliche le informazioni sulla pena capitale" - ha dichiarato Marco Bertotto, presidente della Sezione Italiana di Amnesty International.
Una manciata di paesi è responsabile della maggior parte delle esecuzioni registrate nel 2004. La Cina ha messo a morte almeno 3400 prigionieri ma secondo altre fonti la cifra reale sarebbe di circa 10.000 vittime. In Iran le esecuzioni sono state almeno 159, in Viet Nam almeno 64 e negli Usa 59, sei in meno rispetto al 2003. "Nonostante la tendenza mondiale verso l'abolizione, questi numeri evidenziano la perdurante necessità di un'azione coordinata della comunità internazionale per consegnare la pena di morte alla storia" - ha commentato Bertotto. "È allarmante notare che la maggior parte dei prigionieri messi a morte non ha avuto diritto a un processo equo e che molti di essi sono stati condannati sulla base di 'prove' estorte con la tortura".
Rapporto sulla pena di morte nel mondo 2004 (in inglese)
Nel 2004, Ryan Matthews è diventato il 115° condannato a morte degli Usa ad essere rimesso in libertà perché innocente. Era stato condannato nel 1999 in Louisiana per un omicidio commesso quando aveva 17 anni. Nell'aprile del 2004 un giudice federale ha annullato la condanna poiché la pubblica accusa aveva nascosto alcune prove alla giuria e l'esame del Dna aveva stabilito l'estraneità di Matthews all'omicidio. "Quello di Matthews e decine di altri casi analoghi negli Usa dimostrano che un sistema giudiziario infallibile, per quanto possa essere avanzato, non esiste. La pena di morte porta sempre con sé il pericolo di un errore fatale" - ha sottolineato Bertotto.
Mentre le esecuzioni proseguono, parallelamente avanza l'abolizione della pena di morte. Nel 2004 cinque paesi sono diventati abolizionisti per tutti i reati (Bhutan, Grecia, Samoa, Senegal e Turchia), facendo salire a 120, alla fine dell'anno, il numero degli Stati che hanno cancellato la pena di morte nella legge o nella pratica. Diversi altri paesi, pur mantenendo la previsione della pena di morte, hanno rispettato moratorie sulle esecuzioni. Una legge "sulla sospensione dell'applicazione della pena di morte" è stata approvata nel luglio scorso in Tagikistan, mentre nel gennaio di quest'anno il Kyrgyzstan ha annunciato l'estensione della moratoria, in vigore dal 1998, per altri dodici mesi. Tra i paesi che osservano una moratoria sulle esecuzioni figurano anche il Malawi e la Corea del Sud.
Amnesty International ha apprezzato la sentenza della Corte suprema degli Usa del marzo di quest'anno, che ha dichiarato incostituzionale l'uso della pena di morte nei confronti dei minori di 18 anni al momento del reato. Con questa decisione, tutti i paesi del mondo hanno formalmente rigettato l'applicazione della pena capitale per i minorenni. Tuttavia, secondo Amnesty International, esecuzioni di questo tipo continuano ad aver luogo: nel 2004, ne ha registrate una in Cina e almeno tre in Iran, cui occorre aggiungerne un'altra, sempre in Iran, all'inizio del 2005. "È davvero giunto il momento, per la Commissione Onu sui diritti umani, di affermare a chiare lettere che l'imposizione della pena di morte nei confronti di persone che avevano meno di 18 anni al momento del reato è contraria alle consuetudini del diritto internazionale" - ha affermato Bertotto.
Amnesty International ha inoltre accolto con favore la decisione di diversi governi, tra cui Turchia, Belgio, Irlanda e Turkmenistan, di adottare divieti costituzionali sulla pena di morte. "In questo elenco" - denuncia Bertotto - "manca purtroppo l'Italia che, pur guidando il movimento dei paesi abolizionisti e promuovendo iniziative a livello internazionale contro la pena di morte, deve ancora apportare una modifica all'art. 27 della Costituzione, che sollecitiamo da oltre dieci anni, e ratificare il Protocollo 13 alla Convenzione europea sui diritti umani che proibisce la pena di morte in qualsiasi situazione".
La Sezione Italiana di Amnesty International ha richiesto un incontro urgente a Nemer Hammad, Ambasciatore dell'Autorità Palestinese in Italia, per esprimere la propria preoccupazione per l'intenzione, manifestata dal presidente Mahmoud Abbas, di ripristinare le esecuzioni capitali. Nei bracci della morte palestinesi si trovano almeno 50 prigionieri, la maggior parte dei quali condannati tra il 1996 e il 2004 per omicidio e stupro, gli altri per collaborazionismo con le forze israeliane. A gennaio, appena dopo la sua elezione, il presidente Abbas ha sottoposto diversi casi di condannati a morte al Gran Mufti. Questi avrebbe suggerito di procedere all'esecuzione di almeno 5 prigionieri, giudicati colpevoli di stupro e omicidio. Dopo l'esecuzione, nel giugno 2002, di due uomini condannati per stupro e omicidio, l'Autorità Palestinese ha introdotto una moratoria di fatto, considerata da Amnesty International uno sviluppo positivo e in linea con la tendenza mondiale verso l'abolizione della pena di morte. Ora l'organizzazione per i diritti umani è preoccupata per la possibile ripresa delle esecuzioni.
E sempre Amnesty plaude all'approvazione, votata oggi dalla Camera dei Deputati, di un contributo italiano di 120.000 euro al Fondo Onu per le vittime di tortura, ma ricorda che l'Italia non ha ancora introdotto il reato di tortura nel codice penale né ha ratificato il Protocollo opzionale alla Convenzione dell'Onu. A 17 anni dalla ratifica di questa Convenzione e a un anno dall'approvazione dell'emendamento sulla "tortura reiterata", Amnesty International si appella ancora una volta al presidente del Consiglio Berlusconi e ai Presidenti di Camera e Senato perché colmino questo ritardo inaccettabile e portino l'Italia in linea con gli standard internazionali in materia di diritti umani. "Altrimenti, suonerà paradossale che il Governo e il Parlamento abbiano destinato 120.000 euro in favore delle persone che subiscono la tortura, senza aver trovato il tempo e la volontà di prevenire e punire la tortura nel nostro paese" - ha dichiarato Marco Bertotto, presidente della Sezione Italiana di Amnesty International. [GB]