Amnesty: in Italia xenofobia, razzismo, torture e violazioni dei diritti umani

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"Dietro alla crisi economica si cela un'esplosiva crisi dei diritti umani". Lo ha dichiarato Christine Weise, presidente della Sezione Italiana di Amnesty International presentando oggi a Roma il "Rapporto Annuale 2009" che descrive la situazione dei diritti umani nel 2008 in 157 paesi e territori del mondo. "La recessione ha aggravato le violazioni dei diritti umani, distolto l'attenzione da esse e creato nuovi problemi. Prima, i diritti umani erano messi in secondo piano in nome della sicurezza, ora in nome della crisi economica" - ha proseguito Weise.

"Il mondo ha bisogno di un nuovo tipo di leadership, di un new deal dedicato ai diritti umani: ha bisogno non di promesse di carta ma di azioni e impegni concreti per disinnescare la bomba a orologeria, di investire nei diritti umani quanto s'investe nell'economia. Miliardi di persone sono private di sicurezza, giustizia e dignità. La crisi che le colpisce ha a che fare con la mancanza di cibo, di lavoro, di acqua potabile, di terra e di alloggio ma anche con l'aumento di disuguaglianza, xenofobia, razzismo, violenza e repressione" - ha sottolineato Weise.

E proprio sui temi della xenofobia e del razzismo si concentra l'analisi di Amnesty per quanto riguarda l'Italia che secondo l'associazione "ha preso una pericolosa china razzista". "Le riforme del governo italiano sull'immigrazione sono di stampo discriminatorio e il paese è precipitato nell'insicurezza, che mette a repentaglio l'incolumità di molte persone e la reputazione internazionale dell'Italia" - ha commentato al riguardo la presidente della Sezione Italiana di Amnesty. L'associazione si riferisce esplicitamente all'insieme di proposte di modifica legislativa che riguardano l'immigrazione contenute nel cosiddetto "pacchetto sicurezza" e alle recenti prassi dei "respingimenti". "Amnesty International - si legge nella scheda del Rapporto sull'Italia aggiornata al maggio 2009 - ha sin dall'inizio guardato con estrema preoccupazione all'emergere di norme che, lungi dal rappresentare una pianificazione chiara e comprensibile della politica sull'immigrazione, hanno un impatto pericoloso sui diritti umani".

Anche per quanto riguarda la procedure di "detenzione temporanea" dei migranti, Amnesty sottolinea che "l'Italia non ha risolto la questione della legittimità della detenzione dei migranti e dei richiedenti asilo immediatamente dopo l'arrivo". Come sottolineato dal Gruppo di lavoro sulla detenzione arbitraria delle Nazioni Unite (Wgad), che ha visitato l'Italia nel novembre 2008, durante il primo periodo di permanenza nei centri dopo l'arrivo in Italia, i richiedenti asilo sono sottoposti a una detenzione de facto, priva di basi legali certe e di controllo giudiziario". "I richiedenti asilo giunti via mare sono stati detenuti anche per settimane prima di avere la possibilità di formalizzare la propria domanda" - aggiunge Amnesty.

In relazione alla recente prassi dei "respingimenti", il rapporto di Amnesty sottolinea che "venendo meno a una politica che le ha viste spendersi per la salvezza di vite umane nel Mediterraneo, nel 2009 le istituzioni italiane hanno mancato ai principi fondamentali dei diritti umani mentre esercitavano le proprie funzioni in mare". "Tra il 7 e l'11 maggio 2009, con una decisione senza precedenti, l'Italia ha condotto forzatamente in Libia circa 500 tra migranti e richiedenti asilo, senza alcuna valutazione sul possibile bisogno di protezione internazionale degli stessi e quindi violando i propri obblighi in materia di diritto internazionale d'asilo e dei diritti umani. (...). Considerato l'effettivo controllo che l'Italia ha potuto esercitare, seppur in zona extra-territoriale, sulle persone soccorse, essa sarà considerata responsabile di quanto accadrà ai migranti e ai richiedenti asilo riportati in Libia".

Circa i Rom, Amnesty richiama tra l'altro quanto affermato dall'Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti umani dell'Osce - "L'attuale stigmatizzazione dei rom e dei migranti in Italia è pericolosa, in quanto contribuisce ad alimentare tensioni e accresce le potenzialità di violenza" - e ribadisce che gli sgomberi forzati di rom condotti senza le necessarie garanzie "sono una violazione dei diritti umani, in particolare del diritto a un alloggio adeguato".

Il Rapporto denuncia inoltre che "a distanza di 20 anni dalla ratifica della Convenzione Onu contro la tortura (Cat) l'Italia resta priva di uno specifico reato di tortura nel codice penale". "Di conseguenza - sottolinea - gli atti di tortura e maltrattamenti commessi dai pubblici ufficiali nell'esercizio delle proprie funzioni vengono perseguiti attraverso figure di reato ordinarie (lesioni, abuso d'ufficio, falso etc.) e puniti con pene non adeguatamente severe e soggetti a prescrizione.

Amnesty fa esplicito riferimento alle recenti sentenze sui casi del luglio 2001 al G8 di Genova. Nella sentenza del tribunale per le violenze contro i manifestanti detenuti nella caserma di Bolzaneto 15 persone, tra cui agenti di polizia penitenziaria e medici, sono stati condannati in primo grado per le "condotte inumane e degradanti" che "avrebbero potuto senza dubbio ricomprendersi nella nozione di 'tortura' adottata nelle convenzioni internazionali". Anche la condanna in primo grado a 13 agenti di polizia per le violenze commesse contro i manifestanti alloggiati presso la scuola Armando Diaz "per calunnia e per fabbricazione di prove false" è improbabile che venga scontata a causa dell'intervento della prescrizione. "In questi anni la ricerca della verità non è stata agevolata dalle istituzioni coinvolte, né nell'ambito dei processi, né attraverso l'istituzione di strumenti di monitoraggio, quali una commissione indipendente o di una commissione parlamentare d'inchiesta" - denuncia Amnesty.

Infine, come già fatto negli ultimi due anni, Amnesty richiama l'Italia e gli altri Paesi europei a fare luce sul caso delle rendition illegali, che non sono ancora state condannate pubblicamente.

In occasione della presentazione del rapporto annuale Amnesty ha lanciato una nuova campagna di mobilitazione: "Io pretendo dignità". Con la campagna Amnesty vuole chiedere conto a livello nazionale e internazionale delle violazioni dei diritti umani che conducono alla povertà e la acuiscono. "Oggi noi pretendiamo dignità per i prigionieri della povertà, affinché possano cambiare la loro vita. La nostra campagna porterà i diritti umani al centro del dibattito sulla povertà e, quello che c'interessa ancora di più, al centro delle soluzioni per contrastare la povertà e per restituire la dignità a ogni essere umano" - ha concluso Weise. [GB]

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