Amnesty: “Il CNT chiarisca la morte di Gheddafi, la Libia ha bisogno di giustizia”

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"La morte del colonnello Gheddafi chiude un capitolo della storia di repressione e di violazioni dei diritti umani in Libia ma non ne costituisce la fine" - afferma Amnesty International in un comunicato diffuso ieri. "Il lascito di repressione e violazioni dei diritti umani sotto il regime del colonnello Gheddafi non avrà fine se non quando saranno accertate le responsabilità per quanto accaduto in passato e fino a quando i diritti umani non saranno inclusi nelle nuove istituzioni libiche" - ha dichiarato Hassiba Hadj Sahraoui, vicedirettrice di Amnesty International per il Medio Oriente e l'Africa del Nord.

"La morte del colonnello Gheddafi non deve far desistere le sue vittime in Libia dal cercare giustizia. I numerosi responsabili di gravi violazioni dei diritti umani commesse durante e prima la rivolta di quest'anno, tra cui il vergognoso massacro del 1996 nella prigione di Abu Salim, devono rispondere dei loro crimini" - ha aggiunto Sahraoui. "Le nuove autorità devono prendere completamente le distanze dalla cultura abusiva perpetuata dal regime di Gheddafi e avviare le riforme in materia di diritti umani che sono urgentemente necessarie nel paese".

Amnesty International ha chiesto al Consiglio nazionale di transizione di rendere noto come il colonnello Gheddafi sia morto e di informare in modo esaustivo la popolazione libica. "È essenziale - sottolinea l'organizzazione per i diritti umani - svolgere un'inchiesta approfondita, indipendente e imparziale che chiarisca le circostanze della morte del colonnello Gheddafi". Amnesty ha inoltrechiesto al Consiglio nazionale di transizione di assicurare che tutte le persone sospettate di aver commesso violazioni dei diritti umani e crimini di guerra, compresi i più stretti collaboratori del colonnello Gheddafi e i suoi familiari, siano trattate umanamente e, in caso di cattura, siano sottoposte a un processo equo.

“Le nuove autorità devono girare completamente pagina rispetto alle violazioni degli ultimi quattro decenni e introdurre nuovi standard per porre i diritti umani al centro della loro agenda” - aveva dichiarato Claudio Cordone di Amnesty International presentando un recente rapporto dell'associazione in sui si denuncia che durante il conflitto le forze pro-Gheddafi hanno commesso crimini di diritto internazionale su vasta scala, ma - come già in precedenza - si accusano anche le forze leali al Cnt di violazioni dei diritti umani che in alcuni casi si configurano come crimini di guerra.

In un rapporto diffuso nei giorni scorsi dal titolo "Sulla nuova Libia, la macchia degli abusi sui detenuti", Amnesty International ha rivelato un quadro di percosse e maltrattamenti nei confronti di soldati dell'esercito di Gheddafi, presunti lealisti e sospetti mercenari nella Libia occidentale. In alcuni casi, sono state riscontrate evidenti prove dell'uso della tortura per estorcere confessioni o per punire i detenuti. Amnesty International ha sollecitato le nuove autorità libiche a porre fine alle detenzioni arbitrarie e ai diffusi abusi ai danni dei detenuti. "Il rischio è che, senza un'azione ferma e immediata, il passato possa ripetersi. Gli arresti arbitrari e la tortura erano una costante del regime del colonnello Gheddafi" - ha dichiarato Hassiba Hadj Sahraoui di Amnesty International. "Siamo consapevoli delle molte sfide che le autorità di transizione stanno affrontando, ma se non si spezzano i legami col passato in questo momento, daranno il segnale che nella nuova Libia trattare i detenuti in questo modo sarà tollerato".

Dalla fine di agosto, le milizie armate hanno arrestato e imprigionato circa 2500 persone a Tripoli e al-Zawiya. Secondo Amnesty International, questi provvedimenti sono stati eseguiti quasi sempre in assenza di un mandato di cattura e del coinvolgimento della Procura generale. I detenuti sono posti nelle mani di consigli locali civili o militari o di brigate armate, lontano dalla supervisione del ministero della Giustizia. Amnesty International ha intervistato circa 300 detenuti tra agosto e settembre in 11 centri di detenzione di Tripoli e al-Zawiya. A nessuno di loro era stato esibito un mandato di cattura e molti erano stati portati via dalle loro abitazioni da persone che non si erano identificate e che erano alla caccia di presunti combattenti o lealisti di Gheddafi. [GB]

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