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Alghe in aumento nell’Artico, tra vincitori e perdenti
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Foto: Unsplash.com
L’Artico si sta fondendo e dalla scomparsa dei ghiacci emerge un mondo subacqueo inaspettato, popolato da una presenza che negli ultimi anni è diventata sempre più controversa e dibattuta: quella delle alghe. Lo hanno scoperto alcuni ricercatori che hanno esplorato le coste canadesi nella baia di Hudson, rivelando un letto marino fino ad allora non ancora mappato. Dalla Saccharina latissima – che detta così ci dice poco, ma si tratta della nota alga kombu (o fuco di zucchero) – alla Laminaria solidungula all’Agarum clathratum, un’alga marrone che da un lato gioca un ruolo ecologico importante nell’ecosistema marino, ma dall’altro può causare anche rilevanti problemi di inquinamento quando si ammassa lungo le rive… le alghe stanno occupando nuovi spazi.
L’area intorno all’isola di Southampton non era ricca di vegetazione, anzi. Distese di bianco ghiaccio, e basta. Eppure, le acque che esso ricopriva pullulavano di colori e di vita, non solo vegetale: intorno alle alghe i ricercatori hanno individuato stelle marine, colonie di gamberetti e altri crostacei che hanno trovato il loro habitat in vere e proprie foreste subacquee con alghe che raggiungono i 10 metri. Uno scenario che ai ricercatori ha ricordato le foreste d’alghe della California, che però stanno subendo un destino peggiore: la loro salute sta peggiorando a vista d’occhio a causa del surriscaldamento degli Oceani. Un fenomeno che fino ad ora ha risparmiato le coste canadesi e che ha permesso alle alghe e alla vita intorno alla baia di Southampton (estendendosi a nord fino alla Baia di Baffin) di prosperare.
Una tendenza controcorrente che inevitabilmente incrocia varie questioni: dalle conseguenze dei cambiamenti climatici alla tutela della biodiversità al ruolo stesso delle alghe, che sta diventando sempre più cruciale nell’assorbimento del carbonio, nel costituire habitat specie-specifici, nell’essere fonte di cibo e biocarburante. Una scoperta avvenuta nel 2019 all’interno di un progetto di ricerca finanziato dal Governo canadese (ArcticKelp Canada) con il duplice obiettivo di mappare l’estensione delle alghe nell’Artico e di determinarne il destino in relazione ai cambiamenti climatici e che, in seguito ai risultati ottenuti, ha avviato una sorta di “corsa all’alga” degli scienziati che lavorano in tutta l’area dell’Artico. Già, perché anche se la regione conta oltre 1/3 delle coste mondiali, generalmente non è inclusa nelle mappe che tracciano la presenza di alghe a livello globale, nonostante testimonianze risalenti alla seconda metà dell’800, come per esempio quella del 1850 del glaciologo danese Rink o quella del 1870 del botanico svedese Kjellman, ne segnalassero già la presenza e nonostante gli Inuit che popolano quelle zone le raccolgano per il consumo alimentare.
Una presenza che sul lato norvegese è addirittura in aumento, come segnalato da un trend rilevato dai ricercatori dagli anni 90’ fino al 2016 (ma anche da altri studi in Groenlandia) e che sembrerebbe assecondare la proiezione di alcuni ecologi marini (Krause-Jensen e Duarte) che sostengono che, se i cambiamenti climatici stanno drasticamente falciando le foreste di alghe nelle zone equatoriali, la fusione dei ghiacci artici sta invece agevolandone lo sviluppo grazie alla maggiore quantità di luce che raggiunge le aree subacquee. Un lavoro sparpagliato su più aree i cui risultati gli studiosi hanno recentemente raccolto e condiviso in un unico paper, arrivando alla conclusione che nella maggior parte dei siti artici presi in considerazione si sta effettivamente assistendo a un aumento, per estensione e profondità, della presenza di alghe. Un fenomeno in linea con quello conosciuto come “borealizzazione” o “Arctic greening”, che descrive lo spostamento verso nord di specie animali e vegetali come conseguenza del surriscaldamento della regione (si calcola una diminuzione del ghiaccio Artico pari al 13% per decennio e un surriscaldamento di quest’area 3 volte maggiore di quello globale).
Un cambiamento di tale portata negli equilibri ecosistemici genera inevitabilmente vincenti e perdenti: una buona notizia per quelle specie che hanno eletto il proprio habitat (che garantisce cibo e protezione) proprio nelle foreste di alghe e un’opportunità anche per noi umani, per i quali le alghe sono fonte di nutrimento ma anche alleate nell’assorbimento del carbonio. Non possiamo cantare vittoria però. Perché questo fenomeno è al contempo anche una pessima notizia, che ci sbatte in faccia la verità dei cambiamenti climatici: ghiacci che si sciolgono, specie che scompaiono perché per loro non esiste “un posto più a nord” – e quindi più freddo – dove migrare (un esempio su tutti, gli orsi polari, che stanno drasticamente perdendo il loro ambiente di naturale sviluppo), ma anche le difficoltà per le comunità locali (gli Inuit stessi usano il ghiaccio per spostarsi tra i villaggi e cacciare) e l’evidente impossibilità di affidarsi alle alghe per il sequestro di tutto il carbonio che produciamo e che influisce pesantemente sull’avanzamento del surriscaldamento globale.
Una stagione d’oro per le alghe che purtroppo però porta già in sé i semi della propria sconfitta: lo scioglimento del permafrost, l’innalzamento del livello dei mari e altre conseguenze dei cambiamenti climatici sono sintomi di un futuro incerto e opaco, senza contare l’aumento dei traffici navali che non garantiscono affatto una florida espansione delle alghe, anzi. Certo gli scienziati non possono predire il futuro, ma che ci siano in atto cambiamenti irreversibili e pericolosi ce lo dicono da anni. E questa è “solo” un’altra storia che ce lo dimostra.
Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.