Africa: la guerra delle spie

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Fin dagli anni '60, l'Africa è stata teatro di "guerre di spie", tra il blocco orientale e occidentale, ma anche all'interno dello stesso campo. Si pensi solo alla competizione tra Unione Sovietica e Cina, che proprio in Africa ha visto Pechino affiancarsi al campo occidentale negli anni '70.

Ma anche ai tragici avvenimenti del Congo (poi Zaire e oggi Rd Congo) degli anni '60, quando le potenze europee (Belgio e Francia) sostenevano la secessione katanghese, mentre gli Stati Uniti propendevano per un Congo unito e sotto la loro influenza. Oppure ancora al tentativo secessionista del Biafra, appoggiato dalla Francia gollista e dal Portogallo, contro il gigante "anglofono" nigeriano.

Da questi accenni, si può intuire che le principali attività in Africa dei servizi segreti delle varie potenze, piccole e grandi, riguardavano le attività paramilitari e le azioni clandestine più che la raccolta di informazioni. I soldati di questa guerra segreta erano soprattutto africani, spesso ignari delle vere poste in gioco nei conflitti che andavano a combattere.

I diversi regimi locali, sostenuti dall'uno o dall'altro campo, ricevevano aiuti per costituire apparati di sicurezza interni al fine di tenere sotto controllo la popolazione. Cia statunitense, Kgb e Gru sovietici, Stasi tedesco-orientale, Dgi cubano, Dst, Sctip (Service de coopération technique internationale de police) e Sdece (poi Dgse) francesi, MI6 britannico, Mossad e Shin Bet israeliani, Dipartimento delle relazioni inernazionali del Partito comunista cinese e, nel loro piccolo, i servizi italiani (vedi Somalia), erano i servizi più impegnati nell'intessere reti e contatti nel continente, anche attraverso l'addestramento e l'equipaggiamento degli apparati di sicurezza locali.

Sul finire degli anni '70, i francesi organizzarono addirittura un'alleanza tra servizi segreti per combattere l'influenza sovietica e cubana nel continente. Il conte Alexandre De Marenches, capo dello Sdece (com'era chiamato all'epoca il servizio di spionaggio estero di Parigi), creò infatti il cosiddetto "Safari club" che riuniva i servizi di Marocco, Egitto, Arabia Saudita, Iran (c'era ancora lo Scià, anche se per poco), la cui azione principale si dispiegò nell'allora Zaire durante i fatti katanghesi del 1977-78.

Con la fine della guerra fredda, l'interesse dei due blocchi verso l'Africa è diminuito e con esso gli aiuti economici che tenevano in piedi amministrazioni corrotte e inefficienti. Negli anni '90, la parabola di diversi stati africani sembra aver raggiunto il suo corso. Alcuni paesi hanno perso ogni forma di stato unitario (Somalia), altri hanno visto lo stato ridotto a feudo personale del tiranno di turno.

Di conseguenza, anche le diverse componenti delle amministrazioni pubbliche sono al collasso. Tra queste vi sono i servizi di intelligence statali, spesso sostituti da strutture spionistiche delle varie guerriglie che si disputano il controllo del territorio. Servizi di intelligence nazionali che conservano un qualche grado di efficienza si trovano, quindi, solo dove lo stato è ancora presente (Sudafrica, paesi nordafricani e, in misura minore, Sudan e Nigeria), oppure dove le scarse risorse statali sono state dirottate verso la sicurezza del regime (Zimbabwe, Uganda, Ruanda).

IL CASO RUANDA

Il Ruanda è un caso esemplare. L'attuale presidente Paul Kagame, che ha avuto una formazione militare negli Stati Uniti (ha seguito corsi di tattica militare e spionaggio presso l'Us Army Command and General Staff College di Fort Leavensworth), è stato per un certo periodo un consigliere militare del presidente ugandese Yoweri Museveni, per poi prendere le redini del Fronte patriottico ruandese (Fpr), il movimento di guerriglia tutsi che conquistò il potere all'indomani del genocidio del 1994.

Il Ruanda di Kagame è ora sotto il ferreo controllo del Directorate of Military Intelligence (Dmi) costituito dai quadri usciti dalla guerriglia. Il Dmi controlla il cosiddetto "network", una rete di spie estesa a tutti i paesi limitrofi con il compito di sorvegliare e, se necessario, eliminare fisicamente i nemici del regime.

Questo piccolo paese ha avuto un ruolo di primo piano nel provocare la caduta del regime di Mobutu nello Zaire (1997), grazie al sostegno offerto alla guerriglia guidata da Laurent-Désiré Kabila. I ruandesi non agivano però da soli. Con l'arrivo al potere del Fpr a Kigali, infatti, l'intelligence statunitense ha creato in Ruanda un'importante testa di ponte nel cuore dell'Africa.

Wayne Madsen, un ex dipendente della Nsa (National Security Agency, l'ente per lo spionaggio elettronico americano), divenuto giornalista investigativo, afferma, nel suo libro Genocide and Covert Operations in Africa 1993-1999, che agenti della Dia (lo spionaggio militare americano) hanno preparato il terreno per la guerriglia antimobutista.

Accanto agli ufficiali americani sono intervenuti esperti della Mpri (Military Professional Resources Inc.), una delle principali società di mercenari statunitensi, che ha profondi legami con l'intelligence di Washington.

L'uso di società private è infatti uno degli aspetti più importanti emersi duranti gli anni '90. Spesso i servizi americani e inglesi, invece di agire in prima persona, "suggeriscono" ai governi amici di rivolgersi a società di consulenza militare per organizzare le proprie forze armate e i propri servizi di sicurezza.

Queste imprese sono considerate da Washington e Londra uno strumento strategico, al pari dei servizi statali. Tant'è vero che la nota impresa sudafricana che gestiva mercenari, Executive Outcomes, è stata chiusa, su pressione americana, per togliere di mezzo un fastidioso concorrente.

La Francia fa ancora fatica a integrare le compagnie militari private nella sua strategia di intervento in Africa. Questo dipende, almeno in parte, dal fatto che i servizi francesi sono ancora legati alla politica dei "reseaux africani", reti di affari e di amicizie politiche, promosse da personaggi come Foccart ("monsieur Afrique", che ha dato vita al sistema dei rapporti incestuosi tra politici francesi e africani) o Marchiani (il faccendiere corso collegato all'ex ministro Charles Pasqua).

Queste reti hanno lo scopo soprattutto di promuovere interessi di parte (di questo o quel politico) e spesso sono in concorrenza tra loro. Risulta quindi più difficile per Parigi (e per i suoi servizi) definire e attuare una strategia coerente di vasto respiro. Anche se la società petrolifera Elf, che è concepita come un servizio segreto moderno a vocazione economico-politica e anche paramilitare (vedi guerra del Biafra, e le guerre civili nel Congo-Brazzaville degli anni '90), è molto abile a proteggere gli interessi petroliferi francesi in Africa.

Va ricordato che la Elf è nata nel 1965 su ispirazione di De Gaulle. L'uomo incaricato di dare vita alla nuova società era Pierre Guillamaut, fondatore dei servizi gollisti durante la seconda guerra mondiale, e fin dall'inizio diversi quadri dirigenti della compagnia provenivano dai servizi segreti "ufficiali". Nel 2000 Elf si è fusa con Total, ma la vocazione spionistica è rimasta.

La recente guerra nell'Rd Congo (1998-2002), non ancora del tutto spenta, dimostra che lo scopo dei servizi occidentali in Africa è rimasto quello di controllare le risorse. Non si tratta più di impedire ai sovietici la conquista di paesi chiave (come l'Angola), ma di spartirsi le risorse tra paesi e imprese occidentali.

In questo senso, è corretto interpretare alcuni conflitti africani come guerre per procura tra Stati Uniti e Francia, anche se questa interpretazione è viziata dal fatto che non tiene conto degli interessi di altri attori (gli stessi stati africani, le multinazionali, i network affaristici criminali⅀).

Un esempio di questi intrecci è la morte di Laurent-Désiré Kabila, ucciso nel gennaio 2001 da una sua guardia del corpo. L'assassinio a Kinshasa del presidente congolese doveva essere il segnale per un golpe attuato da reparti mobutisti schierati nella vicina Brazzaville.

Nel complotto sarebbe stata implicata la Dia americana e l'amministratrice della filiale locale di una banca sudafricana, che avrebbe gestito parte dei fondi della cospirazione. Questa donna, di nazionalità americana ma di origine israeliana, aveva come autista un ex sergente della guardia d'élite di Mobutu, addestrato da esperti israeliani.

Il ruolo di Israele è comunque ambiguo, perché Kabila aveva concesso il monopolio dell'acquisto di diamanti alla società israeliana Idi Diamonds (alcuni commercianti libanesi di gemme congolesi sono infatti accusati di aver fatto parte del complotto per eliminare la concorrenza israeliana). La Dgse francese aveva inserito tra i golpisti un suo agente, e Parigi, pur non avendo potuto (o forse voluto) salvare la vita di Kabila, ha avuto un ruolo nell'impedire la presa del potere con la forza degli ex mobutisti.

USA VERSUS FRANCIA

Lo scontro sotterraneo in Africa tra Francia e Stati Uniti si è arricchito di recente di due episodi di disinformazione. Uno è il "Nigergate" (il presunto acquisto di uranio in Niger da parte dell'Iraq, rivelatosi poi una colossale "bufala". Alcuni esponenti americani sono convinti che la "bufala" sia partita da Parigi e transitata in Africa.

Il tutto allo scopo di mettere in imbarazzo l'amministrazione Bush), l'altro riguarda l'affaire dell'aereo carico di mercenari bloccato in Zimbabwe all'inizio di marzo. I mercenari sono accusati di aver fatto parte di un complotto per rovesciare il presidente della Guinea Equatoriale, Teodoro Obiang Nguema.

Tutta l'operazione sarebbe stata seguita da vicino dai servizi sudafricani e dello Zimbabwe, che all'ultimo momento avrebbero fatto fallire il complotto. Lo Zimbabwe ha accusato la Cia e i servizi inglesi e spagnoli di aver organizzato un golpe contro il presidente Nguema.

Secondo alcune fonti, anche i servizi francesi erano coinvolti a fianco di quelli dei due paesi africani. Sorge il dubbio che tutta la vicenda fosse una montatura per danneggiare gli interessi dell'industria petrolifera americana in Guinea Equatoriale, a beneficio della solita Total-Elf⅀

L'11 settembre 2001 ha rappresentato una parziale svolta nella politica delle grandi potenze verso l'Africa. Le aree di instabilità come la Somalia rappresentano un pericoloso terreno di cultura dell'estremismo. Si è così parzialmente frenata la corsa alla distruzione dello stato africano, ma invece di rafforzare i servizi sociali, si potenziano i servizi di sicurezza. Le esigenze reali degli africani sono ancora una volta ignorate.

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Spionaggio elettronico

Anche in Africa le grandi potenze dispiegano le loro centrali di ascolto elettronico. Stati Uniti: Eritrea (stazione congiunta con Israele nelle isole Dahlak), Etiopia, Gibuti, Uganda (Kabale, Galangala Island, Ssese Islands), Isola di Ascensione, Botswana (base aerea di Mapharangwane), Ruanda (Kigali), S㣀o Tomé e Principe (Pinheiro); infine un'importante base di ascolto è in costruzione in Algeria (nelle vicinanze di Tamanrasset, 3.550 km a sud di Algeri).

Francia: Bouar (Repubblica Centrafricana), Gibuti, Mayotte, La Réunion. Gran Bretagna: Zambia (Lusaka).
Il Sudafrica collabora dai tempi dell'apartheid con i servizi di intelligence elettronica di Usa e Gran Bretagna (Nsa e Gchq). La base nei pressi di Simon's Town è dotata infatti di apparati forniti dagli Stati Uniti.

Pretoria mantiene centri di ascolto nelle isole Comore, in Malawi (Lilongwe) e nella Guinea Equatoriale (Malabo). Un ultimo dato: l'Europa e l'India sono connesse con un cavo sottomarino di fibre ottiche che circumnaviga l'Africa. È noto che lungo questo cavo sono dislocate alcune stazioni di ricezione e ritrasmissione del segnale. Non è fuori luogo pensare che qualcuno sia in ascolto lungo il percorso.

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Incidenti e attentati sospetti

Il 17 settembre 1961 il segretario generale delle Nazioni Unite, Dag Hammarskjold, muore in un incidente aereo poco prima di atterrare a Ndola, nell'allora Rhodesia settentrionale (ora Zambia). Hammarskjold stava mediando nel conflitto per la secessione del Katanga. Nel 1998, la Commissione per la verità e la riconciliazione del Sudafrica ha pubblicato alcuni documenti che chiamerebbero in causa i servizi inglesi e americani.

Nel 1986, muore in un incidente aereo il presidente del Mozambico, Samora Machel. Si sospetta un attentato dei servizi sudafricani, con la complicità di alcuni uomini del regime mozambicano.

Il 6 aprile 1994, l'aereo con a bordo il presidente ruandese Juvénal Habyarimana, e quello del Burundi, Cyprien Ntaryamira, è abbattuto nei cieli di Kigali. I missili impiegati sono dei Sam 16 di fabbricazione russa, forse di provenienza ugandese (come dice l'inchiesta avviata dalla magistratura francese), forse sequestrati dalle forze occidentali in Iraq dopo la guerra del Golfo del 1991.

In questo caso, sarebbero armi perfette per nascondere le tracce di chi ha voluto l'attentato che ha dato l'innesco al genocidio ruandese. Secondo l'ex ministro francese della difesa, Fran㧀ois Léotard, i servizi di Parigi hanno in mano intercettazioni radio che proverebbero le responsabilità nell'attentato dell'Fpr di Paul Kagame.

da Nigrizia

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