Africa Subsahariana: dove l’omofobia è legge

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Nell’Africa Sub Sahariana l’omofobia è legge (come in Russia). È quanto emerge dal nuovo rapporto di Amnesty InternationalQuando amare diventa un reato. La criminalizzazione degli atti tra persone dello stesso sesso nell’Africa subsahariana” (.pdf). Presentato il 25 giugno 2013 negli USA, il documento denuncia il pericoloso livello raggiunto dall’omofobia in alcuni paesi africani, dove gli attacchi e le persecuzioni nei confronti delle persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuate (Lgbti) si fanno sempre più evidenti.

 In Sud Sudan, Burundi, Uganda, Liberia e Nigeria come in Kenya, Sudafrica e Camerun qualsiasi atto omosessuale subisce attualmente l'imposizione di pene severe che arrivano a contemplare persino la pena di morte.

 “Ma nessuna persona nel 2013 dovrebbe essere aggredita o uccisa perché è attratta da un’altra persona o condivide con lei una relazione intima. Questi attacchi devono essere fermati” ha dichiarato Widney Brown di Amnesty International. “Troppe volte, le aggressioni a singole persone o gruppi sono alimentati da importanti leader politici o religiosi i quali, invece, dovrebbero usare la loro posizione per combattere la discriminazione e promuovere l’uguaglianza”.


Il rapporto di Amnesty International che esamina le disposizioni di legge vigenti in ciascun paese dell’Africa subsahariana e come esse incidano negativamente sulle persone Lgbti africane contiene numerose interviste e documenti inediti che mettono in luce la difficoltà 
di vivere quotidianamente tra discriminazione e minacce. Ne emerge che l’omosessualità, spesso descritta dai giudici come un insieme di “atti carnali innaturali” o di “azioni contro l'ordine naturale”, se escludiamo dodici Paesi africani in cui non c’è una normativa specifica che la vieti, è oggi un reato in 38 paesi dell'Africa subsahariana.

 “Negli ultimi cinque anni, Sud Sudan e Burundi hanno introdotto nuove leggi che puniscono gli atti tra persone dello stesso sesso. I parlamenti di Uganda, Liberia e Nigeria stanno esaminando leggi che prevedono l'aumento delle pene esistenti e la situazione non è migliore in Uganda, Kenya, Sudafrica e Camerun” ha spiegato Brown.



Stando a quanto riportato in nel rapporto in Uganda, nel 2010, il settimanale Rolling Stone pubblicò in prima pagina una foto di David Kato, attivista per i diritti delle persone Lgbti, col titolo “Impiccatelo!”. Un mese dopo, venne ucciso nella sua abitazione. In Kenya, non è raro che la polizia minacci di eseguire un arresto sulla base delle norme del codice penale che vietano relazioni tra persone dello stesso sesso solo per estorcere una tangente e per non rivelare particolari reali o persino non veritieri ai mezzi d'informazione, alla comunità di appartenenza o alle autorità.



 In Sudafrica la situazione è ancora più critica anche se la patria di Madiba è stato il primo Paese africano ad aver dichiarato fuorilegge nella sua Costituzione la discriminazione su base sessuale. Amnesty International ha, infatti, più volte denunciato un livello costantemente alto di stupri correttivi” e omicidi di persone Lgbti anche se le relazioni tra persone dello stesso sesso non sono un reato (tra giugno e novembre 2012 almeno sette persone, cinque delle quali lesbiche, sono state uccise).

 Analogamente in Camerun vengono regolarmente arrestate persone denunciate alle autorità in quanto gay o lesbiche a causa dell'apparenza o di semplici congetture. Alcune persone accusate di atti tra persone dello stesso sesso sono in carcere da tre anni senza accusa né processo. Ex detenuti hanno riferito ad Amnesty International di essere stati picchiati e sottoposti a procedure irrispettose, come ad esempio essere costretti a esami rettali.



Al momento ha assicurato Borwn “Anche nei Paesi in cui le leggi che criminalizzano le persone Lgbti non sono applicate, la loro esistenza consente alle forze di polizia di fare ricatti o estorsioni nei loro confronti”. È evidente che per questa minoranza non tutelata, “La semplice esistenza di leggi che considerano reato le relazioni tra persone dello stesso sesso, a prescindere dalla loro applicazione, diffonde un messaggio pericoloso: cioè che le persone Lgbti sono criminali che non hanno alcun diritto” ha sottolineato Brown. “Queste leggi velenose devono essere cancellate e i diritti umani di tutti gli africani e di tutte le africane devono essere rafforzati”. Forse anche per questo l’indagine di Amesty è uscita pochi giorni prima della partenza di Obama per l’Africa, nella speranza che il presidente a stelle e strisce, almeno nei colloqui privati, non taccia su questo fenomeno con quei Governi che sono impegnati con normative sempre più punitive contro omosessuali, bisessuali e trans gender.
 “Il suo silenzio sarebbe visto come l’indifferenza alla loro sofferenza”, ha sostenuto Adotei Akwei di Amnesty International USA, in una dichiarazione che ha accompagnato la presentazione del rapporto.

“È arrivato il momento - ha concluso Borwn - che gli stati africani pongano fine alla demonizzazione delle persone a causa del loro orientamento sessuale o della loro identità di genere. I diritti umani hanno a che fare con la dignità e l’uguaglianza di tutte le persone e riconoscere che i diritti delle persone Lgbti sono parte integrante della lotta per i diritti umani significa assumersi la responsabilità di proteggerle, e non di perseguitarle”. Per Amnesty, inoltre, la criminalizzazione e la negazione dei diritti gay “rappresenta l’espediente di governi e leader politici per spostare l'attenzione da altre forme dilaganti di discriminazione come la negazione della libertà di stampa, la violenza sulle donne, la corruzione o lo sfruttamento delle risorse delle comunità locali”. Una possibilità quest’ultima non remota per l’Africa, visto che al momento l’unica cosa annunciata da Obama (se escludiamo il suo tweet #LoveIsLove) è il ”Power Africa” un piano da 7 miliardi di dollari destinato, in cinque anni, a facilitare l’accesso all’energia elettrica nell’Africa subsahariana. Sulla carta un buon progetto. “Power Africa - si legge, infatti, in un comunicato della Casa Bianca ripreso dal Dailygreen - punta a sfruttare l’enorme potenziale energetico dell’Africa, che include nuove scoperte di vaste riserve di gas e petrolio, sul potenziale sviluppo delle energie pulite geotermiche, eoliche, idriche e solari”. I paesi più coinvolti nell’ambizioso piano USA sono Etiopia, Ghana, Kenya, Liberia, Nigeria e Tanzania, i quali stanno aumentando con il loro sviluppo la richiesta interna di energia elettrica. Ma sarà una nuova forma di aiuto o una nuova forma di colonialismo? Il rischio di puntare ancora sulla costruzione di improbabili dighe e pericolosi pozzi petroliferi cancellando i diritti non solo della comunità gay, ma di intere popolazioni sembra ad oggi più che realistico.

Alessandro Graziadei

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