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Afghanistan: ucciso un parà, Dell'Olio "rivedere l'intervento nelle zone di crisi"
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Un paracadutista della Folgore, il caporal maggiore Alessandro Di Lisio, è morto e altri tre militari italiani sono rimasti feriti ieri a circa 50 chilometri a nordest di Farah, in Afghanistan, quando una pattuglia della Folgore e del Primo Reggimento Bersaglieri è stata attaccata con un ordigno esplosivo posizionato lungo la strada. L'esplosione dell'ordigno ha coinvolto il primo mezzo della pattuglia e Di Lisio è morto per le ferite riportate subito dopo essere stato trasportato all'ospedale militare di Farah.
In Afghanistan il numero di attacchi è "significativamente aumentato, del 25-30 per cento rispetto al 2008", secondo quanto aveva riferito uno dei responsabile della unità della Nato che si occupa specificamente di queste bombe - riporta Peacereporter citando il 'New York Times'. Il quotidiano americano, citando fonti militari statunitensi, afferma che 46 marine Usa sono stati uccisi dalle bombe in Afghanistan nel 2009, mentre oltre 1.200 soldati stranieri sono stati uccisi in Afghanistan dall'inizio delle operazioni contro i talebani nel 2001. La maggior parte di queste bombe artigianali, fatte con fertilizzanti, diesel e proiettili di mortaio, vengono spesso piazzate dagli abitanti dopo aver ricevuto somme in denaro dai talebani.
"Non ci sono parole che bastino a dire il dolore per ogni vita umana che venga sottratta all'affetto, ai sogni, ai progetti, alla vita. Non ci resta che alzarci in piedi davanti ad Alessandro Di Lisio, 25 anni, come tanti altri arruolatosi perché il pane uno se lo deve guadagnare e se non ci sono altre strade va pure militare - scrive Tonio dell'Olio, responsabile settore internazionale di Libera. A lui, alla sua famiglia, ai suoi amici la prima parola che vorremmo dire è quella dell'abbraccio senza vincoli. Lo stesso che, a saperlo, avremmo dato agli afghani che oggi sappiamo uccisi a migliaia per ordine dell'amministrazione Usa nel 2001".
Ma - aggiunge Dell'Olio in un altro commento su Mosaico di Pace - "otto lunghissimi anni in Afghanistan avrebbero dovuto essere sufficienti a far comprendere che la presenza in armi in quel Paese da parte dell’occidente non solo non è utile a nessuno ma rischia di diventare dannosa o tragica per tutti. Se dopo otto anni ci ritroviamo a piangere la morte di un altro giovane e il sentimento del dolore si mescola a quello della rabbia, significa che la pressione militare non può essere l’unica risposta o che quanto meno da sola si rivela insufficiente".
"Il corpo senza vita di Alessandro, 25 anni e tanta voglia di vivere, - continua Dell'Olio - ci urla di rivedere le nostre risposte e gli strumenti del nostro intervento e della nostra presenza nelle zone di crisi del mondo. La risposta del ministro della Difesa è vecchia, superata dai fatti, paradossale. Non si può pensare ancora che la soluzione possa consistere nell’aumentare l’efficienza di mezzi e strumenti di guerra".
Dell'Olio conclude rivolgendosi direttamente al ministro della Difesa, La Russa: "Caro signor ministro e se invece questa volta giurassimo sulla vita di Alessandro di invertire la tendenza fin qui seguita e rafforzassimo la cooperazione? Se decidessimo di destinare alle popolazioni afghane le garanzie di sviluppo e di benessere che i Taliban non sono in grado di offrire, forse avremmo vinto insieme la prima battaglia. Taglieremmo l’erba sotto i piedi del terrorismo e creeremmo un consenso maggiore di quanto non riescano a fare le armi".
Va ricordato che dallo scorso novembre alla missione italiana in Afghanistan sono stati aggiunti quattro caccia Tornado del Sesto Stormo di Ghedi (Brescia) che si sommano al Predator, velivolo senza pilota schierato sull'aeroporto di Herat dal 9 maggio 2007, nel settore della ricognizione aerea. I due assetti aerei opereranno in sinergia, ciascuno "sfruttando al meglio le proprie capacità e prestazioni" per coprire, in questo modo, un più ampio inviluppo informativo ed operativo - riportano le agenzie di stampa.
I quattro Tornado - la cui missione costerà oltre quattro milioni di euro al mese - non saranno sotto comando italiano, bensì a disposizione del comandante statunitense David D. McKiernan. E come ha commentato a Peacereporter il generale Fabio Mini, ex comandante della missione Kfor in Kosovo "Gli aerei sotto controllo americano non hanno limiti operativi e i nostri cacciabombardieri sono chiamati a 'cacciabombardare'". [GB]