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Acqua: se le scorte globali si prosciugano
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Risorsa limitata e foriera di sanguinose guerre presenti e future, sempre più spesso l’acqua viene definita “oro blu”, a sottolineare un destino simile a quello del petrolio. Complice il cambiamento climatico e i lunghi periodi di siccità che stanno colpendo diverse regioni, da tempo i moniti di scienziati e ambientalisti si susseguono senza sosta. Ci si chiede se il pericolo sia reale: il nostro pianeta è veramente a corto d’acqua? L’ultimo allarme, stavolta, arriva da uno studio della Nasa insieme all'Università della California, focalizzato sulle falde acquifere. Secondo questa ricerca, infatti, 21 delle 37 falde acquifere più grandi del mondo sono in grande sofferenza, nel senso che si starebbero svuotando a un ritmo maggiore rispetto al ricambio. Tra queste, ben 13 starebbero vivendo un "disagio significativo", tra cui il sistema acquifero arabo, che fornisce Arabia Saudita, Siria, Iraq e Yemen; seguono il bacino di Murzuk-Djado in Africa settentrionale e il bacino dell'Indo in India e Pakistan. Tutte regioni tra le più povere e densamente popolate, a cui bisogna aggiungere il Central Valley in California, paese che sta vivendo uno dei periodi di siccità più pesanti della sua storia.
Ma cosa sono le falde acquifere? Si tratta di “depositi” di acqua dolce, situati tra gli strati del sottosuolo, che vengono alimentati dalle piogge e dalle acque fluviali lungo gli anni (e talvolta le ere geologiche). Per le loro misurazioni, eseguite tra il 2003 e il 2013, gli scienziati della Nasa hanno usato i satelliti Grace (Gravity Recovery e Climate Experiment) che hanno rilevato i sottili cambiamenti del peso gravitazionale della Terra nelle zone occupate dalle falde acquifere importanti, grazie alla maggiore o minore trazione a bordo della sonda orbitante esercitata dal peso dell’acqua. Un’opportunità unica e preziosa per vedere come questi grandi bacini cambiano nel tempo, anche se restano delle incognite importanti: queste riserve d’acqua, infatti, si trovano talmente in profondità che spesso è impossibile conoscere la loro reale portata, ed è proprio quest’incertezza che preoccupa gli scienziati. "Segmenti di rilievo della popolazione mondiale stanno consumando le acque sotterranee in modo rapido, senza sapere quando potrebbe esaurirsi", avverte la NASA. Anche perché, più la siccità si fa sentire, più queste “cisterne” naturali diventano essenziali per la sopravvivenza di intere aree del pianeta. Anche la crescita della popolazione ha un impatto significativo, così come le attività industriali e intensive, dalle colture e gli allevamenti alla perforazione sotterranea per l’estrazione di risorse naturali come l'oro, il ferro, e il petrolio. In Australia, ad esempio, il bacino Canning nella parte occidentale del paese ha anch’esso tra i più alti tassi di esaurimento nel mondo a causa della pesante attività mineraria e delle esplorazioni per la ricerca di petrolio e di gas.
A questo si aggiungono i problemi del clima. Se una quantità d’acqua, quella ad esempio usata per irrigare i campi, può filtrare giù verso gli acquiferi, la maggior parte si disperde per evaporazione o finisce per depositarsi negli oceani risultando inutilizzabile. Il problema si aggrava nelle regioni più vicine all'equatore, dove il riscaldamento globale ha contribuito a spostare le piogge alle latitudini più estreme. “Questo crea un ciclo di auto-rafforzamento in cui le persone che vivono vicino all'equatore pompano più acqua dalle falde acquifere a causa della siccità – ha spiegato alla stampa lo scienziato e ricercatore Jay Famiglietti – Ma, una volta che l'acqua viene rimossa dal sottosuolo, evapora e viene ridistribuita sotto forma di pioggia nelle zone più a nord e sud, il che significa che le falde acquifere impattate non vengono rifornite”.
Secondo l’Unesco, oggi più di due miliardi di persone in tutto il mondo si affidano agli acquiferi come unica fonte di acqua potabile, e questo numero è destinato a crescere. I ricercatori della Nasa parlano infatti di “un problema a lungo termine che è destinato a peggiorare”. Secondo l’organizzazione Every Little Drop, dedicata al tema della conservazione dell’acqua e citata dall’inglese Business Insider, tra il 1900 e il 2000 l'utilizzo di acqua in tutto il mondo è aumentato di sei volte, e anche l'Onu si aspetta "un notevole peggioramento" della situazione entro il 2030. Le tensioni geopolitiche e sociali in alcune aree del pianeta non fanno che aumentare i problemi: proprio la falda acquifera araba, una fonte d’acqua utilizzata da oltre 60 milioni di persone, è risultata come la più impattata di tutte, caratterizzata da un enorme livello di utilizzo e praticamente nessun segno di ricarica, in una zona dal clima secco, dove il controllo delle fonti e dei bacini d’acqua ha già alimentato numerosi conflitti. Ad esempio, uno studio pubblicato sulla rivista “Proceedings of the National Academy of Sciences” ha messo, tra le cause della guerra in Siria, la gravissima siccità che ha colpito il paese tra il 2006 e il 2010. Il pesante sfruttamento delle acque sotterranee, riducendo la portata dei fiumi, avrebbe causato un crollo dell’agricoltura nel nord-est della Siria, con circa 1,5 milioni di persone senza più mezzi di sussistenza che si sono riversate nelle città, esacerbando le tensioni che già attanagliavano il Paese.
Ma anche in occidente non mancano i problemi. Altra area di crisi già citata è ad esempio la California che, con i fiumi e riserve ormai a secco a causa della mancanza prolungata di pioggia, sta attingendo alle falde acquifere per il 60% del suo consumo di acqua. Secondo le previsioni, entro la fine del 2015 dovrà far ricorso quasi totalmente alle falde per rifornirsi, tanto che il problema è diventato politico, costringendo le autorità locali a prendere seri provvedimenti tra cui una riduzione del 25% delle forniture d’acqua con decorrenza immediata. Nel frattempo, gli scavi per il pompaggio stanno causando anche danni ecologici, tra cui l’affondamento del terreno. E i bacini si svuotano. "Non sappiamo quanto è memorizzato in ognuno di questi acquiferi. Le stime di memoria rimanente potrebbe variare da decenni a millenni” commentano i ricercatori della Nasa, che proprio per questo chiedono un impegno maggiore nella ricerca: “In una società caratterizzata da una tale scarsità d'acqua, non possiamo più tollerare questo livello di incertezza".
Anna Toro

Laureata in filosofia e giornalista professionista dal 2008, divide attualmente le sue attività giornalistiche tra Unimondo (con cui collabora dal 2012) e la redazione di Osservatorio Iraq, dove si occupa di Afghanistan, Golfo, musica e Med Generation. In passato ha lavorato per diverse testate locali nella sua Sardegna, occupandosi di cronaca, con una pausa di un anno a Londra dove ha conseguito un diploma postlaurea, sempre in giornalismo. Nel 2010 si trasferisce definitivamente a Roma, città che adora, pur col suo caos e le sue contraddizioni. Proprio dalla Capitale trae la maggior parte degli spunti per i suoi articoli su Unimondo, principalmente su tematiche sociali, ambientali e di genere.