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Acqua: in corso a Trento un seminario sulla gestione a livello comunitario
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“La tecnica non è che la punta dell’iceberg. Se ignoriamo tutto quello che ci sta sotto (organizzazione sociale, base legale e questione ambientale) la nave del progetto finirà per sbatterci contro ed affondare”.
Sembra concordare con l’enciclica “Caritas in Veritate” Benedetto XVI° il professor Visscher nel ridimensionare la tecnica. Senza partecipazione non è nulla. “Noi ingegneri non dobbiamo mai dimenticare che le tecniche non sono una legge universale, ma vanno sempre contestualizzate nella società cui sono destinate. A volte non ci rendiamo conto che la miglior tecnologia sul mercato non lo è in termini assoluti, ma in un determinato contesto può rivelarsi inutile o superflua. Le dimensioni da prendere in considerazione sono tre e dobbiamo sempre affrontarle congiuntamente: 1) ambiente, 2) scienza e tecnologia e 3) comunità e istituzioni locali”.
Solo così ci si può avvicinare all’obiettivo del corso “Gestione dell’acqua a livello comunitario: sfide e soluzioni possibili” e dello stesso CFSI. Uno sviluppo sostenibile passa solo attraverso la cooperazione ed il dialogo. Le comunità locali non devono vedere come imposte dall’esterno le scelte e gli interventi, ma condividerle prendendo parte sia al processo decisionale che all’implementazione. Gli attori, tutti gli attori, sono sia parte del problema che della soluzione: “nothing about us without us”. Ed è per questo che è necessario cercare di avvicinare e mediare le posizioni estreme fino al raggiungimento di un accordo negoziato e della miglior soluzione possibile.
Gran parte del corso è dedicato, non a caso, alla gestione - mediazione – evoluzione dei conflitti. Un conflitto, infatti, non è altro che una situazione sociale, necessaria ed inevitabile. Si tratta di una sfida e di un’opportunità che va gestita cercando di evolvere una situazione che vede coinvolti un gran numero di attori, ognuno con i loro interessi, ed ognuno dei quali intenzionato ad ottenere la gestione di una risorsa.
Non facile è “educarci alla complessità” per meglio abitare ambienti multi-stakeholders dalle molte vision. Lavorando su noi stessi e sulla nostra “antropologica propensione alla semplificazione” possiamo assumere lo “sguardo dell’alterità” utile per approcciare problemi globali, complessi e naturali come l’acqua.
È quindi importante “saper perder tempo” per sedersi allo stesso tavolo e confrontare i vari interessi, i diversi contesti e background presenti per arrivare così a qualcosa di produttivo. Secondo il professor Visscher il modo per trasmettere questo approccio è farne esperienza attraverso il corso con un continuo coinvolgimento dei presenti che condividono le loro esperienze personali, opinioni, e punti di vista. “Il modo migliore per imparare è insegnare agli altri quello che si sa e ascoltare quello che essi sanno”, conclude il professor Visscher.
L’acqua è una risorsa scarsa. Non tutti hanno la possibilità di accedervi liberamente. Un miliardo e mezzo non hanno accesso oggi e nel 2020 la cifra raddoppia. Come uscirne? Le esperienze dei 17 convenuti da altrettanti paesi parlano di test di qualità, necessità di fonti sicure, conflitti per la gestione, redistribuzione ai più. Acqua significa sanità ed igiene. I dati: 1 abitante su 3 del pianeta non ha accesso ad adeguati servizi sanitari. 10 milioni di bambini anno muoiono per malattie connesse a ciò, diarrea, malaria, dengue. In Africa il rapporto scende 1 a 2.
Sullo schermo passano immagini descrittive che s’intrecciano con esperienze personali e suggerimenti per proporre soluzioni costruttive e sostenibili. Il divario tra i nord sempre più presenti nei sud e le comunità rurali dei paesi impoveriti è grave. 20 litri per uno sciacquone di water, tanto quanto il prelievo al fiume che la donna centrafricana riesce a fare dopo chilometri di marcia a piedi. Piscine, docce quotidiane, lavaggi auto/strade. Insomma uno sperpero di “oro blu” che offende chi ha sete.
Elena Trentini
Centro di Formazione alla Solidarietà Internazionale
L'ultimo decennio si è caratterizzato per un radicale ripensamento dei tradizionali approcci alla solidarietà internazionale: oltre la dimensione puramente economica, nel tentativo di costruire legami durevoli, stabili tra persone, comunità e territori, grazie ad un dialogo costante che poggia su relazioni fiduciarie solide e continuative, nella consapevolezza che il mondo globalizzato contemporaneo si caratterizza per una progressiva sovrapposizione di ciò che riguarda il livello locale, regionale, internazionale e transnazionale.
In particolare, il sapere lineare, tecnico e pertinente non risponde più alla complessità del mondo attuale. La promozione della multidisciplinarietà diviene una pista metodologica interessante oltreché necessaria. L'educazione, la formazione devono dunque caratterizzarsi per uno slancio evolutivo e una capacità di costruire nessi continui con i contesti di applicazione.
Il Centro per la Formazione alla Solidarietà Internazionale si propone di cogliere questa sfida nell'ambito del proprio territorio, dell'Europa unita, dei rapporti internazionali: contribuire a ricostruire il tessuto delle relazioni - nel pensiero e tra le persone.
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