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Acli: riformare la legge della cittadinanza, attendono 1,6 milioni 'nuovi italiani'
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Una riforma della legge della cittadinanza che prenda in considerazione il principio dello "jus soli" – si è cittadini italiani se si nasce sul suolo italiano – e dimezzi da 10 a 5 gli anni di residenza necessari per poter richiedere la cittadinanza italiana. L'ha proposta ieri il presidente delle Acli, Andrea Olivero, in occasione dell’Incontro nazionale di studi in corso a Perugia sul tema " Cittadini in-compiuti. Quale polis globale per il XXI secolo".
"È tempo di riconoscere la cittadinanza italiana ai figli degli immigrati, ossia a quelle seconde generazioni che rappresentano il futuro del nostro Paese" - ha affermato Andrea Olivero nella sua relazione di apertura. "Non si possono aspettare 10 anni di residenza per poter ottenere la cittadinanza, né appare più un segno di civiltà che un bambino nato in Italia da genitori stranieri debba attendere fino a 18 anni per poter diventare nostro connazionale. La riforma della cittadinanza diventa il banco di prova del modello di convivenza che vogliamo realizzare".
Intervenendo al convegno, il presidente della Camera, Gianfranco Fini ha espresso il suo assenso al principio dello ’jus soli' "seppur temperato". Sull’esempio di quello che ha fatto la Germania con la nuova legge sulla cittadinanza del 1999: "I figli di stranieri nati in tale terra diventano cittadini tedeschi secondo lo "ius soli" e mantengono la doppia nazionalità fino a 24 anni, quando devono optare tra la cittadinanza tedesca e quella del paese di origine". "È illusorio pensare - ha osservato il presidente della Camera - che lo straniero non tenda a mettere radici. Pensarlo significherebbe non conoscere la nostra storia nazional e cioè ignorare quello che hanno fatto gli stessi emigranti italiani. E allora bisogna puntare all’integrazione che è qualcosa di più di avere un lavoro, pagare le tasse, non prendere le multe e salutare educatamente quando si entra al bar".
Le Acli chiedono dunque una profonda revisione della legge 91 del 1992 sulla cittadinanza. L’introduzione del principio dello 'jus soli' conferirebbe la cittadinanza ai figli degli stranieri che nascono in Italia: ad oggi sono 530mila. Il dimezzamento da 10 a 5 anni del tempo di residenza necessario per poter chiedere di diventare cittadino italiano interesserebbe invece oltre un milione di immigrati extracomunitari, per l'esattezza 1.136.424. Il calcolo è stato fatto dall’Iref, l’istituto di ricerca delle Acli, tendendo conto che circa uno stranero su due, al 2006 (dati Istat), era in Italia da almeno 5 anni. Mettendo insieme i numeri si arriva a una stima di oltre 1 milione e 600 mila immigrati pronti a diventare, in base ai nuovi requisiti, cittadini italiani.
"Ma non è tanto un discorso di numeri né solo un problema di riduzione dei tempi – ha detto il presidente Olivero – Si tratta di costruire un percorso anche rigoroso ma chiaro e praticabile per l’ottenimento della cittadinanza, oggi di fatto soggetta alla discrezionalità delle autorità competenti". Basti pensare che a fronte di oltre 600mila stranieri residenti da più di 10 anni, le cittadinanze italiane concesse dal 1992 al 2007 sono state appena 261mila. 303mila ne sono state concesse in Francia solo nell’anno 2006-2007. "Quali che siano le condizioni poste dal legislatore o le competenze richieste – la conoscenza della lingua, la condivisione dei valori comuni fondamentali – esse debbono poter essere acquisite da parte dei cittadini immigrati in modo praticabile e riconosciute in modo certo e trasparente".
A chi vede un rischio nell’estensione della cittadinanza agli immigrati, Olivero risponde: "Il problema non sono gli stranieri, ma il riconoscimento dei valori comuni. La storia d’Italia è una storia di accoglienza, di inclusione e di accettazione delle differenze, pur tra luci e ombre ovviamente. Disconoscere questi valori significa disconoscere la storia e l’identità italiana, in particolare l’identità cristiana del nostro Paese". "La questione della cittadinanza agli immigrati – ha concluso Olivero – ci offre un’occasione straordinaria per riscoprire l’amore per la patria comune, una patria fondata sulla credibilità delle istituzioni, sulla legalità, sulla giustizia, sul rispetto nell’agone politico e sull’accoglienza di chi bussa alle nostre porte. Questo ci scalda il cuore e ci fa sentire orgogliosamente italiani".