ASviS, serve una governance etica sull’intelligenza artificiale (anche) per difendere il lavoro

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Foto: Unsplash.com

Parlare dell’impatto che l’intelligenza artificiale avrà sul mondo del lavoro nei prossimi anni è, al momento, come un salto nel vuoto. Individuare traiettorie, percentuali, andamenti di una tecnologia in evoluzione così rapida – e di una società che a sua volta sta cambiando altrettanto velocemente – è molto complesso, e richiede tempo. I risultati degli studi pubblicati negli ultimi mesi, di orientamento più o meno catastrofista, hanno generato un acceso dibattito, causando una polarizzazione dell’opinione pubblica tra i cosiddetti tecnottimisti – chi è convinto che l’AI apporterà benefici all’essere umano – e i più pessimisti.

Quindi, per cominciare, facciamo un po’ di chiarezza, partendo da un dato abbastanza positivo sulla situazione lavorativa in Italia.

A metà luglio è stato pubblicato il Rapporto Ocse sulle nuove prospettive dell’occupazione, che delinea per il nostro Paese un quadro in miglioramento. Nonostante il livello di occupazione sia ancora al di sotto della media degli Stati più sviluppati, il trend di crescita dei posti di lavoro (iniziato nel post Covid) sta proseguendo a vele abbastanza spiegate. Il tasso di disoccupazione nazionale è sceso, nel 2024, al 6,8%, un punto percentuale in meno rispetto a maggio 2023 e tre punti in meno rispetto alla crisi pandemica, ma ancora al di sopra della media Ocse del 4,9%.

Bene anche l’occupazione totale, che ha visto un incremento su base annua del 2%, registrato a maggio 2024. Entro il 2025, dice l’Organizzazione con sede a Parigi, il gap con le altre economie internazionali potrebbe ridursi ulteriormente, anche se l’Italia resta al palo sul piano dell’occupazione femminile e giovanile, “dove sono necessari ulteriori progressi, anche per coprire il numero relativamente elevato di posti di lavoro vacanti”, e sui salari, che restano molto bassi. La situazione italiana fa dunque ben sperare, e a maggior ragione è importante capire come integrare in questa striscia positiva le innovazioni generate dall’AI, in modo da consolidare i risultati positivi e proiettarsi sempre più avanti.

Vediamo un po’ di previsioni. In un rapporto pubblicato a marzo 2023, Goldman Sachs ha stimato, destando sorpresa un po’ in tutto il mondo, che l’automazione avrebbe portato alla perdita di 300 milioni di posti di lavoro. La banca ha aggiunto però che, nonostante l’alto tasso di sostituzione, l’AI avrebbe potuto anche creare nuovi posti e incrementare la produttività, aumentando il valore annuo totale di beni e servizi prodotti di un +7%. A seguire un rapporto del Fondo monetario internazionale ha rincarato la dose, affermando che il 40% dei posti di lavoro sarebbe stato influenzato dall’AI – e, nelle economie avanzate, questa percentuale sarebbe salita al 60%. L’Ocse, nel suo Employment outlook 2023 (condotto però prima della diffusione capillare di ChatGPT) ha mostrato come il 27% dei posti di lavoro nell’area Ocse sia ad “alto rischio” di automazione...

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