Verso un global compact sulle migrazioni?

Il 19 settembre 2016 è stata una data storica per le Nazioni Unite per almeno due ragioni. La prima: per la prima volta l’Assemblea Generale ha proposto un vertice sui rifugiati e migranti con lo scopo di “migliorare il coordinamento e la cooperazione tra gli Stati nell'affrontare la crisi migratoria e soprattutto di rafforzare un approccio fondato sulla tutela degli individui”. La seconda: durante il vertice è stato siglato l’accordo con lo IOM, l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni che era stata ammessa come organizzazione collegata al sistema delle Nazioni Unite in una precedente Assemblea Generale, il 26 luglio 2016. 

Di fronte a numeri importanti, nessuno Stato può più sentirsi esonerato da essere parte in causa di un fenomeno globale crescente. “I migranti sono presenti in tutti paesi del mondo”. Nel 2015 hanno superato i 244 milioni e il dato cresce più rapidamente della popolazione mondiale. Tuttavia, circa 65 milioni sono persone in fuga: oltre 21 milioni rifugiate in uno Stato diverso da quello di nascita, 3 milioni quelle che chiedono asilo, oltre 40 milioni quelle profughe a casa loro, dentro i confini del proprio Paese. 

Nel documento finale del vertice, la cosiddetta Dichiarazione di New York, i rappresentanti degli Stati membri e delle Organizzazioni internazionali hanno dichiarato di “essere oggi testimoni  di un livello di mobilità senza precedenti”. La dichiarazione contiene un impegno importante e un’agenda per la sua realizzazione. L’obiettivo è la costruzione di un “global compact”, un accordo globale realizzato attraverso un processo di negoziazioni intergovernative la cui preparazione dovrebbe partire fin da subito, il cui avvio ufficiale dovrebbe essere nel primo periodo del 2017 per essere pronto al lancio nel 2018. Nulla di fatto quindi, almeno per ora. 

È interessante notare come tra i contenuti che l’accordo “potrebbe” includere si trovi una molteplicità di elementi, ventiquattro per la precisione e tutti di una certa rilevanza. Soprattutto i primi due sono quelli che raccolgono principi inconfutabili. La migrazione internazionale viene considerate come un’opportunità per i migranti e le loro famiglie, per i paesi d’origine, di transito e di destinazione. Le stesse considerazioni sono parte integrante dell’Agenda per lo sviluppo sostenibile al 2030, che enfatizza appunto la realtà multidimensionale delle migrazioni. Ban Ki-Moon addirittura, in apertura del vertice, ha definito i migranti un "grande potenziale, se solo venisse sbloccato". Condividendo le parole si potrebbe evincere che siamo sulla buona strada, almeno per quanto concerne le dichiarazioni e gli intenti. La materia però apre ampi spazi allo scetticismo che fin troppo spesso la storia non ha saputo smentire. Anche questa volta sembra proprio che tra le intenzioni e le pratiche ci sia davvero di mezzo il mare.

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