Scrivere la Carta di Lampedusa per scrivere un'Europa di pace

A Lampedusa per trasformare l'Europa, o forse sarebbe meglio dire, per rendere l'Europa ciò che dovrebbe essere. Con questo obiettivo, tante persone provenienti da tutta Europa si ritroveranno sulla maggiore delle Isole Pelagie dal 31 gennaio al 2 febbraio. Lampedusa è lontana, ma una volta che ci sei stato, ti rimane dentro con il suo mare, lo stesso mare che ha accolto gli ultimi attimi di vita delle migliaia di persone che annegandovi hanno cercato di raggiungerne le coste, spesso invano, perchè Lampedusa è lontana per me che ho preso l'aereo da Malpensa, ma lo è ancor di più per le barche che partono dalla Tunisia o dalla Libia, per intraprendere un “viaggio” che può durare svariati giorni e che può concludersi, com'è successo spesso, in tragedia con centinaia di vittime.

Avvenne così il 3 ottobre 2013, quando una di queste barche si inabissò con al suo interno ancora centinaia di persone, proprio al largo di Lampedusa. Morirono quasi in 400. Quell'evento sembrò poter scuotere le nostre coscienze, ma fu una “vergogna passeggera”. Ben presto, la nebbia dell'indifferenza che circonda le storie personali di quelle e tante altre persone morte nel tentativo di raggiungere il nostro paese è tornata ad offuscare il nostro campo visivo. Abbiamo già dimenticato. Eppure l'altro ieri era ancora 27 gennaio, il “Giorno della Memoria” che ricorda tutte le vittime del nazismo. Se avrete modo, un giorno, di visitare il Memoriale della Shoah di Milano, da dove settant'anni fa partirono 20 convogli diretti ai campi di raccolta in Italia e a quelli di sterminio in Germania e Polonia, noterete senza dubbio la gigantesca lapide posta proprio alla sua entrata con incisa la parola "I N D I F F E R E N Z A". Tenete a mente questa parola e il suo significato.

Nella mia mente, la disperazione di allora, stipata all'inverosimile in quei vagoni, è rievocata in tutta la sua spaventosa potenza dal terrore provato dalle tante persone le cui vite sono state inghiottite dal mare. Vite che si sono spente proprio nell'indifferenza. La Memoria non è ricordo, ma reagire con le nostre azioni all'indifferenza.

Ecco perchè, dal 31 gennaio al 2 febbraio avrà luogo a Lampedusa un evento molto importante che segna, finalmente, un impegno serio e qualificato sulla questione dei diritti umani e civili violati a causa delle pessime politiche italiane e comunitarie che regolano i flussi migratori. A questo evento parteciperanno decine di associazioni, movimenti, sindacati, giuristi, gruppi laici e religiosi, provenienti da tante parti d’Italia e da diversi paesi europei e nordafricani per scrivere assieme la Carta di Lampedusa, un patto costituente tra tutti coloro che credono nella possibilità di fondare un'Europa nuova, dove le libertà e i diritti dei suoi cittadini si fondano sul principio che nessun essere umano può essere sottoposto a violenze e detenzioni arbitrarie, né tanto meno rischiare la propria vita, solo perché ha voluto o dovuto lasciare il proprio paese per raggiungerne un altro.

Tra i partecipanti vi saranno anche diverse associazioni trentine che daranno il loro contributo a questa tre giorni, durante la quale Lampedusa diverrà la capitale del Mediterraneo per affermare la sua volontà di non essere più la frontiera fortificata di un'Europa incapace di conciliare diritti di persone e cittadini, ma porto accogliente che si prende cura dei naufraghi che raggiungono le sue coste ai quali viene negata la libertà solo perchè non in possesso di un documento.

Sono felice – grazie a Unimondo e Piergiorgio Cattani –, di poter essere testimone di questo momento, ma sarò ancora più felice se questo costituirà solo il primo passo di un percorso, perchè bisogna realisticamente ritenere che questa iniziativa potrà dare i suoi frutti solo se rappresenterà una prima sollecitazione, non occasionale, ma organizzata verso i governi europei affinchè questi, per davvero, decidano di cambiare le cose.

Per cambiare le cose dobbiamo capire che la politica dei respingimenti e la reclusione nei CIE dei naufraghi provenienti dalle coste dell'Africa, sono misure costose e inutili, anzi dannose perchè per motivi di consenso politico sono diventati argomenti taboo, intoccabili, in quanto qualsiasi politica alternativa diventa automaticamente il pretesto di battaglie tra governo e opposizione in chiave elettorale. La verità è che sicurezza e accoglienza non sono obiettivi in opposizione l'uno all'altro. Anzi, possono essere complementari se decidiamo di raggiungere la sicurezza attraverso la gestione regolare degli arrivi dei migranti nel nostro paese, il che si tradurrebbe sia in un risparmio sull'amministrazione dei costosissimi CIE, sia nell'estirpazione dell'odioso traffico di esseri umani sui barconi della disperazione che giungono in Italia, specie sulle coste di Lampedusa.

Questo progetto nasce proprio con l'intenzione di ripensare in modo radicale, ma sostenibile, le attuali politiche migratorie, che non possono avere in un'isola 20 km² il loro cuore logistico e strategico. Se crediamo che la soluzione sia quella di tenere segregati degli esseri umani che non hanno alcuna colpa, se non quella di fuggire da luoghi dove rischiano seriamente la vita, allora non è passato nemmeno un giorno da quando i soldati russi e alleati entrarono nei campi di concentramento sorti nel cuore d'Europa per segregarvi al loro interno persone la cui esistenza, per motivi razziali, politici e di orientamento sessuale, non era sopportata.

Accettando di commemorare le vittime di quella tragedia, accettammo anche di caricarci di una responsabilità che non può avere ripensamenti, e cioè che non vogliamo più essere una società che accetta, seppure in silenzio, lo spegnersi di anche una sola vita umana nel nome di un'ideale, qualsiasi esso sia, perchè non esistono idee, filosofie, comunità che possono fondarsi sul sangue degli innocenti quando questo viene versato in modo deliberato.

Questa settimana tante persone proveranno a scrivere la Carta di Lampedusa, affermando quei principi di pace e giustizia che hanno portato l'Europa nell'era della democrazia. Oggi siamo un po' in crisi, è vero, ma ho la speranza che sia solo un momento. Ho la speranza che prima o poi torneremo a lavorare per costruire un'Europa e un Mediterraneo che siano spazi di civiltà e pace.

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