
www.unimondo.org/Blog/Codice-deontologico-dei-giornalist/L-ultimo-treno
L’ultimo treno
dal blog "Codice deontologico dei giornalistə"
La cosa peggiore è il treno. Treno che passa, ad intervalli regolari e decisamente ravvicinati, appena fuori dalla finestra, e quando passa si fa sentire, a ricordare di continuo che le occasioni esistono, ma che non possono essere colte da tutti, o forse non più. È la notte dell’ultimo dell’anno anche all’Albergo Cittadino per i senza fissa dimora di viale San Lazzaro, a Vicenza.
Quando ascolti, comprendi, condividi, svaniscono un sacco di concetti, di dogmi in cui hai sempre creduto: la dignità, i diritti, le possibilità per tutti, l’uguaglianza; raramente, però, la speranza. Quella è ostinata, quella rimane. Al posto di tutto ciò, parole astratte e con un significato spesso difficilmente conciliabile con quella che è la realtà delle cose, subentrano le vite degli ospiti. E subentrano con un’irruenza a tratti sconvolgente: chi le ha vissute è lì e le racconta. Con un’umiltà ed una dolcezza che sono esemplari nella storia di S., sardo, che ha toccato il baratro a causa dell’alcoolismo e, grazie alla sola forza di volontà, ne è risalito con tutte le debolezze e le fragilità che non aspettano altro che un uomo come lui. Ma lui ce l’ha fatta: ora un po’ lavora, un po’ fa il volontario in un laboratorio d’artigianato, e sembra essere quasi il boss, lì all’Albergo. Conosce tutti, parla con tutti, media se occorre farlo, e a bassa voce offre notizie sugli altri ospiti. È proprio lui a raccontare di P., un signore di mezza età, con un berretto blu a coprire una folta chioma di capelli lunghi grigi, che arriva a cena iniziata e ha gli occhi lucidi.
Lui no, che non ce l’ha fatta; eppure era paramedico, in Polonia, una persona distinta e di profonda cultura con una grande passione per il suo lavoro. Ed ora l’unica sua passione è la bottiglia, a cui rimane attaccato per intere giornate. Dov’è finita la sua dignità, che cosa se l’è portata via. Dov’è la speranza per C., venuto dal Ghana con l’intera famiglia, con un lavoro ed una casa, che dopo essere stato licenziato ha dovuto rimandare indietro moglie e figli per evitare loro un futuro di sofferenze e che per il momento vive lì. La sua speranza è in un lavoretto che dovrebbe iniziare fra pochi giorni. Sempre che gli rinnovino in tempo il passaporto all’ambasciata, altrimenti rischia di divenire clandestino, lui che è in Italia da più di quindici anni, e perdere quindi il lavoro ancora prima di iniziarlo. Dov’è il diritto ch’è per tutti. Ad un tratto due ospiti fra cui è sorto un battibecco arrivano alle mani.
A tranquillizzarli, prendendoli uno per volta da parte per dire che non è il caso, non stasera, non in quel modo, è un altro ospite. Un distinto signore rumeno vestito bene e che sembra venuto dal cielo: non a caso, si scopre che il suo nome corrisponde ad Angelo, in italiano. Esistono gli angeli anche, e forse ancor di più, in una realtà in cui vivono persone considerate “ultimi”. Sarebbe da raccontarle tutte, le loro storie, perché se lo meritano. Per quelli che in qualche modo sopravvivono, malgrado tutto e tutti. Per quelli che sperano in un lieto fine. E anche per quelli che non sanno cosa sarà domani, se sarà. Sarebbe bello che lo prendessero tutti, quel treno. Ma forse è la prospettiva ad essere errata, forse non c’è la sola possibilità che siano loro a dover prenderlo: e se fosse il treno a fermarsi per loro?







Commenti