Sudan: sanzioni Usa, divieti e fallimenti nel Darfur

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L'esercito sudanese ha circondato tre campi per sfollati nella zona di Nyala, capitale del Darfur meridionale (Sudan) negando l'accesso al personale umanitario. L'intervento sarebbe stato deciso in risposta al rapimento di 18 sudanesi di origine araba presi in ostaggio la scorsa settimana - riferisce un dispaccio dell'agenzia Misna. La notizia è confermata anche da fonti delle Nazioni Unite, che da Ginevra hanno precisato che le forze di sicurezza hanno negato oggi l'accesso ai campi al personale umanitario attivo nel portare aiuti e soccorsi alle migliaia di sfollati raccolti in queste strutture. Il Programma alimentare mondiale dell'Onu (Pam) ha fatto sapere che dai tre campi sono stati trasferiti 88 dei 91 operatori umanitari presenti, tutti appartenenti a varie organizzazioni non governative internazionali e agenzie Onu. A causa dell'insicurezza nella regione, numerose agenzie umanitarie stanno riducendo il proprio personale - riporta l'agenzia stampa degli organismi dell'Onu Irin News.

"Nonostante i numerosi impegni, sia la comunità internazionale sia il Governo Sudanese non hanno fornito assistenza e sicurezza alle persone del Darfur" - denuncia Medici Senza Frontiere nel suo ultimo rapporto sulla situazione in Darfur. A più di un anno dalla fuga dai loro villaggi e dopo tante promesse, la vita degli sfollati è quotidianamente in pericolo. "Tante parole, molta attenzione, ma pochi cambiamenti sul terreno per garantire la sicurezza dei civili. La comunità internazionale deve ricordarsi che le violenze e le sofferenze in Darfur non sono ancora finite" - ha dichiarato Ton Koene, Coordinatore di MSF per l'emergenza Darfur.
Nei giorni scorsi anche Caritas, Oxfam e Care avevano denunciato una situazione insostenibile se la comunità internazionale e i singoli governi occidentali non si assumeranno le loro responsabilità.

Il Darfur è teatro dal febbraio del 2003 di scontri e violenze che hanno causato una grave crisi umanitaria dove due gruppi di autodifesa, creati dalle popolazione nere e stanziali del Darfur (Jem e Sla/m), si sono sollevate in armi contro il governo sudanese di Khartoum, accusandolo di trascurare la regione e di appoggiare le milizie di predoni arabi (noti col nome di Janjaweed). Proprio i Janjaweed sono considerati i principali responsabili delle violenze che scuotono la regione e che hanno portato oltre un milione e mezzo di persone, secondo le stime dell'Onu, a lasciare le proprie dimore e a riparare nei molti campi per sfollati del Darfur o in quelli per profughi allestiti nel confinante Ciad.

Nonostante le forti pressioni internazionali per il momento i colloqui di pace organizzati dall'Unione Africana (Ua) in Nigeria sembrano essere ancora fermi al punto di partenza. Ieri sera i mediatori africani e internazionali hanno consegnato alle parti un nuovo documento relativo alla sicurezza (il nodo centrale dell'intero negoziato) e stanno aspettando una reazione -riporta l'agenzia Misna. Nel documento si troverebbero alcune richieste avanzate dai ribelli (mettere fine a "voli militari ostili" da parte dell'aviazione sudanese) e alcune da Khartoum (una mappatura della disposizione delle forze ribelli in campo). Indiscrezioni riferiscono che sia ribelli che governo avrebbero accolto con maggiore soddisfazione questo documento.

Nelle ultime ore sarebbero aumentati i Paesi africani che hanno dato la propria disponibilità per partecipare alla missione militare voluta dall'Unione Africana per monitorare il rispetto del cessate il fuoco in Darfur. Dopo Nigeria e Rwanda, i primi a dispiegare uomini sul terreno, anche Sudafrica, Gambia, Tanzania, Ciad e Kenya hanno messo a disposizione i propri soldati per la missione di pace dell'Ua.

Nell'immediata vigilia delle elezioni statunitensi, l'amministrazione Bush ha deciso di prorogare per un altro anno le sanzioni in vigore contro il Sudan dal 1997 iniziate dall'allora presidente Bill Clinton. All'origine della decisione vi sarebbero "i rapporti intrattenuti dal regime di Khartoum con il terrorismo internazionale e le ripetute violazioni dei diritti umani". Le sanzioni proibiscono ogni importazione negli Usa di merci provenienti dal Sudan e fanno esplicito divieto a tutti i cittadini statunitensi di commerciare con l'esecutivo sudanese.
Cina, Russia, Canada e Gran Bretagna ed Italia continuano invece a fare buoni affari col regime di Khartoum in settori come il petrolio, le armi, le tecnologie sensibili. L'Italia è il terzo cliente della produzione petrolifera sudanese. [GB]

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