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Darfur: genocidio, divisioni Onu e imbarazzo italiano
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Nel Darfur, "è stato commesso un genocidio" - ha affermato Colin Powell, il Segretario di Stato americano davanti alla Commissione esteri del Congresso. ''Non ci si può più accontente di parole dal governo di Khartoum'' - ha aggiunto. Alle parole di Powell sono seguite quelle del Presidente americano George W. Bush che si è detto "inorridito" delle violenze nella regione. Due dichiarazioni che hanno immediatamente suscitato la reazione del ministro degli Esteri sudanese Moustapha Osman Ismail che dall'Asia, dove si trova in visita ufficiale, ha definito la posizione americana "isolata". "Non dovrebbero utilizzare un problema umanitario per la propria agenda elettorale" - ha detto aggioungendo che "il genocidio è in corso adesso a opera delle forze americane in Iraq e in Afghanistan" - riporta l'agenzia Misna.
L'uso della parola "genocidio" da parte di Powell rafforza ulteriormente le pressioni americane non solo sul Sudan, ma anche sul Consiglio di sicurezza dell'Onu. Secondo la legislazione internazionale, infatti, qualora il Consiglio di sicurezza ravveda una situazione di "genocidio" la Comunità internazionale ha l'obbligo d'intervenire anche con la forza per fermare i massacri. Va ricordato che nel luglio scorso il Congresso Usa ha adottato all'unanimità una risoluzione nella quale definiva come "genocidio" le atrocità in atto nella regione del Darfur, Sudan occidentale.
Stanno proseguendo, intanto, le consultazioni tra i Paesi membri del Consiglio di sicurezza riguardo ad nuova risoluzione sul Darfur. La bozza di risoluzione presentata dagli Stati Uniti vedrebbe contrari almeno quattro Paesi, di cui due con diritto di veto: Cina, Russia, Pakistan e l'Algeria non condividono l'idea di imporre sanzioni economiche per colpire il settore petrolifero. Soprattutto la Cina - riporta sempre l'agenzia Misna - sarebbe pronta a utilizzare il diritto di veto, che farebbe cadere la risoluzione. Sono forti gli interessi economici di Pechino che è il primo partner commerciale del Sudan proprio in campo petrolifero importando il 40% del greggio sudanese.
Ha suscitato imbarazzo in Italia un comunicato congiunto delle ong attive in Darfur che denuncia Giappone, Francia e Italia per lo scarso supporto umanitario nella regione. "Alcuni tra i più ricchi paesi del mondo sono tra i più poveri donatori umanitari" denuncia il comunicato. Non solo, Oxfam UK non ha mancato di snocciolare dati imbarazzanti. Il Giappone ha finora messo a disposizione in aiuti bilaterali in Darfur 6 milioni di dollari. Seguono Francia e Italia con 9,6 e 10,8 rispettivamente. Ed è impietoso il confronto con altri paesi. Gli Stati Uniti hanno finora donato 206 milioni di dollari e il Regno Unito 94 - riporta Warnews.
I negoziati in corso dalla scorsa settimana ad Abuja (Nigeria) tra i protagonisti della crisi in Darfur sono stati rinviati al 14 settembre in seguito allo stallo intorno ai temi relativi alla sicurezza e al disarmo. Per uscire dall'impasse i mediatori hanno chiesto aiuto al presidente nigeriano Olusegun Obasanjo - presidente di turno dell'Unione Africana (Ua) organizzatore del negoziato - che si trova in Burkina Faso per altri impegni. I due gruppi armati nati come forze di autodifesa popolari (Jem e lo Sla-m) chiedono il disarmo immediato delle milizie di predoni arabi (note come Janjaweed) ritenute le principali protagoniste delle violenze che sconvolgono il Darfur, la costituzione di una zona di interdizione aerea (no fly zone) in modo da impedire i raid dei bombardieri sudanesi, e infine la creazione di una commissione indipendente internazionale che indaghi sulle violazioni dei diritti umani compiuti nell'area. Khartoum rifiuta tutte queste richieste e continua a porre come condizione il disarmo dei ribelli i quali dovranno contemporaneamente raccogliersi in apposite aree di accantonamento.
Nei giorni scorsi un Rapporto Onu sulla situazione nel Darfur ammetteva l'inoperabilità degli osservatori internazionali per il clima di intimidazione e la mancanza di un effettivo disarmo delle milizie Janjaweed. In 17 mesi di combattimenti la guerra del Darfur ha causato oltre un milione di sfollati interni, quasi 160.000 profughi - tutti nel confinante Ciad - e migliaia di morti, dai 10.000 ai 30.000 secondo le stime più accreditate. [GB]