Sudan: fermare arresti e pressioni sugli sfollati del Darfur

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Secondo la missione esplorativa dell'Unione europea in Sudan "non vi sarebbero prove di genocidio nella regione del Darfur, anche se è evidente una situazione di violenza diffusa". "Non siamo di fronte a una situazione di genocidio" - ha detto a una conferenza stampa Peter Feith, consulente del responsabile della Politica estera dell'Unione Javier Solana, dopo il suo ritorno da una visita in Sudan. "Ma è evidente che la pratica dell'assassinio è diffusa, silenziosa e lenta così come è di grandi dimensioni quella di bruciare i villaggi", ha aggiunto Feith. Il consulente ha manifestato i propri dubbi sulla volontà del governo sudanese di collaborare per disarmare le milizie arabe Janjaweed, i cui massacri ai danni dei villaggi del Darfur hanno creato un'emergenza umanitaria nella regione.

Nei giorni scorsi era stato raggiunto un accordo tra il governo del Sudan e l'Onu per un'intesa sul processo di disarmo delle milizie arabe Janjaweed da realizzare nei prossimi 30 giorni e sugli aiuti umanitari nel Darfur, la regione occidentale teatro di un conflitto da 17 mesi. La cautela dell'Europa - che comunque ha preso in considerazione una serie di misure per mettere fine alle violenze contro i civili del Darfur - contrasta con la posizione del Congresso statunitense che lo scorso 23 luglio aveva adottato all'unanimità una risoluzione nella quale definiva senza mezzi termini "genocidio" le violenze ai danni della popolazione non-araba della regione occidentale del Sudan, dove da febbraio 2003 milizie locali si sono sollevate in armi contro il governo di Khartoum.

Amnesty International ha sollecitato oggi il governo sudanese a "rilasciare immediatamente e senza condizioni tutte le persone imprigionate nel Darfur soltanto per aver espresso le proprie opinioni su quanto sta accadendo nella regione". A partire dalla fine di giugno, svariate decine di persone sono state arrestate per aver parlato con rappresentanti di governi stranieri (tra cui il segretario di Stato Usa Colin Powell e il ministro degli Esteri francese Michel Barnier), esponenti della Commissione per il cessate-il-fuoco dell'Unione africana e giornalisti indipendenti o semplicemente per aver denunciato la crisi in atto nel Darfur. "Il governo deve assicurare che nessuno degli arrestati sarà torturato o sottoposto a maltrattamenti nel corso della detenzione e che la popolazione sudanese sarà libera di parlare del Darfur senza paura di rappresaglie" - dichiara Amnesty International che rende noti diversi casi recenti di intimidazioni e arresti nel Darfur.

Anche l'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifigiati (Unhcr) manifesta preoccupazioni per le pressioni del governo sudanese sugli sfollati per convincerli a ritornare nei propri villaggi senza offrire garanzie adeguate. "Il governo ha posizionato agenti di polizia nei villaggi abbandonati nel tentativo di convincere gli sfollati che ritornare sia un'operazione sicura e priva di pericolo. Gli sfollati hanno comunque riferito all'Unhcr di non sentirsi affatto rassicurati dalla presenza della polizia governativa e di non essere ancora pronti per il rientro nelle loro case" - si legge nella nota. Nel frattempo gli abitanti del Darfur continuano ad essere sfollati dalle loro case e dai loro villaggi: negli ultimi giorni centinaia di persone sono fuggite dai villaggi di Serengabo, Taweela, Tebeldia e Qasar, per raggiungere miseri accampamenti di fortuna nei campi presso Nyala. La Commissione Sudanese per il Coordinamento dell'Aiuto Umanitario (HAC) ha riferito all'Unhcr che si aspettano nuove ondate di arrivi verso l'area di Nyala, a causa dei recenti scontri verificatisi in questa zona.

Secondo l'organizzazione umanitaria Mezza Luna Rossa del Sudan afferma che la mancanza di fondi sta aggravando la situazione nella regione. "Cibo e medicine iniziano a raggiungere le vittime della crisi del Darfur in Sudan, ma le esigenze sono così grandi ed è così difficile raggiungere la zona che ancora non basta" - afferma l'organizzazione umanitaria. "La sfida più difficile che stiamo affrontando è l'enormità del problema umanitario che rende la logistica e la comunicazione davvero difficili" - ha detto il Segretario generale Omer Osman all'agenzia Reuters durante un meeting a Johannesburg con i gruppi d'aiuto internazionali. Più di 2.400 volontari della Mezza Luna Rossa sono al lavoro nel Darfur e stanno aiutando a distribuire il cibo del World Food Programme (Wfb) dell'Onu, ma i beni di conforto non sono sufficienti, in particolare scarseggia il materiale medico. Le Nazioni Unite hanno stanziato circa cento milioni di dollari per finanziare gli aiuti umanitari da marzo a dicembre.Il Wfb ha detto di aver ricevuto 78,5 milioni di dollari, ma per risolvere la crisi ce ne vorrebbero 195. [GB]

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