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Afghanistan: nuovi attentati, Medici senza Frontiere se ne va
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"Dopo 24 anni di assistenza indipendente alla popolazione Medici senza Frontiere (MsF) lascia l'Afghanistan in seguito all'uccisione dei suoi 5 operatori e le continue minacce generate dalla confusione dei ruoli tra umanitari e militari" - annuncia un comunicato dell'organizzazione umanitaria. E' con un "profondo sentimento di rabbia e tristezza" che Medici Senza Frontiere annuncia oggi la chiusura di tutti i suoi programmi sanitari in Afganistan. MSF ha preso questa decisione in conseguenza dell'uccisione dei suoi 5 operatori, avvenuta nel corso dell'attacco del 2 giugno, quando un veicolo di MSF, chiaramente riconoscibile, ha subito un'imboscata nel nord-ovest della provincia di Badghis. L'uccisione deliberata dei 5 operatori non ha precedenti nella storia di MsF, che negli ultimi 30 anni ha assicurato assistenza medica alle popolazioni all'interno di molti dei più violenti conflitti del mondo.
"Anche se i funzionari del governo hanno presentato ad MsF prove credibili del fatto che a condurre l'attacco siano stati esponenti di milizie locali, non è stato ordinato né disposto pubblicamente il loro arresto" - nota l'associazione che denuncia come "la mancanza di una risposta governativa alle uccisioni rappresenta un difetto di responsabilità e un inadeguato impegno per la sicurezza degli operatori umanitari che operano nel paese". L'associazione sottolinea inoltre che "la violenza diretta contro i nostri operatori è arrivata in contesti nei quali la coalizione, capeggiata dagli USA ha regolarmente utilizzato l'aiuto umanitario per raggiungere i propri obiettivi politici e militari" e denuncia "i tentativi della coalizione di cooptare l'aiuto umanitario e di usarlo per 'vincere i cuori e le menti'". "Facendo questo - si legge nel comunicato - l'aiuto umanitario non viene percepito come un atto imparziale e neutrale, mettendo in pericolo la vita dello staff e compromettendo l'aiuto alle popolazioni in stato di necessità". Solo recentemente, il 12 maggio 2004, MSF ha pubblicamente condannato la distribuzione, da parte delle forze di coalizione nel sud dell'Afganistan, di opuscoli che suggerivano alla popolazione di dare informazioni sui Talebani ed al Qaeda, come condizione necessaria perché la distribuzione dell'aiuto continuasse.
Ieri un nuovo attentato in Afghanistan ha riportato sei vittime tra cui due funzionari elettorali delle Nazioni Unite. L'esplosione è avvenuta in una moschea della provincia di Ghazni, nel sudovest del Paese, mentre l'Onu era impegnata nel processo di registrazione elettorale in vista del voto presidenziale del 9 ottobre. Il governatore della regione Haji Assadullah ha attribuito l'attentato ai superstiti del deposto regime dei talebani, i quali da tempo minacciano di ostacolare in ogni modo lo svolgimento delle prossime elezioni, da loro definite una "commedia orchestrata dagli Usa". Secondo il comandante Chris Henderson, portavoce dei 6.500 uomini dell'Isaf, sarebbero invece "le milizie private la principale minaccia alla sicurezza dell'Afghanistan". La maggior parte delle milizie private sono guidate da fazioni della minoranza dell'Alleanza del Nord che rovesciarono il regime talebano nell'autunno del 2001 durante l'intervento militare americano. Ci sono circa 50mila miliziani in Afghanistan fedeli a leader come Fahim, al generale uzbeko Abdul Rashid Dostum e al potente governatore di Herat Ismail Khan.
Intanto, ieri il presidente Hamid Karzai ha annunciato che sarà Ahmad Zia Massood, attuale ambasciatore in Russia, ad affiancarlo nelle elezioni di ottobre. In una mossa a sorpresa, il presidente afghano ha annunciato che non sarà l'attuale vicepresidente e ministro della Difesa, Mohammed Fahim, il vicepresidente designato, ma il Tajiko Zia Massood che sarà affiancato come secondo vice-presidente dal leader Hazara Karim Khalili. La scelta manifesterebbe un cambiamento della strategia fin qui adottata da Karzai di lavorare a stretto contatto con "i signori della guerra" di cui l'attuale vice-presidente e ministro della Difesa è uno dei principali rappresentanti.
Tra gli sfidanti di Karzai vi sarà anche una donna, Massouda Jalali (nella foto). Jalali, medico, ed ex-alunna del Cedpa è al momento l'unica candidata donna a sfidare il capo di Stato ad interim, Hamid Karzai, alle prossime elezioni presidenziali afghane. Secondo un recente sondaggio, l'82 per cento degli uomini afghani ritiene che le donne non debbano recarsi alle urne senza il consenso del marito o del padre. Un altro 18%, inoltre, si dice addirittura contrario al diritto di voto alle donne. [GB]