Bolivia: La Paz stretta dalla guerra del gas

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In Bolivia, nella città di El Alto, sarebbero già una ventina le vittime dell'esercito che ha sparato contro i manifestanti che protestavano contro il progetto governativo di "svendere" il metano del Paese alle multinazionali straniere.

"Il governo ha deciso che non verrà esportato gas naturale verso nuovi mercati senza previe consultazioni su questo argomento": con queste parole, in una conferenza stampa, il presidente boliviano Gonzalo Sánchez de Lozada ha annunciato un ‘decreto supremo' in cui si afferma l'impegno ad ascoltare le parti sociali prima di esportare le risorse energetiche. Nel documento si fa riferimento ad un "processo di dialogo con i boliviani e le organizzazioni della società civile" da avviarsi immediatamente e che dovrà concludersi entro il 31 dicembre prossimo.

La mobilitazione generale si era manifestata con la sospensione delle attivitá produttive e con il ricorso all'arma classica del blocco della rete stradale nazionale, con due obiettivi di strategica importanza: cacciare l'attuale Presidente e respingere il piano per lo sfruttamento delle ingenti riserve gasifere che giacciono nel sottosuolo boliviano.

"Il retroscena della guerra del gas è - secondo l'agenzia Misna - a dir poco inquietante. Il governo boliviano, infatti, avrebbe dato il via libera già dal 1994 ad alcune multinazionali per vendere a un prezzo pari a quasi la metà di quello di mercato (0,7 dollari per mille piedi cubici contro 1,3 dollari) 5 milioni di miliardi di piedi cubici di gas grezzo, incassando però solo il 18 per cento della somma pattuita sotto forma di royalties. I boliviani, però, sono costretti a ricomprare dalle stesse compagnie il gas e il petrolio che le multinazionali acquistano a costo ribassato, con l'aggravante che i prezzi dei carburanti nel Paese andino sono i più alti dell'intera America Latina". (RB)

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