Nucleare: no di 20 paesi all'accordo Usa-India, meeting a Vienna

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Una "piccola buona notizia": così il New York Times ha commentato il rifiuto da parte di una ventina di governi di appoggiare la decisione dell'amministrazione Bush di esonerare l'India dalle norme globali disciplinanti il commercio di materiale nucleare. "Per 30 anni, da quando l'India ha usato il suo programma nucleare civile per produrre la sua prima bomba, è stato in atto il divieto internazionale di vendere tecnologie nucleari all'India. Ma tre anni fa, il presidente Bush ha deciso, e senza porre troppe condizioni, di rompere quel divieto e vendere all'India reattori e combustibile" - scrive il New York Times. "Ma per diventare operativa, la decisione del governo Bush necessita dell'approvazione del Nuclear Suppliers Group (NSG), l'organizzazione di 45 stati che definisce le regole per il commercio di materiale nucleare". E all'incontro del 22 agosto - spiega New York Times - una ventina di governi hanno rinviato quella approvazione sollevando serie obiezioni e ponendo chiare condizioni. "Ci auguriamo che questo gruppo - guidato da Nuova Zelanda, Irlanda, Austria, Norvegia, Olanda e Svizzera - mantenga ferma la propria posizione anche al prossimo meeting del Nuclear Suppliers Group che è previsto questa settimana" (da domani 4 settembre - ndr) - sottolinea il New York Times.

Nei giorni scorsi, si è aggiunta anche l'opposizione della Cina che attraverso il People's Daily, il quotidiano ufficiale governo cinese, ha definito l'accordo proposto dagli Stati Uniti "un colpo mortale al regime di non-proliferazione". Il commento cinese ha mandato in furia il governo indiano, ma rappresenta un ulteriore e importante segnale contrario all'accordo tra Washington e New Delhi, considerato la Cina non era tra i 20 governi che avevano finora espresso opposizione. "Un'opposizione che se resisterà alle pressioni del governo Bush, che non mancheranno di farsi sentire al meeting del NSG previsto per domani a Vienna, potrebbe far slittare tutta la faccenda alla prossima amministrazione Usa" - commenta Lisa Clark che, per la Rete italiana Disarmo, da tempo segue con attenzione la vicenda. Il 26 settembre, infatti, il Congresso americano ufficialmente si scioglie in vista delle elezioni di novembre.

Il rifiuto dell'approvazione dell'accordo è fortemente sostenuto anche dalle campagne internazionali per il controllo degli armamenti tra cui 'Arms Control' che in una lettera firmata da oltre 150 esperti e Ong di 24 Paesi inviata ai ministri degli Esteri degli stati membri del Nuclear Suppliers Group (NSG) hanno chiesto che venga rigettata la proposta del governo Usa. "A differenza di altre 178 nazioni, l'India non ha aderito al Trattato per la messa al bando delle sperimentazioni (CTBT) ed è uno dei soli tre Stati che non abbia mai firmato il Trattato di Non Proliferazione nucleare (TNP) e continua a produrre materiale fissile e ad incrementare il suo arsenale nucleare" - evidenzia la lettera. "Nonostante tutto ciò, questo accordo proposto dagli Stati Uniti offrirebbe all'India diritti e privilegi negli scambi di tecnologia nucleare civile che, ad oggi, sono concessi esclusivamente a quegli stati che rispettano tutti gli obblighi derivanti dal TNP" - affermano le Ong. Tra gli esperti che hanno firmano la lettera vi è l'Ambasciatore Jayantha Dhanapala, già Sottosegretario Generale Onu per il Disarmo e Presidente della Conferenzione di Revisione ed Estensione del Trattato di Non Proliferazione del 1995. Altre personalità che hanno sottoscritto l'appello sono i Sindaci di Hiroshima e Nagasaki, ex Ambasciatori statunitensi, canadesi ed australiani, e l'ex funzionario del Governo Usa responsabile dei negoziati per il commercio nucleare civile.

A seguito dell'incontro del Nuclear Suppliers Group del 21-22 agosto scorsi a Vienna - in cui come detto una ventina di stati non hanno ceduto alle pressioni degli Usa e hanno presentato oltre cinquanta emendamenti restrittivi all'accordo - le campagne internazionali hanno inviato una seconda lettera nella quale sottolineano positivamente che "vari Paesi abbiano proposto restrizioni e condizioni tali da evitare il rischio che i materiali nucleari disciplinati da questo accordo possano essere utilizzati dall'India per incrementare il proprio arsenale atomico" e chiedono quindi a tutti gli Stati di seguire questo esempio di "buon senso". Ribadiscono quindi quanto affermato dal New York Times, secondo cui "stati quali l'Iran e la Corea del Nord sono in attesa di poter reclamare per sé i vantaggi delle esenzioni concesse all'India; e il Pakistan, con il suo governo instabile ed i suoi rifugi per i Taliban, sta già scaldando i motori del suo sistema nucleare militare per tallonare da vicino la sua rivale nella regione".

La Rete Italiana Disarmo da tempo ha preso posizione sull'accordo di cooperazione per il nucleare civile tra Stati Uniti e India e in un documento (riportato in allegato a fondo pagina) chiede al Governo italiano di "affermare in ogni consesso internazionale (AIEA, NSG) che una decisione sull'Accordo Usa-India spetta all'assemblea del Trattato di Non Proliferazione e non al Nuclear Suppliers Group" e di "svolgere un ruolo internazionale propositivo e di leadership, cogliendo l'occasione della discussione internazionale sull'Accordo, per chiedere che l'India inizi un percorso verso l'NPT - rinunciando alla produzione di materiali fissili, aderendo al CTBT (Comprehensive Test Ban Treaty), sottoponendo tutte le sue strutture nucleari alle condizioni di garanzia dell'AIEA, smantellando le sue armi nucleari, per potervi accedere nell'unica forma prevista dal Trattato, e cioè come Stato non dotato di armi nucleari".

Giorgio Beretta

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