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Amnesty: no all'aborto come diritto, sì ai diritti delle donne
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"La posizione di Amnesty non è per l'aborto come diritto, ma per i diritti umani delle donne che devono vivere libere dalla paura, dalla violenza e dalle coercizioni quando affrontano le conseguenze dello stupro e di altre violazioni dei diritti umani". Lo ribadisce una nota diffusa da Amnesty International a conclusione del Congresso internazionale dell'associazione che si è concluso nei giorni scorsi in Messico. La policy adottata consentirà all'associazione di occuparsi di questioni specifiche riguardanti l'aborto "nella misura in cui queste sono direttamente legate alle attività di Amnesty International sul diritto alla salute e sulla violenza contro le donne" - afferma la nota.
La discussione su questo tema ha avuto origine nel contesto della campagna "Mai più violenza sulle donne", che ha messo in luce la drammatica realtà di donne e bambine vittime di violenza sessuale e che subiscono ancora oggi le conseguenze della violazione dei loro diritti sessuali e riproduttivi. La sua adozione è stata preceduta da una consultazione internazionale durata due anni tra le Sezioni Nazionali, i Gruppi e i soci dell'associazione - ricorda Amnesty.
La nota, pubblicata anche sul sito internazionale di Amnesty, risponde anche alle affermazioni rilasciate ieri dal Segretario di Stato del Vaticano, cardinal Tarcisio Bertone, in un'intervista a Radio vaticana. Già nei mesi scorsi il cardinal Martino, presidente del Pontificio consiglio 'Giustizia e pace', aveva manifestato la sua "ferma riprovazione" per quella che ha definito la "svolta abortista" compiuta dall'associazione ed aveva annunciato la "sospensione di ogni finanziamento a Amnesty da parte delle organizzazioni cattoliche". Era seguita una pronta replica da parte di Amnesty International che, dopo aver precisato "di non aver mai ricevuto finanziamenti dal Vaticano o da organizzazioni della Chiesa Cattolica" informava che la recente policy intende "garantire l'accesso a servizi legali e sicuri di aborto a ogni donna la cui gravidanza sia dovuta a una violenza sessuale o a incesto o la cui gravidanza presenti un rischio per la sua vita o la sua salute".
La nota diffusa a conclusione del Congresso internazionale dell'associazione ribadisce che sulla base della policy adottata, Amnesty "non svolgerà campagne in favore dell'aborto o di una sua generale legalizzazione", ma chiederà agli stati di "modificare o abrogare le leggi per effetto delle quali le donne possono essere sottoposte a imprigionamento o ad altre sanzioni penali per aver abortito o cercato di abortire". L'associazione continuerà inoltre a chiedere agli stati di "garantire l'accesso a servizi legali e sicuri di aborto a ogni donna la cui gravidanza sia dovuta a una violenza sessuale o a incesto o la cui gravidanza presenti un rischio per la sua vita o la sua salute" oltre che di fornire a uomini e donne informazioni complete riguardanti la salute sessuale e riproduttive e di garantire che tutte le donne con complicazioni sanitarie derivanti da un aborto abbiano accesso a trattamenti medici adeguati, indipendentemente dal fatto che abbiano abortito legalmente o meno.
Amnesty International riafferma che "non giudicherà se l'aborto sia giusto o sbagliato" e che "non consiglierà a singole persone di proseguire o interrompere una gravidanza". Inoltre Amnesty "non prenderà posizione sul fatto che una donna debba o meno abortire nelle circostanze sopra descritte, ma chiederà agli Stati di assicurarle la possibilità di ricorrere all'aborto in maniera sicura e accessibile e di prevenire gravi violazioni dei diritti umani correlate alla negazione di questa possibilità. Amnesty, infine, continuerà ad opporsi a misure di controllo demografico coercitive come la sterilizzazione e l'aborto forzati.
Il 28mo Congresso internazionale di Amnesty International si è concluso con un documento nel quale l'associazione ricorda le sfide che deve affrontare per la difesa dei diritti umani in un mondo "diviso da ineguaglianza, impunità e povertà". "I ricchi di oggi sono 130 volte più ricchi dei poveri, mentre appena dieci anni fa la differenza era 'appena' di 30 volte" - riporta il documento. Jan Pronk, ex capo missione dell'Onu in Sudan, ha detto inoltre che oltre 500 milioni di persone vive con meno di un dollaro al giorno. "La povertà è in aumento - ha affermato Pronk - a causa di un sistema economico che non solo fa finta di dimenticarsene, ma addirittura la tollera e l'approva". Al Congresso di Amnesty hanno partecipato 400 delegati provenienti da 75 Paesi, che hanno sottolineato anche le continue violazioni dei diritti umani in Cina ad un anno dall'inizio delle Olimpiadi nonostante le promesse del Governo di Pechino. [GB]