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Italia: reati ogni 2,5 km di costa, Ischia capitale dell'abusivismo
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Oltre 19mila reati, 2,5 per ogni chilometro di costa: è il devastante il bilancio consuntivo dell'illegalità ambientale ai danni del mare italiano, che cresce rispetto allo scorso anno del 19%, riportato dal dossier "Mare Mostrum" di Legambiente. A guidare la classifica regionale è la Sicilia, con 4.472 infrazioni accertate dalle Forze dell'ordine e dalle Capitanerie di Porto, seguita dalla Campania con 2.793 e dalla Puglia con 2.261 casi.
Nella fotografia scattata dal rapporto annuale di Legambiente non manca proprio nulla: "inquinamento delle acque, erosione costiera, pesca di frodo, infrazioni al codice della navigazione". Ma a fare la parte del leone è l'inarrestabile colata di cemento abusivo che devasta il demanio marittimo, un vero e proprio boom edilizio con un incremento del 33,5%, a testimoniare che in riva al mare il business immobiliare non teme confronti". Ischia si aggiudica la triste corona di "capitale dell'abusivismo edilizio". Trasformata in un cantiere permanente, dove le betoniere sono in funzione ventiquattro ore su ventiquattro per 365 giorni all'anno, e le domande per l'ultimo condono edilizio sono state oltre 9mila, ad Ischia tutto si muove all'insegna dell'abusivismo: case che nascono in pochi giorni su terreni frananti, approdi privati e porticcioli turistici, dragaggio dei fondali, scarichi inquinanti in mare. Nei primi 6 mesi del 2007 i numeri dell'illegalità accertata solo a Ischia e Procida sono impressionanti: oltre 100 i cantieri posti sotto sequestro.
Ma non c'è solo l'abusivismo diffuso, ci sono anche decine e decine di ecomostri, talvolta illegali, talvolta "legalizzati" che campeggiano su spiagge e promontori lungo tutta la Penisola. Lo storico abbattimento di Punta Perotti sul lungomare di Bari e alcune demolizioni autorizzate sulla costa calabrese non hanno dato il via, come ci si augurava, a una stagione di ripristino della legalità. Legambiente ha stilato la "Top Five degli ecomostri", i primi che per età, per storia e per impatto ambientale devono scomparire dalle nostre coste: lo "scheletrone" di Palmaria a Portovenere nel cuore delle cinque terre, l'albergo mai finito di Alimuri a Vico Equense (NA), le palazzine sulla spiaggia di Lido Rossello a Realmonte (AG), gli obbrobri "palafitta" e "trenino" sul bagnasciuga a Falerna Scalo (CZ) e il villaggio abusivo di Torre Mileto a Lesina, nel Foggiano.
Da non dimenticare la proliferazione di porticcioli per diportisti che sta trasformando interi tratti di costa lungo tutta la penisola. Una moda, più che un'effettiva necessità per il trasporto marittimo, che rischia di compromettere nell'interesse di pochi utilizzatori litorali, centri storici e aree agricole. Accanto a questi, ci sono poi gli approdi abusivi: costruzioni fai da te realizzate dai soliti furbi che pensano di avere diritto all'accesso esclusivo al mare, in un delirio di cemento sulla costa che non risolve i problemi di navigabilità dei nostri litorali.
Tra le altre devastazioni ambientali il Rapporto segnala che, se le spiagge in Italia occupano 3.950 km, il 50% dell'intera linea costiera, di queste il 42% (1.661 km) è sottoposto a casi di erosione. La parte restante si salva grazie a opere di difesa manufatte che però modificano ambiente e paesaggio. Ad accelerare il fenomeno contribuisce l'antropizzazione delle aree costiere che riduce l'apporto naturale di materiali che prima erano garantiti dai tratti di costa vicini, dai sedimenti fluviali e dall'erosione delle falesie. La regione più colpita dal fenomeno è il Molise: su 36 km di costa ha 22 km di spiaggia e di questi ben 20, il 91%, sono sottoposti a erosione.
I cambiamenti climatici stanno inoltre scatenando trasformazioni rilevanti anche nell'ecosistema marino. Accanto all'estinzione di alcune specie di piante e di animali autoctone, si estende il fenomeno della "tropicalizzazione del Mediterraneo". Con l'aumento della temperature dell'acqua (nel 2006 sono state registrati fino a 2° sopra la media stagionale con picchi di 33°) e lo scarico delle acque di cisterna delle petroliere prelevate in altri mari, stanno proliferando nelle nostre acque specie aliene molto aggressive che soppiantano quelle preesistenti: sono ben 700 quelle segnalate lungo le coste del mare Mediterraneo.
L'intenso trasporto di petrolio greggio e dei prodotti della raffinazione rappresenta uno dei principali e più preoccupanti rischi per il Mediterraneo. Ogni giorno le sue acque sono solcate da 300 navi cisterna (il 20% del traffico petrolifero marittimo mondiale) che trasportano oltre 340 milioni di tonnellate di greggio all'anno. In media si contano 60 incidenti all'anno e in circa 15 di questi sono coinvolte navi che provocano versamenti di petrolio e di sostanze chimiche. Secondo l'UNEP MAP ogni anno nel Mediterraneo finiscono da 100 a 150.000 tonnellate di idrocarburi. l'Italia è la nazione con il più alto numero di raffinerie (17), seguita da Francia e Spagna.
Nonostante divieti sempre più severi, sopravvive nel nostro mare la pratica della pesca di frodo. Il casi più eclatante è quello delle spadare: sebbene fuorilegge e nonostante 200 milioni di euro stanziati per la riconversione delle barche, molti pescatori continuano la loro pesca selvaggia catturando nelle reti tartarughe, cetacei e uccelli marini. E negli ultimi anni il numero di sequestri di natanti attrezzati per questo tipo di pesca è aumentato tanto da far pensare a una recrudescenza del fenomeno spadare con il sequestro, solo nella stagione passata, di centinaia di chilometri di reti. Sicilia, Puglia, Campania e Calabria guidano la classifica di questa pratica illegale.
E poi la maleducazione diffusa: bottiglie di plastica, avanzi del pic-nic, mozziconi di sigarette. In molte parti d'Italia sdraiarsi a prendere il sole sulla spiaggia in mezzo all'immondizia è una triste realtà Una realtà a cui non è accettabile adeguarsi e che lascia il segno per lungo tempo: una busta di plastica impiega dai 10 ai 20 anni a scomparire, un cotton-fioc da 20 a 30, una lattina di alluminio fino a 500 anni, una bottiglia di vetro fino a 1000. E l'abbandono dei rifiuti sulle spiagge comporta anche pericoli per la fauna: i sacchetti di plastica in mare aperto sono una trappola mortale per pesci e tartarughe. Cresce intanto il turismo di massa: secondo l'Unep Map entro il 2025 saranno 137 milioni i turisti che si uniranno ai 175 milioni che già oggi frequentano i paesi mediterranei, e particolarmente i litorali, nei mesi estivi.
Tra le gravi "carenze politiche" Legambiente segnala la "frammentazione delle competenze" fra i diversi ministeri: la Salute sulla balneazione, l'Industria sulle attività estrattive, l'Agricoltura sulla pesca, l'Ambiente sulle aree marine. "Il mare paga questa frammentazione, manca una cabina di regia per governare l'ambiente marino" - conclude il rapporto. Intanto "Goletta verde" offre informazione in tempo reale sullo stato di salute delle nostre acque, lotta agli abusi edilizi e agli scarichi di sostanze inquinanti e misure per incentivare il turismo sostenibile. [GB]