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Animali: influenza aviaria, inadeguate le misure olandesi
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"La decisione dell'Olanda di chiudere i polli allevati all'aperto nelle stalle per evitare un possibile contagio con il virus dell'influenza aviare, sembra una decisione prematura, priva di una seria valutazione del rischio e inoltre inefficace a ridurre i rischi derivanti dagli allevamenti intensivi di polli" - comuica la LAV. Le grandi concentrazioni di animali degli allevamenti intensivi, creano seri problemi sanitari agli animali e rappresentano, come dimostra la diffusione di questa grave malattia, il vero e proprio bacino di rischio di diffusione e di contaminazione anche per gli esseri umani. Gli oltre 60 morti umani e le decine di milioni di animali uccisi per far fronte alla diffusione del virus sono un prezzo che i Paesi stanno pagando anche grazie alla industrializzazione e concentrazione delle produzioni animali, di cui gli allevamenti avicoli sono oggi l'espressione più esasperata.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha indicato consigli e orientamenti di sicurezza per i consumatori di carni e prodotti avicoli in generale, indicazioni che confermano che rischi potenziali esistono per la salute umana dei cittadini di tutto il mondo. L'Italia è stato fino al 2003 il paese maggiormente colpito dalla diffusione dell'Influenza aviaria in Europa con l'abbattimento di oltre 16 milioni di capi avicoli, segno che anche l'industria avicola italiana ha avuto le sue responsabilità.
"Chiudere gli animali negli allevamenti non risolve il problema ma crea rischi per la sicurezza alimentare. Gli animali nei capannoni sono esposti alle malattie che derivano dalla reclusione in spazi chiusi, dove è necessario somministrare antibiotici che hanno lo scopo di prevenire le tante malattie presenti negli allevamenti intensivi dei polli - ha dichiarato Roberto Bennati, Responsabile campagne europee della LAV - questi farmaci possono rimanere come residui nelle carni e finire così nelle tavole dei consumatori, con rischi per la loro salute; i consumatori che intendono tutelare seriamente la loro salute dovrebbero smettere di consumare queste carni, sempre più a rischio sia per la diffusione dell'influenza aviaria, sia per il rischio derivante dai farmaci necessari a far fronte alle intollerabili condizioni di allevamento di milioni di animali."
"Nel corso del 2004 inchieste dei Carabinieri dei NAS hanno inoltre dimostrato che oltre all'utilizzo legale degli antibiotici negli allevamenti a scopo terapeutico e preventivo, esiste un mercato dei farmaci illegale, i cui prodotti sospettati di essere cancerogeni e somministrati senza alcun controllo veterinario, sono utilizzati anche per accelerare la crescita di polli e tacchini - ha proseguito Roberto Bennati - si tratta di un problema serio per gli animali ma anche di un gravissimo rischio per la salute dei consumatori che utilizzano queste carni."
"Ogni anno in Italia sono allevati circa 430 milioni di polli in capannoni chiusi e sovraffollati dove non possono vedere la luce e crescere secondo le loro esigenze - conclude Roberto Bennati - i polli sono sottoposti a selezioni genetiche che hanno sconvolto i loro ritmi di crescita, le malattie sono aumentate a dismisura come la mortalità e l'utilizzo di antibiotici. Le sofferenze per gli animali e i costi per la salute umana per produrre sempre più carne di pollo in minor tempo, non sono più accettabili; superare queste forme di allevamento è necessario anche per difendersi dai rischi dell'influenza aviaria".