Medio oriente: i francescani nel processo di pace

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La Campana dei Caduti di Rovereto ha fatto da cornice venerdì scorso al primo incontro di Dolomiti di Pace, la manifestazione promossa da Trentino Spa per coniugare vacanza con un momento di riflessione sui problemi di oggi e gli sforzi per costruire un mondo migliore all'insegna della giustizia come chiedono gli Obiettivi del Millennio.

E' dal metallo fuso dei cannoni usati nella Prima Guerra Mondiale che è stata creata la Campana dei Caduti di Rovereto. E da oltre ottant'anni, ogni sera, fa ascoltare cento dei suoi rintocchi per ricordare le vittime delle lotte armate senza distinzioni di fede, di cultura o di nazionalità.

Era senza dubbio il posto giusto per iniziare una riflessione sulla pace nei luoghi di guerra di ieri con il Rettore della Basilica della Natività di Gerusalemme, padre Ibrahim Faltas.

Padre Faltas ha vissuto e partecipato direttamente alle dure vicende del conflitto tra israeliani e palestinesi come l'assedio armato alla Basilica nel 2002. Per 39 giorni i religiosi "sono stati occupati da dentro e assediati da fuori" - come lui ci ricorda. In questo contesto, padre Faltas si è distinto per la sua qualità di mediatore ed è riuscito assieme ai suoi confratelli ad accompagnare le due parti verso il dialogo e un accordo.

Prima dell'incontro gli abbiamo posto alcune domande:

Che ruolo gioca la Chiesa nel processo di pacificazione tra israeliani e palestinesi?
"I francescani svolgono essenzialmente il ruolo di mediatori: organizzano iniziative in cui fanno incontrare israeliani e palestinesi all'interno di gruppi dove ci sono persone di religioni diverse: ebrei, cristiani e musulmani. Incontri che promuoviamo in diversi posti, anche in Italia per esempio, a Brescia o Viterbo. Anche se la nostra attenzione è rivolta soprattutto ai bambini e ai giovani: i progetti nei quali cerchiamo di coinvolgerli hanno un grande obiettivo, quello di educare alla pace. Se non si fa pace a Gerusalemme, non la si può fare nel resto del mondo."

C'è speranza quindi, o le cose sono destinate a non mutare?
"Degli elementi per essere un po' più ottimisti ci sono. I mass-media di solito danno risalto soltanto agli aspetti più cruenti del nostro territorio, ma esistono anche delle esperienze positive e costruttive come le nostre."

E del nuovo Papa e di come il suo operato potrà influire sulla questione israelo-palestinese cosa ne pensa?
"Il Papa è sicuramente una figura che gioca un ruolo importante nel processo di mediazione. Ratzinger è un uomo di massima cultura e dietro alle azioni di Papa Giovanni Paolo II (è entrato per primo in una moschea) c'era lui. Credo dunque che, adesso che è al suo posto, continuerà sicuramente il suo operato in quella direzione. Compresa la volontà di risolvere la questione israelo-palestinese."

L'incontro con Faltas è stato preceduto da un concerto di Miriam Meghnagi. Etnomusicologa, psicoanalista e cantante. Se le chiediamo dove è nata ci risponde così: "ho fatto diverse nascite: fisicamente sono nata a Tripoli, ma la mia seconda patria è stata l'Italia, dove sono stata costretta ad emigrare, dopo la battaglia dei sei giorni del 1967, con tutta la mia famiglia ebrea".

Ma la sua famiglia, a Tripoli, si sentiva in una condizione strutturale di esilio già da molto prima, avendo perso tutti i riferimenti fisici della propria memoria.
"Ma il pensiero non conosce frontiere e la mia vera patria è il posto in cui riesco a pensare e a riconoscermi. Grazie al canto, che è come una preghiera, un lungo racconto su tutto quello che è assente".

E alla nostra domanda se prova rancore verso quegli arabi che l'hanno scacciata dalla sua terra anche se la sua famiglia la abitava sin dal 74 d.C., lei ci risponde:

"No, non provo rancore. Solo dolore e tutt'al più vergogna per loro, perché azioni di questo genere possono solo impoverire la patria e la terra. Ma gli ebrei sefarditi, come io sono, sono di natura positiva. Sono convinta che occorre il perdono, perché solo attraverso il perdono si può costruire qualcosa".

di Cécile Lanza Ponte

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