UE: frizioni tra Usa e Ue su fine dell'embargo di armi alla Cina

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Nonostante la questione della revoca dell'embargo di armi alla Cina da parte dell'Unione europea (Ue) costituisca un elemento di frizione tra Washington e gli alleati, l'Ue appare intenzionata a porre presto fine alla sanzione. "Siamo preoccupati dalla revoca dell'embargo" - ha detto in un'intervista registrata con la Bbc durante la tappa londinese, "perchè temiamo alterazioni dell'equilibrio militare in Estremo Oriente che potrebbero coinvolgere l'equilibrio militare americano" - ha affermato il segretario di Stato americano Condoleeza Rice dopo l'incontro con i ministri degli esteri della Nato. "Chiediamo che i partner europei siano consapevoli delle nostre preoccupazioni e le tengano presenti" - ha aggiunto Condoleeza Rice.

Una decisione sulla questione è ora attesa dal prossimo Consiglio dei ministri degli esteri della Ue. "L'Unione europea ha ascoltato le nostre preoccupazioni e continueremo a lavorare in partnership con la Ue" - ha aggiunto la Rice in una conferenza stampa al termine di un incontro alla Commissione Ue.
Imposto nel 1989 dopo la strage di piazza Tiananmen, l'embargo è da questi mesi oggetto di intense discussioni nell'Unione europea. Tra i sostenitori della revoca ci sarebbe anche l'Italia: durante il viaggio in Cina nel dicembre scorso, il presidente Carlo Azeglio Ciampi disse al capo di stato cinese, Hu Jintao, che "l'Italia guarda con favore all'abolizione dell'embargo sull'esportazione delle armi e lavora attivamente per renderla possibile". Ma va ricordato che con un'ampio consenso lo scorso novembre il Parlamento europeo ha riconfermato l'embargo di armi verso la Cina.

Secondo la Casa Bianca, pero', la prospettiva di una vendita incondizionata di tecnologia militare europea a Pechino metterebbe a repentaglio gli interessi americani a Taiwan. Ma non solo. ''Le nostre preoccupazioni sono relative ai diritti umani, che non vanno dimenticate in qualsiasi decisione" - ha sottolineato Condoleeza Rice. "Dopo Tiananmen è un problema ancora irrisolto" - ha aggiunto, rilevando che, ad esempio, "è ancora poco chiara la sorte di 2.000 prigionieri politici". Il mese scorso, il ministro degli esteri inglese Jack Straw durante una visita nella capitale cinese aveva dichiarato che sarebbe necessario introdurre un codice di condotta che vincoli l'esportazione di armi al rispetto dei diritti umani.

Intanto in Cina proseguono le esecuzioni capitali. Amnesty International ha denunciato che nelle sole 2 settimane precedenti il Capodanno (9 febbraio) Pechino ha giustiziato 200 persone. Le cifre rese note dai media di Stato confermano che negli ultimi mesi si è registrato un notevole aumento delle esecuzioni: tra dicembre e gennaio scorso i condannati a morte sono stati 650. La Cina è il primo paese al mondo per numero di sentenze capitali. A dicembre un rapporto del gruppo contro la pena di morte "Nessuno tocchi Caino" ha reso noto che nel 2003 la Cina ha eseguito il 90% delle esecuzioni capitali di tutto il mondo, mettendo a morte 5 mila persone. Ma fonti interne al partito parlano ufficiosamente di decine di migliaia di esecuzioni. In Cina la pena di morte viene comminata per crimini che vanno dall'omicidio alla rapina, dalla frode fiscale fino al piccolo furto. [GB]

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