Venezuela: partita riforma agraria, già espriopriati 8 latifondi

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Con una grande concentrazione di agricoltori convenuti a Caracas, il presidente Hugo Chávez ha firmato il decreto attuativo della "Ley de Tierras", la riforma agraria - riporta Tito Pulsinelli per l'agenzia Selvas. Promulgata tra le proteste dell'opposizione nel dicembre 2001, la riforma prevede l'esproprio dei latifondi e la loro redistribuzione tra i campesinos meno abbienti.

Fin dall'inizio del suo mandato, nel febbraio 1999, Chávez ha avviato una vera e propria offensiva contro i latifondi, ostacolata dai settori economici privati e dall'opposizione politica: l'approvazione, per decreto presidenziale, della "Ley de Tierras" diede origine alla fine del 2001 al primo di una serie di agitazioni sociali promosse dalla Fedecamaras (la Confindustria venezuelana), sfociate nell'aprile 2002 in un fallito colpo di Stato contro il presidente.

La riforma mira a rilanciare lo sviluppo agricolo del Paese per porre fine alla dipendenza alimentare del Venezuela, costretto oggi a importare l'80% degli alimenti che consuma. "Una rivoluzione che si rispetti non può lasciare il 60% delle terre nelle mani dell'1% della popolazione. Questo si chiama feudalesimo" - ha affermato Chávez. Il presidente ha ricordato che nel corso del 2004 sono stati distribuiti quasi 3 milioni di ettari di terre incolte, a 100mila famiglie di contadini: "Questo ha significato che - per la prima volta - il Venezuela ha prodotto riso e mais senza necessità di importarlo".

La "legge della terra", tanto osteggiata dai latifondisti e dalla Conferenza Episcopale, in realtà cerca di impedire il riprovevole fenomeno di grandi estensioni fertili e di ottima qualità che vengono lasciate oziose, cioè improduttive e sterili. In questi casi, la riforma agraria come in Brasile, assegna ai piccoli produttori o alle coperative l'uso produttivo del suolo. "Chi lavora la terra e produce non ha nulla da temere" - assicurano a Caracas. A differenza del Brasile, però, il Venezuela non ha un movimento di contadini senza terra che rivendica le terre, né una struttura produttiva che permetta un rilancio dell'agricoltura: in Venezuela nove abitanti su dieci vivono in città, di cui moltissimi in condizioni precarie nei barrios poveri delle periferie.

Otto proprietà rurali situate nello Stato centrale di Cojedes, con un'estensione di 50.000 ettari, sono state subito espropriate - riporta l'agenzia Misna - perché considerate improduttive. Anche a Maracaibo, il sindaco Giancarlo Di Martino ha ordinato l'esproprio di 25 ettari di terra nei settori centrale e sudorientale della seconda città del Paese, annunciando che si appresta a fare altrettanto con 30 chilometri di costa del lago di Maracaibo, al momento inutilizzati, per costruirvi impianti sportivi, case popolari e strutture turistiche.

Le proteste non sono mancate. Lord Vestey, soprannominato "Spam" come la famosa carne in scatola perché la ricchezza della famiglia proviene proprio da quel settore, sostiene che la tenuta occupata dall'esercito è proprietà dei Vestey dal 1903. E dichiara di essere il maggior produttore di carne bovina del Paese. L'associazione degli allevatori parla di "situazione di profonda insicurezza legale", mentre vari osservatori fanno presente che il vero grande proprietario di terre incolte in Venezuela è lo Stato, e non i privati, e che tutti i tentativi fatti nel passato per redistribuire le terre alle famiglie sono falliti.

La mossa di Chavez ha riscosso consensi in Brasile, dove il forte Movimento dei senza terra è sempre più critico verso il presidente Lula, accusato di non espropriare terre a sufficienza. Ed è piaciuta anche alla Pastorale della Terra, il gruppo legato alla Chiesa cattolica brasiliana che si occupa del problema della terra. [GB]

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