Wto: blocco sull'agricoltura con i sussidi francesi

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A un mese dalla conferenza dell'Organizzazione Mondiale del Commercio (Wto) di Hong Kong, rimane lontano l'accordo tra le grandi nazioni sui temi fondamenti. La riunione che si è svolta a Londra tra Usa, Ue, Brasile, India e Giappone (Quad-Plus) non ha prodotto avanzamenti sulle questioni negoziali più spinose. Il tempo stringe e l'ottimismo dei vari paesi comincia a calare, tanto che si parla già di una possibile ulteriore conferenza ministeriale per giugno 2006. L'invito di alcuni paesi del Sud è quello di non voler per forza raggiungere un risultato, ma guardare alla sua qualità. Le posizioni negoziali dei paesi sopra citati rimangono praticamente invariate. L'Ue non ha fatto ulteriori concessioni in materia agricola, continuando con la linea negoziale di chiedere avanzamenti nel campo dei servizi e dei prodotti industriali per poter poi concedere ulteriormente in materia di accesso al mercato nel settore agricolo. La proposta europea è ritenuta insufficiente per gli altri paesi del Quad e il Brasile ha chiesto che gli avanzamenti in materia di servizi e prodotti industriali dovrebbero avvenire contestualmente a quelli in agricoltura.

Sul mercato agricolo l'offerta dell'Europa sembra definitiva alla proposta avanzata dal commissario al commercio, Peter Mandelosn il 28 ottobre, che prevede il 60% dei tagli nelle tariffe più alte, per scendere gradualmente al 35% per quelle basse, dove si colloca il grosso dei dazi europei. La Francia sostiene che la proposta abbia già superato il limite del mandato negoziale, ma Mandelon due settimane fa ha ricevuto l'avallo dall'intero consiglio Ue. Presto spiegato il perché visto che è proprio sulle grandi industrie agricole francesi che si concentrano i sussidi agricoli europei. Lo rileva uno studio di Oxfam basato sui dati della Commissione europea. Le imprese agricole francesi si accaparrano 9.4 milioni di euro di sussidi sui 44 complessivi stanziati dalla Ue. Di questi 9.4 milioni di euro, 1.7 vanno a solo due imprese transalpine, mentre le dodici più grandi si aggiudicano una media di 500.000 euro all'anno a testa. Utilizzando le percentuali potremmo dire che il 15% delle industrie francesi assorbono il 60% dei sussidi agricoli destinati al paese, mentre il 70% delle piccole aziende ne percepiscono solo il 17%. Questi dati smentiscono la posizione francese assunta in merito ai negoziati agricoli nella Wto, con la quale si sostiene che i sussidi sono importanti perché aiutano le piccole aziende agricole e quindi non devono essere ridotti come richiesto da molti paesi del Sud.

Ecco perché Oxfam sottolinea come sia necessario riformare la politica agricola europea perché questa sia davvero efficace nella difesa della piccola agricoltura e dell'ambiente e non si riduca a mero strumento di sostegno al grande agro business europeo che produce per l'export. La rigidità negoziale europea, sempre secondo Oxfam, facilita il ruolo degli Stati Uniti e di altri "grandi", che possono così concedere molto poco ma addossare la colpa degli scarsi risultati negoziali all'Unione Europea. I perdenti, conclude Oxfam, saranno i piccoli agricoltori del Nord come del Sud del mondo. I primi perché senza risorse per poter lavorare, i secondi perché soggetti al dumping dei prodotti europei sussidiati, che possono essere venduti sui mercati esteri al di sotto del loro costo di produzione. " A Hong Kong si profila uno scambio tra l'accesso ai mercati agricoli del Nord del mondo per i prodotti dei paesi in via di sviluppo e l'apertura dei mercati del Sud ai prodotti industriali e ai servizi, in particolare finanziari, distributivi e delle telecomunicazioni", spiega Antonio Tricarico, responsabile della Campagna per la Riforma della Banca mondiale.

"Con un tale accordo a perdere saranno i paesi più poveri, gli stessi africani che hanno fatto fallire i vertici di Seattle e Cancun. Dobbiamo spiegare che quello tra difese protezionistiche e liberalizzazioni generalizzate è un falso dilemma. Le regole del commercio vanno reinserite in una visione più ampia dello sviluppo e delle politiche per una crescita che tuteli i diritti sociali e dei lavoratori, e sostenibile sul piano ambientale".

L'Africa occidentale si è ridotta, da forte esportatrice, a regione importatrice di prodotti alimentari. Dal 1993 al 2002 le importazioni di cereali sono cresciute del 60 per cento (per il resto del mondo l'aumento è stato del 18,2 per cento). "L'agricoltura in Africa è un settore in forte espansione e un mercato alimentare che non può che crescere, soprattutto se le imprese dell'agrobusiness riusciranno a mettere le mani sull'affare dei semi, che oggi sono per l'80 per cento autoprodotti dai contadini, ma che potrebbero essere presto sostituiti da varietà biotech a pagamento. Altro colpo grosso sarà quello di buttare sul mercato occidentale sempre più prodotti africani a basso costo" spiega Antonio Onorati dell'ong italiana Crocevia. "Non parliamo di frutta tropicale o di cacao, ma dei cosiddetti "prodotti di controstagione" - continua Onorati - ossia fagiolini, fragole, pomodori, meloni prodotti in Africa in campo aperto in quelle stagioni nelle quali da noi non potrebbero crescere neppure in serra. Le fragole che a dicembre cominciano ad arrivare dal Burkina Faso, ad esempio, sono buone e costano almeno 15-18 euro al chilo. Ma ai contadini africani di questi profitti arrivano i soliti pochi spicci, e visto che hanno piccoli terreni, per guadagnarli debbono rinunciare a coltivare cereali e vegetali che normalmente sfamano le loro famiglie. Risultato? La fame, quella di sempre. Ma buoni affari per grossisti e imprese".

La condizione essenziale per la lotta alla fame è una politica commerciale diversa: "prezzi più remunerativi per i contadini - spiega Onorati - priorità ai mercati locali, perché innanzitutto ognuno possa produrre nel proprio campo ciò che mangia, e vendere soltanto il resto per comperare ciò che gli manca. Poi un nuovo governo dei prezzi internazionali, per evitare le speculazioni, e la trasformazione di tutti i sussidi che le aziende ricevono per esportare, in finanziamenti per politiche di sviluppo sostenibile delle proprie aree rurali, nel Nord come nel Sud del mondo. Per sostenere la lotta dei contadini africani nei prossimi anni, in Italia è stata lanciata EuropAfrica/Terre contadine, una nuova campagna nel corso della quale le "Terre contadine", del Nord come del Sud del mondo raccontano la loro lotta quotidiana per produrre cibo sano e di qualità, per proteggere l'ambiente e per stringere con i cittadini e i consumatori un'alleanza che costringa le leggi che regolano il mercato a rispettare e dare il giusto valore al patrimonio rurale di questo pianeta. [AT]

Altre fonti: Web Magazine, Osservatorio Tradewatch sull'economia globale

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