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WSF: ai giornalisti -e non solo- che andranno a Nairobi
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Mi è capitato recentemente tra le mani l'articolo di Binyavanga Wainana (Granta 92, 2005) in cui, con grande satira, il giornalista keniota, dà consigli a giornalisti e scrittori non africani che vogliono scrivere sull'Africa.
Scrive: "Non mettere mai una foto di un africano per bene sulla copertina del tuo libro, a meno che non sia un africano che abbia vinto il Premio Nobel. Metti invece un Ak-47, o costole prominenti o seni nudi. Nel tuo testo tratta dell'Africa come se fosse un solo Paese dove fa tanto caldo ed è sempre polveroso, con vastissimi paesaggi erbosi e tanti animali, con gente alta e magra che muore di fame. Oppure fa caldo, caldissimo con gente cortissima che mangia scimmie. Non preoccuparti di dare molti dettagli. L'Africa è grande: 54 paesi, con 900 milioni di abitanti che sono occupati a morire di fame e a far guerra e certamente non leggeranno il tuo libro. Il continente è pieno di deserti, foreste, altopiani, savana e altre cose, ma al tuo lettore non gliene importa nulla. Allora nelle tue descrizioni sii romantico, evocativo e molto generale".
Sempre con tanta satira Wainana va avanti nel suggerire i personaggi sia europei sia africani e come descriverli: "Quando scrivi della situazione difficile della flora e della fauna, non dimenticare di scrivere che l'Africa è sovrappopolata. Quando il personaggio principale si trova nel deserto o nella foresta con gente indigena (tutti corti, naturalmente) va bene dire che l'Africa è stata falciata severamente dall'Aids e dalla Guerra (metti in maiuscola). Hai anche bisogno di un nightclub col nome di "Tropicana", dove mercenari, africani di mala fama, prostitute, guerriglieri e impiegati bianchi si ritrovano. Sempre termina il tuo libro con Nelson Mandela che dice qualcosa sugli arcobaleni e sulle rinascite. Perché per te l'Africa è importante".
Non so quanti italiani andranno al Social Forum di Nairobi, un bel pacchetto certamente. Da quanto sento saranno circa mille e più. Mi sembra un bel numero perché si possa avere, al loro ritorno, un impatto sulla nostra cultura. Noi di Missione Oggi continuiamo a dire che la prima forma di solidarietà è l'informazione e quindi è importante dare ascolto più che dare voce all'Africa. Prestare attenzione ai suoi problemi, alla sua cultura e ai suoi valori farà molto bene a noi del vecchio mondo.
Dopo aver letto i suggerimenti di Wainana, staremo bene attenti alle storie che i nostri italiani racconteranno: saranno piene di stereotipi o di vita sofferta, di pregiudizi o di celebrazioni partecipate, saranno storie costruite sul complesso di superiorità occidentale oppure storie fatte di voglia di vivere in un mondo solidale?
Ps. Tenete d'occhio la Wangari Maathai. È di questi giorni la notizia che l'ambientalista e Premio Nobel per la pace del 2004 ha proposto un piano semplice e straordinario di lotta al cambiamento climatico. Ha chiesto che i cittadini del pianeta si impegnino a piantare un miliardo di alberi che assorbirebbero circa 250 milioni di tonnellate di anidride carbonica che ora riscaldano l'atmosfera.
p. Nicola Colasuonno
Fonte: Missione Oggi