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Vivere con un guru: stare insieme per imparare meglio
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Orissa (India). “Guru” è un parola che viene dal sanscrito e che traduciamo con maestro, inteso anche in senso spirituale. In particolare significa “chi conduce dalla tenebre alla luce”, se stesso per primo e poi i discepoli. In India è tuttora attuale un antico modo di trasmettere conoscenza, sapere ed esperienza: il “gurukulam”. Significa che i discepoli, “shishya”, vivono insieme al guru, nella stessa casa e condividono la vita con lui, nelle piccole cose come nei grandi insegnamenti. Il sistema si chiama “guru-shishya parampara”, che sta per tradizione ma che contiene il suono di imparare.
I gurukulam sono tipici dell'induismo, ma anche di giainismo, sikkismo e buddhismo. Prima di venire in India pensavo che l'insegnamento fosse solo spirituale invece sono venuta a studiare odissi, una antica danza classica che affonda le sue radice nella pratica della danza religiosa nel tempio, proprio in un gurukulam. Si chiama Rudrakshya Foundation e si trova a Bhubaneshwar. Il guru è Bichitrananda Swain, per tutti Bichi sir ed è un coreografo eccezionale, aperto, sensibile e con un senso della composizione unico, molto imprevedibile e contemporaneo, oltre a una lunga esperienza come danzatore.
Con lui vivono una decina di ragazzi dai 17 ai 25 anni. Quasi tutti vanno al college. La vita insieme funziona così: una piccola comunità in cui tutti hanno più compiti da svolgere. C'è chi cucina, chi lava i vestiti, chi pulisce per terra, chi lava i piatti, chi fa la spesa, chi porta a spasso il cane. Per il resto si mangia insieme, si dorme insieme in due grandi materassi sistemati in due piccole stanze al piano terra, mentre il guru dorme al piano di sopra, si fa pratica insieme: danza, yoga, pranayama, faccende di casa. Insomma si vive insieme. E soprattutto si danza.
Al mattino Dushasan, ragazzo che viene dallo stesso villaggio di Bichi sir e che era un “gotipua”, un danzatore-bambino, prepara la colazione: fa le roti, il pane piatto, le uova e prepara la frutta poi comincia la lezione di danza. Finita la lezione un piccolo gruppo cucina, c'è chi sparecchia, chi finisce di rassettare, chi mette a mollo i vestiti sudati della pratica, poi ci si riposa e al pomeriggio c'è una nuova lezione. Poi ci sono i momenti di preghiera, la pooja, i momenti di gioco, le lezioni di inglese, e una nuova giornata che comincia.
I ragazzi non pagano nulla nel gurukulam ma solitamente fanno una donazione al termine degli studi. Per loro significa lasciare le famiglie ma avere la certezza di abitare con qualcuno che provvede alle loro necessità. Che fa da maestro, da padre e da madre. Durante il giorno, alle lezioni di pratica, arrivano anche studenti non residenziali, come posso essere io, e così lo sguardo dei ragazzi si apre al mondo.
Quelli più portati per la danza, poco per volta vengono invitati a danzare con la compagnia dei senior. Di pomeriggio insegnano ai gruppi di bambini o di adulti, alcuni danno anche lezioni private ma sempre nel nome della scuola e così la vita procede come in famiglia finché non si sposano o non cambiano idea. Rashmi, per esempio ha 17 anni ed è molto dotato ma la sua famiglia ha problemi economici e quindi dovrà andare a lavorare in qualche casa come servitore. Peccato. Samir è qui da 2 anni, ora ne ha 21 ed è pronto per salire sul palco con i grandi. Sanjeev ha un sorriso bellissimo, è già coinvolto in molte performances e adora insegnare.
In questo clima di famiglia è facile sentirsi a casa. Ogni volta che qualcuno parte per tornare al villaggio si sente la sua mancanza e ogni volta che mi invitano a pranzo, so che mi sentirò a casa. Riso, dhal e verdure, la semplicità di essere in famiglia.